Il sito che sta cambiando il porno

Nel giro di pochi mesi, e con la pandemia di mezzo, OnlyFans ha creato un nuovo e insperato modello economico per un settore in crisi da anni

Da anni l’industria del porno globale, prevalentemente statunitense e quasi interamente online, sta attraversando una profonda crisi a causa di un modello economico non più sostenibile e della nascita di alcuni enormi monopoli, che hanno reso l’industria a detta di molti un gran brutto posto in cui lavorare. Nel giro di pochi mesi, però, il settore del porno ha iniziato a cambiare per via di OnlyFans, una piattaforma che esiste dal 2016 ma è diventata davvero popolare soprattutto in corrispondenza della pandemia da coronavirus. A differenza della pirateria e dei siti gratuiti, OnlyFans sembra aver cambiato il porno in meglio, per chi ci lavora.

OnlyFans è un sito che ospita contenuti distribuiti a pagamento: teoricamente non è un sito porno, ma i contenuti per adulti sono diventati i più popolari e soprattutto i più redditizi. Su OnlyFans un creatore di contenuti può distribuirli dietro al pagamento di un abbonamento mensile, che può essere compreso tra i 5 e i 50 dollari, oppure può farli pagare singolarmente, per somme fino a 100 dollari. Oppure – ed è il formato più diffuso – può proporre qualche contenuto agli abbonati, e offrire quelli più personalizzati a chi è disposto a pagare ulteriormente, sfruttando entrambe le soluzioni.

Da diversi mesi OnlyFans è diventata la principale fonte di ricavi per molte attrici e attori porno, anche famosissimi nel settore, che in certi casi hanno completamente abbandonato l’industria pornografica tradizionale, da anni accusata di riservare un pessimo trattamento sindacale ed economico agli attori. Su OnlyFans pubblicano contenuti autoprodotti, solitamente in casa, e che possono includere una grande varietà di performance: dalle semplici chiacchiere alle pose provocatorie, dalla masturbazione al sesso con un partner (che spesso è il vero partner).

Gli abbonati possono poi scrivere messaggi privati a pagamento, intrattenere conversazioni più lunghe, e soprattutto comprare foto e video personalizzati chiedendo di essere chiamati per nome, oppure richiedere travestimenti e prestazioni particolari, che ovviamente possono essere accettati o rifiutati. I contenuti sono rivolti a persone etero, gay e di ogni altro orientamento sessuale, e anche se ci sono molte più produttrici donne, gli account di uomini sono tanti.


Secondo quanto detto da un rappresentante del sito Bustle, OnlyFans ha oggi 450mila creatori di contenuti e 30 milioni di utenti. Dal 2016 a oggi, ha pagato ai suoi creatori di contenuti 600 milioni di dollari: OnlyFans trattiene il 20 per cento, e il resto va al proprietario dell’account. Per i creatori più richiesti e popolari, i guadagni individuali possono essere nell’ordine di diverse decine di migliaia di dollari al mese.

Sono cifre mai viste per intere generazioni di attrici e attori porno, cresciuti in un settore che sembrava in una crisi irreversibile e che da oltre un decennio ruotava intorno a un principio fondamentale: nessuno è più disposto a pagare per il porno. Negli anni Duemila, infatti, l’industria entrò in una grossa crisi dovuta all’avvento della pirateria e dei siti che offrivano grandissime quantità di video gratuiti in streaming, come YouPorn e PornHub. Questo rese molto meno redditizia la pornografia, e peggiorò progressivamente le condizioni di lavoro di attori e attrici, costretti a girare anche più scene al giorno, dietro a compensi risibili e spesso accettando di fare cose che non volevano fare, con persone con cui avrebbero preferito non avere rapporti, pur di non rimanere senza lavoro.

Un caso emblematico della crisi della pornografia fu quello di Mia Khalifa, attrice di origini libanesi che girò una decina di scene tra il 2014 e il 2015, diventando istantaneamente la più cercata sui siti di streaming e ottenendo una popolarità che la rende ancora oggi tra le pornostar più famose del decennio. In tutto, nella sua breve ma fulminante carriera, Khalifa guadagnò soltanto 12mila dollari.

Con l’industria pornografica piegata dalla crisi, a partire dalla fine degli anni Duemila un imprenditore informatico tedesco di nome Fabian Thylmann cominciò a rilevare i più grossi siti di porno in streaming, da PornHub a YouPorn, costruendo un monopolio sulla distribuzione. Poi, approfittando della debolezza delle case di produzione, comprò anche quelle – compresa una delle più grandi, Brazzers – spesso a prezzi stracciati e ottenendo una posizione di controllo anche sulla creazione dei contenuti. MindGeek, la sua società, diventò una specie di impero del porno, che di fatto accelerò la crisi del settore offrendo gratuitamente i contenuti che le sue stesse società producevano con l’intenzione di distribuire a pagamento.

