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  • Mercoledì 30 settembre 2020

Storia delle gallette di riso e delle loro virtù immaginarie

Da dove vengono le pallide cialde mangiate perché croccanti e salutari (ma non lo sono) o detestate perché sembrano di plastica

(Il Post)
(Il Post)

«Ci sono quelli che non le mangerebbero manco morti e che le considerano larghi dischetti da hockey che sanno di polistirolo, e poi ci sono quelli che ne vanno matti e che non possono vivere senza questi snack con poche calorie e tanta fibra»: era così che, nel 1986, il Chicago Tribune descriveva le gallette di riso soffiato, in un articolo dedicato alla «rivoluzione» alimentare che avevano provocato. Da allora sono passati quasi 35 anni e la spaccatura tra chi le consuma abitualmente e chi le detesta non è molto cambiata. Sono invece cambiate la popolarità delle gallette di riso, allora altissima negli Stati Uniti e quasi inesistente in Italia, e l’idea che siano un cibo sano e salutare, nonostante vengano ancora pubblicizzate in questo modo.

La fama di snack in cui si può indulgere senza pensieri risale agli anni Settanta e Ottanta, quando le preoccupazioni salutiste e l’idea di buttar giù qualche chilo erano diventate di massa, facendo la fortuna di alimenti prima consumati dai pochi attenti all’alimentazione. Allora, racconta Brenna Houck sul sito gastronomico Eater, le gallette venivano presentate come sostitutivo salutare al pane, ai cracker e ad altri snack certamente meno sani, farciti di cioccolato, creme e frutta secca; l’ha confermato anche Quaker Oats, una delle principali aziende produttrici, che negli anni Ottanta le pubblicizzava come un’alternativa al pane o uno snack per le donne da portarsi al lavoro o da consumare al volo sulla strada di casa.

Sempre Houck racconta che erano una merenda popolare per i bambini degli anni Ottanta e Novanta, infilate in sacchettini di plastiche da portarsi a scuola per merenda, con l’inevitabile sbriciolamento a ogni morso croccante. Anche allora, quelle opache cialde di grani rigonfi d’aria potevano essere insaporite da granelli di sale o cannella o più golosamente incrostate di cioccolato e altri gusti.

Come raccontava il Chicago Tribune, a mangiarle erano «uomini e donne, adulti e bambini, gente che segue diete senza glutine, fissati col fitness e gente normale», a colazione, all’aperitivo o in versione panino (il giornale le consiglia accompagnate alle uova alla Benedict o abbrustolite nel burro e cosparse di zucchero e cannella), tanto che nel 1985 gli americani avevano speso in gallette di riso più di 20 milioni di dollari di allora.

Anche se raggiunsero la popolarità in quegli anni, le gallette erano state inventate molto tempo prima: nel 1901, dal botanico Alexander Pierce Anderson. All’epoca Anderson lavorava per i Giardini botanici di New York e stava conducendo degli esperimenti per verificare la presenza di acqua nei nuclei dei cristalli di amido. Per dimostrarla, racconta il New Yorker, Anderson riempì dei tubi ermeticamente sigillati con amido di mais e farina di frumento e li mise in un forno a 260 gradi centigradi; i tubi, pressurizzati dall’aumento della temperatura, esplosero e, notò Anderson, l’amido di mais si gonfiò in una «massa soffiata porosa, bianca come la neve» e con un volume quasi 10 volte superiore. L’acqua nell’amido, infatti, ancora liquida e pressurizzata a causa della chiusura ermetica, vaporizza quando si toglie il tappo e diminuisce la pressione; a quel punto il vapore si espande gonfiando l’amido.

Anderson capì che non solo aveva ragione ma anche che la scoperta aveva delle potenzialità commerciali. Ottenne un laboratorio in cui lavorare e un finanziamento da 20 ricchi imprenditori di Minneapolis, in Minnesota, che nel 1903 poi vendettero le loro quote del progetto a Quaker Oats, un’azienda di cereali da prima colazione fondata nel 1870 in Ohio e poi spostatasi a Chicago. Il nome dell’azienda era stato scelto da uno dei soci dopo aver letto un articolo sui quaccheri e aver pensato che le loro qualità esemplari di integrità, onesta e purezza, avrebbero connotato anche la sua azienda e i cibi che produceva.


