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  • Giovedì 27 agosto 2020

«Make America great again, again»

Il nuovo slogan usato dal vicepresidente americano Mike Pence alla convention dei Repubblicani è esemplare della difficile strategia di comunicazione scelta dal partito

Mike Pence (Drew Angerer/Getty Images)
Mike Pence (Drew Angerer/Getty Images)

La terza serata di convention del Partito Repubblicano ha avuto due messaggi molto chiari, per quanto entrambi controversi: il primo è che il presidente Donald Trump è il responsabile di tutto quello che funziona nel paese ma non di quello che non funziona; il secondo è che a queste elezioni bisogna scegliere, per usare le parole di una delle oratrici, «tra l’estrema sinistra socialista dei Democratici e la protezione del sogno americano».

Sono i due messaggi a cui il Partito Repubblicano e Donald Trump sono aggrappati per tentare di recuperare lo svantaggio che oggi li separa da Joe Biden, ma sono entrambi complessi da vendere alla maggioranza degli americani. Nel primo caso, infatti, la necessità di esonerare il presidente Trump dalla responsabilità per quello che è successo in America negli ultimi tre anni e fino a questi giorni richiede spesso un esercizio di rimozione della realtà che si è visto anche nella terza serata della convention: si è parlato pochissimo dell’epidemia da coronavirus – la singola cosa che più ha sconvolto le vite degli americani – e solo al tempo passato, come se fosse finita, e solo per elogiare l’operato di Trump; si è parlato delle proteste contro il razzismo solo per condannare gli scontri e il teppismo.

«Non sarete al sicuro nell’America di Joe Biden», ha detto il vicepresidente Mike Pence nel corso del suo discorso: ma anche volendo limitare la lettura delle proteste di questi mesi agli scontri e al teppismo, sono tutte cose che stanno succedendo nell’America di Donald Trump; chi oggi si sente in pericolo, si sente in pericolo nell’America di Donald Trump. In una mossa che è allo stesso tempo una conseguenza di questa situazione e un modo di superarla, Mike Pence ha chiuso il suo discorso pronunciando un nuovo slogan: «Make America great again, again» («Rendiamo grande l’America di nuovo, di nuovo»). Lo slogan riprende quello rivendicativo del 2016, quando però i Repubblicani venivano da otto anni all’opposizione.

In un altro passaggio molto commentato, Pence è sembrato rivolgersi agli elettori conservatori che sono d’accordo con le idee dell’amministrazione ma sono infastiditi o stanchi della retorica divisiva del presidente Trump, dei tweet, dell’aggressività, del suo comportamento. «Il presidente Trump fa le cose a modo suo, certo. E se ha un’opinione non riesce a tenersela. Sicuramente rende tutto più interessante», ha detto sorridendo. «Ma giudicatelo dai fatti e dalle azioni».

Il discorso di Mike Pence – pronunciato davanti a un paio di centinaia di persone, senza mascherine e senza distanziamento fisico – è stato anche l’unico a citare di passaggio le due grandi crisi che stanno coinvolgendo gli Stati Uniti in questi giorni, oltre alla pandemia e al collasso dell’economia: i fatti di Kenosha, Wisconsin, dove un diciassettenne di estrema destra ha ucciso due manifestanti anti-razzisti, nel corso delle proteste per l’ennesimo ferimento di un uomo afroamericano inerme da parte della polizia (Pence si è limitato a ricordare il sostegno di Trump per le forze dell’ordine), e il fortissimo uragano Laura che si è appena abbattuto su Louisiana, Texas e Mississippi.

Tutti gli altri discorsi non ne hanno fatto menzione, anche perché erano tutti registrati: nonostante Trump avesse criticato la convention dei Democratici per aver alternato segmenti in diretta ad altri registrati in anticipo, la terza serata di convention dei Repubblicani è stata interamente registrata, fatta eccezione per il discorso di Pence.

Durante gli altri interventi della serata, i vari speaker hanno descritto Trump come un presidente determinato ed efficiente, e soprattutto hanno insistito molto sulla vicinanza di Trump ad alcuni segmenti ben precisi della popolazione con cui il presidente è oggi molto in difficoltà: le donne, e le minoranze etniche. Diverse donne si sono alternate sul palco descrivendo un presidente sensibile, affettuoso, empatico e contrario alle discriminazioni sessiste: per esempio, quello della sua più importante consigliera, Kellyanne Conway, prossima all’uscita dalla Casa Bianca.

È intervenuto anche Clarence Henderson, uno dei pochissimi (forse l’unico) attivista per i diritti degli afroamericani del movimento degli anni Sessanta che sostiene i Repubblicani sin dai tempi di Bush, che votò contro Obama per due volte e oggi sta con Trump. Henderson ha ricordato che è stato il Partito Repubblicano ad abolire la schiavitù, nella seconda metà dell’Ottocento.

Mentre sono mancati del tutto interventi e discorsi sui piani di un eventuale secondo mandato di Trump – per la prima volta nella sua storia il Partito Repubblicano ha deciso di non approvare un programma politico: il programma è rieleggere il presidente – altri hanno insistito molto sui rischi di un’eventuale elezione di Joe Biden. La senatrice Marsha Blackburn ha detto che «i Democratici vogliono chiudere le chiese, tenere aperti i negozi di alcolici e le cliniche per abortire, rendervi dipendenti dal governo per ogni cosa, come nella Cina comunista». La senatrice Joni Enrst ha detto che Joe Biden metterà fuorilegge le auto e il bestiame.

Il discorso più trumpista di tutti è stato pronunciato però da Richard Grenell, un personaggio molto controverso nell’orbita dell’amministrazione. Grande sostenitore di Trump dai toni molto aggressivi – spesso viene paragonato a un “troll”, i provocatori dei social network – fu scelto come ambasciatore in Germania, dove creò un certo trambusto, e poi come capo provvisorio dell’intelligence nazionale, quando si fece promotore dell’infondata teoria del complotto nota come “Obamagate”. Grenell ha rivolto un potente discorso ideologico soprattutto in materia di rapporti internazionali: un rifiuto della globalizzazione e del cosmopolitismo per scegliere un approccio nazionalista e isolazionista.

La convention del Partito Repubblicano si concluderà giovedì sera – venerdì mattina in Italia – con l’ultima serata, quando prenderà la parola il presidente Trump. Non è ancora chiaro però se e come l’uragano Laura altererà i programmi: in passato è capitato che i lavori delle convention venissero sospesi a causa di gravi emergenze, e la Casa Bianca ha fatto sapere che sta valutando la situazione.