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Era la prima fase di un piano durato anni. Oggi MindGeek ha ancora il controllo sul porno online, e ha costruito un sistema freemium (cioè con una enorme quantità di contenuti gratuiti, ma con forti incentivi a pagare per ottenerne di più) intorno al quale l’industria sembrava aver trovato l’unico equilibrio economico possibile. Equilibrio che però significava sempre pessime condizioni di lavoro e compensi molto bassi per gli attori e le attrici: ed è qui che è intervenuto OnlyFans.

Il modello su cui è stato costruito assomiglia per certi versi a quello delle livechat erotiche, che con la crisi del porno tradizionale sono diventate diffusissime e hanno permesso in certi casi grandi guadagni. Ma da tempo c’erano segnali che gli utenti fossero disposti a pagare per poter fruire di contenuti per adulti in modo più intimo, sviluppando un qualche tipo di relazione personale, seppure virtuale, con gli attori e le attrici. Molti di loro, negli ultimi anni, avevano provato a sfruttare Snapchat, il social network di video e messaggi che si cancellano automaticamente dopo un certo tempo, e che non metteva limiti ai contenuti espliciti. Ma Snapchat non ha un sistema per monetizzare direttamente i contenuti, e chi li voleva produrre doveva chiedere i soldi separatamente su PayPal: un sistema macchinoso ma che comunque permise a qualcuno di guadagnare un bel po’.

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OnlyFans fu creato un po’ su questo modello, mettendo però i pagamenti al centro della piattaforma. Lo ha fondato Tim Stokely, un imprenditore americano che aveva un sito di webcam per adulti: dopo alcuni anni di scarsa rilevanza, a partire dalla fine del 2019 hanno aperto un canale sul sito alcuni dei più famosi attori e attrici porno, come Riley Reid, Nicole Aniston e Adriana Chechik. Alcune, come Lela Star e Lana Rhoades, hanno interrotto completamente i loro contratti con le case di produzione di MindGeek per lavorare solo su OnlyFans. «Si comportano come se non facessero soldi per via della pirateria: ora che guadagno da sola ho scoperto che di soldi se ne fanno eccome, e loro mentono», ha detto Rhoades in un’intervista in un podcast del settore.

La pandemia da coronavirus, che tra le altre cose ha sdoganato ulteriormente i video girati in casa, ha tenuto chiuse in casa centinaia di milioni di persone per settimane e ha complicato per un po’ la produzione dei film e delle scene porno, è stata una specie di tempesta perfetta per OnlyFans, che tra marzo e aprile ha visto gli iscritti aumentare del 75 per cento, fino a ritmi di 200mila ogni giorno. Ad aprile il sito è stato citato da Beyoncé in un verso di una canzone registrata con la rapper Megan Thee Stallion.

OnlyFans, comunque, è conosciuto da relativamente poco, e ci sono alcuni potenziali rischi. Uno è emerso qualche mese fa quando a creare un account sul sito era stata Bella Thorne, attrice 23enne famosa per un ruolo in una serie Disney. In un solo giorno Thorne ha guadagnato un milione di dollari dagli abbonati, e più di due milioni nella prima settimana. È rimasta poco sulla piattaforma, perché ha subito ricevuto moltissime critiche dai creatori di contenuti che dipendono economicamente dal sito, e che si ritenevano danneggiati dall’arrivo di una celebrità che invece non aveva bisogno di quei soldi. Ma Thorne, soprattutto, è stata accusata da molti iscritti di aver chiesto soldi per contenuti personalizzati in cui prometteva di spogliarsi, senza poi farlo.

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Thorne si è poi tolta dalla piattaforma e si è scusata – ha detto che voleva dare visibilità al sito e ridurre lo stigma per i lavoratori del porno – e OnlyFans ha introdotto nuovi limiti ai singoli pagamenti, abbassando le cifre massime che si possono chiedere per i contenuti personalizzati. Thorne peraltro non è stata l’unica celebrità che ha creato un account sul sito: tra gli altri lo ha fatto la rapper Cardi B, mettendo però subito in chiaro che non avrebbe fatto contenuti con nudità.

Su OnlyFans infatti non c’è solo porno: ci sono per esempio chef che propongono video di ricette o personal trainer che fanno lezioni di fitness. Il futuro dei contenuti SFW –  safe for work, cioè non pornografici – su OnlyFans è tuttavia incerto. Secondo qualcuno, le grosse potenzialità dei contenuti per adulti potrebbero prendersi tutti gli spazi o quasi, o dare al sito una connotazione troppo forte per la sopravvivenza degli altri contenuti. Stokely ha detto al New York Times che vorrebbe sganciare un po’ l’immagine della piattaforma dal porno, cosa resa complicata tra le altre cose dal fatto che i limiti di Apple sui contenuti espliciti, e le percentuali richieste sui pagamenti, rendono impossibile per ora fare un’app di OnlyFans.