Quaker Oats diede ad Anderson un laboratorio a Chicago e si disinteressò delle sue scoperte fino al 1904, quando Anderson le presentò all’Esposizione Universale di St. Louis, dove venne presentato anche il burro d’arachidi e dove, pare, un siriano di Damasco inventò il cono gelato. Anderson si presentò alla fiera con 8 cilindri di bronzo lunghi 50 centimetri, ne riempì ognuno con 2 chili di riso crudo e poi li riscaldò. Quando li aprì, ondate di riso soffiato si riversarono in una alta gabbia larga un metro; venivano imbustate dai suoi aiutanti e vendute a 1 centesimo di dollaro a sacchetto: ne vendette 240mila per un totale di 9 tonnellate di riso, stando agli archivi della Minnesota Historical Society.

Nel 1904 l’American Cereal, un’azienda controllata da Quaker Oats, mise in vendita il Puffed Rice, cereali di riso soffiato per la prima colazione, e due anni dopo QuaKer Oats aggiunse il Puffed Wheat, il grano soffiato, alla sua linea di cereali, definendolo «l’ottava meraviglia del mondo». Intanto, nel 1902, Anderson aveva ottenuto un brevetto per «un metodo a secco per gonfiare i materiali amidacei di ogni tipo e renderli porosi, aumentandone il valore nutritivo e rendendoli più digeribili». Le sue scoperte erano state riprese da altre aziende a partire da Kellogg’s, fondata da uno dei due fratelli che avevano inventato i corn flakes ispirandosi ai dettami salutisti della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno e che li servivano, insieme a cibi vegetariani e anafrodisiaci, al sanitarium di Battle Creek, in Michigan, una specie di pensione e spa per ricchi salutisti.

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Negli anni Venti, nacque un certo interesse per gli alimenti salutari e aprirono diversi negozi prendendo spunto da Martindale’s a Philadelphia, fondato nel 1859, e dai primi “health food store” di New York, specializzati nella vendita di cereali, gallette di riso, yogurt e granula, il primo cereale da colazione inventato nel 1863 da James Caleb Jackson (il nome venne poi cambiato nel più noto granola da Kellogg’s, per motivi di copyright). Una pubblicità degli anni Trenta, intanto, aveva soprannominato le gallette di riso di Quaker Oats “food shot from guns of peace”, cibo sparato da armi pacifiche.

Dopo la Seconda guerra mondiale nuove tecnologie consentirono di produrre il riso e altri cereali soffiati e attirarono nel mercato altre aziende, come Chico-San, che era nata nel 1961 come importatrice di salsa di soia e altri prodotti dal Giappone. Iniziò a vendere gallette di riso integrale negli anni Settanta, e proponeva di usarle al posto del pane per spalmarci sopra marmellate, confettura e frutta; nel 1984 venne comprata da Heinz, storica azienda di cibo in scatola, dai fagioli, alle zuppe, alle salse come il ketchup. Nel 1992 il mercato delle gallette di riso e di mais valeva negli Stati Uniti 174 milioni di dollari dell’epoca, ed era in crescita; l’anno dopo Quaker Oasts comprò Chico-San da Heinz, dominando il 63 per cento del settore.

Nonostante il successo delle gallette di riso poggi soprattutto sull’essere salutari, non lo sono più di tanto: è un falso mito e una trovata pubblicitaria non diversa da quella delle chips di broccoli, dell’avocado e dei tanti superfood – spacciati come cibi dai poteri quasi miracolosi – che spuntano ogni anno.

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Le gallette di riso hanno circa 400 calorie all’etto, più delle circa 300 calorie di un etto di pane; una fetta di pane comune pesa 2-3 volte una galletta, apporta il doppio di calorie ma ha anche un potere saziante almeno due volte superiore. Inoltre, le gallette hanno poche fibre e un indice glicemico piuttosto alto, pari a 85, che le rende inadatte a persone diabetiche e che mantiene sazi per poco tempo. È anche vero che sono utili per chi è celiaco e non può mangiare glutine e che, confezionate in dosi monouso (possibilmente non di plastica), aiutano a fare uno snack misurato. Questi due aspetti, uniti all’immagine di cibo sano spinta dalla pubblicità, hanno contribuito a far aumentare di nuovo le vendite di gallette: nel 2019 Lundberg, un’azienda che ne produce di biologiche, ha visto un aumento delle vendite del 14 per cento. L’associazione tra gallette, salutismo e benessere è anche confermata dal periodo in cui si vendono di più: a gennaio, subito dopo gli eccessi mangerecci delle feste.

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