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  • Sabato 25 luglio 2020

Il “genocidio demografico” degli uiguri

Un'inchiesta di Associated Press ha raccontato le sterilizzazioni forzate praticate allo scopo di prevenire le nascite nella minoranza musulmana cinese

(Kevin Frayer/Getty Images)
(Kevin Frayer/Getty Images)

Nei campi di detenzione cinesi dove sono rinchiuse le persone di etnia uigura, si pratica un rigido controllo delle nascite che ha portato diversi esperti a parlare di “genocidio demografico”. Le donne uigure infatti vengono rese sterili contro la loro volontà: o temporaneamente, con l’inserzione forzata di una spirale o tramite somministrazione di pillole contraccettive; o definitivamente, con operazioni chirurgiche. Le donne sono anche sottoposte a visite ginecologiche obbligatorie, ed eventuali gravidanze vengono interrotte senza considerare la loro volontà o quella del compagno.

Il cosiddetto “genocidio demografico” fa parte della più ampia politica di repressione attuata dal governo cinese nei confronti degli uiguri, minoranza cinese turcofona prevalentemente musulmana che vive per lo più nella regione autonoma dello Xinjiang, nel nord ovest della Cina.

L’esistenza di campi di detenzione per gli uiguri è stata dimostrata negli ultimi tre anni da inchieste giornalistiche, testimonianze e rapporti dell’ONU. Le ricostruzioni hanno mostrato come gli uiguri vengano rinchiusi nei campi senza avere possibilità di difendersi, né di sostenere un processo; come vengano sottoposti a indottrinamento, lavori forzati, e in alcuni casi tortura. Il governo cinese ha sempre negato la repressione sistematica contro gli uiguri, giustificandola come una campagna antiterroristica.

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Sterilizzazione forzata delle donne
In un’inchiesta pubblicata lo scorso giugno, Associated Press ha raccontato con molti dettagli un altro modo usato dal governo cinese per reprimere la minoranza uigura: attraverso la riduzione forzata delle nascite, in violazione di quello che prevede la legge cinese, cioè due figli per nucleo familiare e tre per quelli residenti in zone rurali.

Negli ultimi anni, hanno raccontato Associated Press e un recente studio realizzato dall’antropologo tedesco Adrian Zenz, molte donne uigure sono state sottoposte all’inserzione forzata delle spirali intrauterine – un metodo contraccettivo che si inserisce nell’utero e che richiede controlli ginecologici periodici per evitare l’insorgere di infezioni. Le spirali usate in Cina per questo tipo di operazione, ha scritto Zenz, vengono realizzate in modo da rendere quasi impossibile la rimozione senza un’operazione chirurgica, diversamente da quelle usate in altri paesi.

Associated Press ha riportato le testimonianze di diverse ex detenute sul loro periodo trascorso nei centri di detenzione. Alcune hanno raccontato come durante la prigionia fossero somministrati loro contraccettivi per via orale o tramite iniezione, senza alcuna spiegazione, e di essersi poi sentite stordite e nauseate. Diverse hanno poi scoperto in seguito di essere diventate sterili.

Anche nel suo studio, Zenz sostiene che il numero di donne dello Xinjiang sterilizzate chirurgicamente sia aumentato moltissimo negli ultimi anni, mentre è diminuito nel resto della Cina: nel 2016 circa lo 0,4 per mille delle donne dello Xinjiang erano state sterilizzate, nel 2018 questo dato era salito al 2,5 per mille.

Perché si sta parlando di “genocidio”
Le misure governative hanno fatto diminuire moltissimo la popolazione uigura dello Xinjiang, sia perché sono diminuite le nascite sia perché molte famiglie hanno lasciato la Cina alla prima occasione. Fra il 2015 e il 2018, ultimo anno in cui sono disponibili le statistiche raccolte dal governo, il tasso di natalità dello Xinjiang è cambiato radicalmente: se nel 2015 era tra i più alti dell’intero paese, tre anni dopo risultava tra i più bassi. Nell’Hotan e nel Kashgar, territori dello Xinjiang dove la popolazione uigura è particolarmente numerosa, si è passati da quasi 22 nati l’anno ogni mille abitanti a circa 8. È probabile che oggi questi numeri siano ancora più bassi.

Secondo la Convenzione per la prevenzione e punizione del crimine di genocidio, documento adottato nel 1948 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, di cui fa parte anche la Cina, è genocidio «imporre misure con lo scopo di prevenire nascite» all’interno di un gruppo etnico. Le misure imposte dalla Cina alla popolazione uigura rientrano quindi in questa categoria.

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La politica demografica cinese degli ultimi decenni
Il “genocidio demografico” degli uiguri è il risultato di un recente cambio di linea della politica demografica cinese.

Dagli anni Ottanta, infatti, il governo era intervenuto invasivamente sul numero di figli che ogni donna poteva avere, ma all’epoca la sopravvivenza delle minoranze come gli uiguri era tutelata dal loro diritto di avere un figlio in più rispetto ai cinesi di etnia han, maggioritaria in Cina. Nello Xinjiang, comunque, c’erano pochi controlli, e spesso le famiglie uigure avevano più figli del numero permesso.

Quando nel 2013 diventò presidente Xi Jinping, la politica demografica del governo cambiò. Si cominciò a parlare di «piani familiari equi» per tutte le etnie e di «ridurre e stabilizzare i tassi di natalità». Nel 2015 divenne possibile per tutte le coppie cinesi avere un secondo figlio, mentre per quelle che vivevano in zone rurali il limite salì a tre, eliminando la differenza con le famiglie appartenenti alle minoranze etniche cinesi.

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Ma se le regioni a maggioranza han incoraggiarono le coppie ad avere il figlio in più a cui avevano diritto, per esempio con l’aumento della durata del congedo di maternità, nello Xinjiang si investì moltissimo sul contenimento delle nascite. In particolare, nel 2017 la politica familiare della regione fu uniformata a quella del resto del paese, e da allora i controlli delle nascite e della fertilità degli uiguri diventarono particolarmente rigidi e presero forme violente; se invece succedeva che cinesi han avessero più figli di quanto fosse permesso, il governo difficilmente se ne curava, limitandosi a volte a richiedere il pagamento di una multa.

Cosa dice il governo cinese
Il governo cinese ha sempre negato di reprimere o trattare diversamente la minoranza uigura, definendo spesso inchieste e testimonianze come “fake news”.

Domenica 19 luglio un giornalista della BBC ha mostrato all’ambasciatore cinese nel Regno Unito, Liu Xiaoming, un video che circolava su Internet e che mostrava diverse persone bendate disposte in fila mentre venivano fatte salire su un treno, in un luogo riconosciuto da diversi osservatori come appartenente allo Xinjiang. Liu non ha risposto alle domande del giornalista, sostenendo che negli ultimi anni la popolazione dello Xinjiang era aumentata, senza specificare però quanti dei nuovi abitanti fossero cinesi han e quanti no.

Negli ultimi anni diverse organizzazioni internazionali e governi hanno accusato la Cina di violare sistematicamente i diritti umani degli uiguri, senza però ottenere granché. Di recente gli Stati Uniti hanno approvato alcune sanzioni contro società cinesi accusate di essere coinvolte nella persecuzione e repressione degli uiguri.

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