Un cantante può impedire a un politico di usare una sua canzone?

Se ne parla negli Stati Uniti, dove Neil Young ha fatto causa a Donald Trump, e una risposta chiara ancora non c'è

(Amy Harris/Invision/AP)
(Amy Harris/Invision/AP)

Il 5 agosto il cantante e musicista canadese Neil Young ha fatto causa a Donald Trump presso un tribunale federale statunitense, accusandolo di violazione del copyright per aver usato due sue canzoni – “Rockin’ in the Free World” e “Devil’s Sidewalk” – durante un comizio di giugno a Tulsa, in Oklahoma. Young – che da qualche mese è diventato cittadino statunitense proprio allo scopo di votare alle presidenziali di novembre – ha detto di non poter permettere che la sua musica sia usata «come colonna sonora di una campagna divisiva e antiamericana, basata sull’odio e l’ignoranza».

La causa intentata da Young arriva dopo che in diverse occasioni, dal 2015 in poi, Trump aveva usato alcune sue canzoni in contesti di campagna elettorale. Nel 2018 Young aveva detto che, per come funziona il diritto d’autore negli Stati Uniti, non esistevano margini per impedire a Trump di farlo. Ora invece potrebbe essere cambiato qualcosa: se la causa di Young dovesse avere esiti per lui positivi, molti altri artisti potrebbero scegliere di fare lo stesso. Anche solo fermandosi a Trump, infatti, tra gli artisti che si sono espressi contro l’uso da parte del presidente statunitense di alcune loro canzoni ci sono, tra gli altri, Rihanna, Elton John, Pharrell Williams, Axl Rose, i R.E.M. e Adele.

Dopo aver parlato della questione con diversi esperti di proprietà intellettuale, il New York Times ha spiegato che l’argomento è «complicato» e non è per niente certo che un giudice possa dar ragione a Young. Negli Stati Uniti, infatti, la maggior parte dei comitati elettorali ha «la stessa libertà delle discoteche o delle radio nel riprodurre le canzoni»; può usare le canzoni che vuole e lo può fare grazie agli accordi che i cantanti hanno con società di intermediazione del diritto d’autore, le più importanti delle quali sono ASCAP e BMI.

ASCAP e BMI sono, seppur con qualche differenza, il corrispettivo statunitense della SIAE. In poche parole, sono le organizzazioni a cui gli artisti o i loro rappresentanti delegano la riscossione dei proventi derivati dall’uso delle loro canzoni, così che chi voglia usare le canzoni degli artisti X e Y possa interagire una sola volta con l’organizzazione che li rappresenta, senza doversi mettere ogni volta in contatto diretto con X e Y.

Il New York Times ha spiegato che, storicamente, sia ASCAP che BMI sono state molto morbide nelle loro relazioni con i politici e le loro campagne elettorali, «lasciando loro la libertà di usare le canzoni ovunque andassero». Fino a pochi mesi fa, il fatto che gli artisti avessero accordi con società come ASCAP e BMI (che sono utili anche per gestire i tanti possibili usi non politici di una canzone) rendeva loro impossibile iniziare azioni legali contro chi, in piena legalità, usava la loro musica.

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Le cose sono cambiate a giugno, quando i Rolling Stones avevano detto di voler far causa a Trump per motivi simili a quelli di Young, e dopo che ASCAP e BMI avevano comunicato di aver rimosso, a seguito di una diretta richiesta dei Rolling Stones, le canzoni del gruppo britannico dalla lista di quelle utilizzabili per le campagne politiche: in un certo senso assimilando l’uso politico all’uso cinematografico o pubblicitario, che richiedono entrambi un esplicito accordo con chi detiene i diritti di una certa canzone.

Young, quindi, ha fatto come i Rolling Stones, togliendo “Rockin’ in the Free World” e “Devil’s Sidewalk” dalla lista di canzoni che qualunque politico può usare durante un comizio negli Stati Uniti.

Il problema, come ha scritto il New York Times, è che ancora «non è chiaro se il ritiro di certe canzoni sia in linea con gli accordi che sia ASCAP che BMI hanno fatto con il governo federale». Questi accordi – noti come consent decrees, “accordi sul consenso” – sono in vigore da decenni ed erano nati per «prevenire atteggiamenti anticompetitivi». Per evitare cioè che, tra le altre cose, una società come ASCAP o BMI potesse impedire a un partito, o magari anche a una radio, l’uso di ogni canzone nel suo catalogo.

Artisti come Neil Young o i Rolling Stones potrebbero però sostenere – e secondo quanto successo finora sembra che ASCAP e BMI possano essere con loro – di poter impedire a certi politici di usare le loro canzoni perché quell’uso ne svaluta il valore economico.  Tra l’altro, proprio in questi mesi il Dipartimento di Giustizia sta facendo una sorta di revisione dei consent decrees, considerati da molti ormai obsoleti.

A prescindere da come la questione possa risolversi dal punto di vista legale, bisogna inoltre tenere conto del fatto che anche questo ambito è uno di quelli in cui Trump e i modi da lui usati sono fortemente atipici. Prima dell’arrivo di Trump, infatti, era spesso bastato che un artista prendesse chiaramente posizione contro l’uso politico di una sua canzone per dissuadere un partito o un politico dall’usarla. Come ha detto Lawrence Y. Iser, un avvocato che si è occupato di diversi casi simili a quello di Neil Young, sembra invece che Trump «abbia scelto di mostrare il dito medio agli artisti e dire loro: “Non potete fermarmi”».