• Domenica 12 luglio 2020

Com’è andata quindi in Svezia

La discussa decisione di non imporre il lockdown ha portato più contagi e morti dei paesi vicini, e non ha salvato l'economia: ma c'è chi invita ad aspettare per giudicare

In un parco di Stoccolma, in Svezia, il 22 aprile 2020 (La Presse/Anders Wiklund/TT via AP)
In un parco di Stoccolma, in Svezia, il 22 aprile 2020 (La Presse/Anders Wiklund/TT via AP)

Dall’inizio della pandemia da coronavirus, la Svezia si è distinta per aver scelto – decisamente controcorrente rispetto a moltissimi altri paesi – misure piuttosto blande per contrastare la diffusione del contagio, dando informazioni ai cittadini sul comportamento da tenere senza però chiudere negozi e attività, né imponendo un vero lockdown. La Svezia ha spiegato la sua decisione con l’intenzione di affidarsi alla responsabilità individuale, e di riflesso collettiva, delle persone nel seguire alcune precise norme di sicurezza, sostenendo che così facendo l’economia del paese avrebbe avuto meno problemi rispetto alle altre.

Da subito, quindi, la Svezia è stata osservata con grande attenzione dai media internazionali, raccontata come una specie di esperimento. L’approccio del paese, che in molti hanno collegato a una radicata cultura politica fondata sulla solidarietà e sul senso civico, è diventato un argomento politico. In diversi casi è stato infatti celebrato dai movimenti populisti di destra, contrari alle rigide misure di lockdown, gli stessi peraltro che avevano attaccato il paese in occasione di altre decisioni controcorrente rispetto al resto d’Europa, come le politiche di grande accoglienza per i migranti mantenute per diversi anni. L’approccio svedese all’epidemia è stato invece criticato dai partiti progressisti, orientati a una maggiore prudenza.

In entrambi i casi, spesso i giudizi e le interpretazioni sul modello svedese sono stati sostenuti da argomenti pretestuosi e osservazioni parziali dei dati e dei risultati provenienti dal paese. Tanto che l’epidemiologo che ha coordinato la risposta svedese all’epidemia, Anders Tegnell, si è lamentato di come sia stato largamente frainteso. Contrariamente a quanto sostenuto da qualcuno, infatti, non si è basato su un disinteresse o una sottovalutazione dell’epidemia, ma piuttosto su una scommessa – indubbiamente rischiosa – su quale sia la strategia migliore nel lungo periodo.

Diversi dati delle ultime settimane, però, dicono che in Svezia le cose sono andate peggio del previsto. Oltre ad avere livelli piuttosto alti di contagio, il paese non sembra essere messo economicamente meglio degli altri, perché ha subito le enormi conseguenze della crisi globale.

Un bar all’aperto di Stoccolma il 22 aprile. (Anders Wiklund/TT via AP)

Contagi e morti
In Svezia – un paese con circa 10 milioni di abitanti – sono stati individuati quasi 75mila casi di contagio da coronavirus, con più di 5.500 morti. Per mettere in prospettiva la situazione svedese, si può paragonare con quella della Lombardia, con la quale condivide più o meno lo stesso numero di abitanti: dall’inizio della pandemia la Lombardia ha individuato quasi 95mila casi di contagio e quasi 17mila morti. Come è noto, però, questi dati sono soltanto parziali, soprattutto per quanto riguarda la Lombardia, dove la capacità di fare test è stata a lungo limitata e il numero dei malati ha saturato i posti disponibili in ospedale.

I dati sui casi di contagio per milione di abitanti – utili a tenere conto delle differenze di popolazione tra paesi (l’Italia per esempio ha sei volte gli abitanti della Svezia) – dicono che la Svezia ne ha avuti poco più di 7mila: meno di Stati Uniti e Brasile, più di Italia e Regno Unito e molti più di paesi confinanti come Norvegia e Danimarca (entrambi sotto i 2mila casi per milione di abitanti). I dati sui morti per milione di abitanti – che come quasi ogni dato sul coronavirus dipendono da tanti e complicati fattori – mettono la Svezia tra i paesi con il valore più alto, dietro solo a Belgio, Regno Unito e Italia.

In tanti hanno segnalato però che, ancora più che in altri paesi, una grande parte dei decessi è avvenuta nelle case di riposo, e quindi in un contesto in cui i contagi non sono sempre influenzati da quello che succede all’esterno. Ma rispetto alla Norvegia, i morti in Svezia sono stati più di dieci volte tanto: quasi 550, contro meno di 50 per milione di abitanti.

In Svezia il picco dei nuovi casi giornalieri (poco meno di 2mila in 24 ore) è stato toccato a giugno, quindi in ritardo rispetto al resto d’Europa, ma da diversi giorni i casi sono nell’ordine delle centinaia. Da ormai diverse settimane è in diminuzione anche il numero di persone ricoverate in terapia intensiva. Così come diversi altri paesi europei, la Svezia sembra essere in una fase di relativa tranquillità, lontana dai giorni fin qui peggiori della pandemia.

Insomma: la Svezia è stata particolarmente colpita dal virus ma comunque non più di alcune altre aree che a un certo punto hanno scelto misure restrittive molto più severe. La decisione di non fare alcun lockdown non ha impedito alla Svezia di abbattere la curva, e se le ha dato un quadro sanitario peggiore di quello dei suoi paesi vicini, è andata comunque meglio di quanto sia andata nei paesi più colpiti dal contagio. Dal punto di vista sanitario, quindi, si trova ora in una situazione non troppo diversa da quella di tanti altri paesi europei.

E l’economia?
Nonostante la versione “leggera” del lockdown, che ha permesso alle attività commerciali di non chiudere, la Svezia non sembra però in una situazione economica migliore degli altri, nemmeno se si guardano le previsioni per i prossimi mesi. Tra gli altri, ne ha scritto di recente il New York Times in un articolo intitolato “La Svezia è diventata l’esempio che il mondo non deve seguire“. Il motivo, spiega l’autore dell’articolo, è che «l’ipotetica scelta tra vite e stipendi è sbagliata», perché non è detto che una cosa sia alternativa all’altra.

Seppur nei mesi passati l’economia svedese sia andata leggermente meglio di quella di paesi in completo lockdown (un parrucchiere con pochi clienti guadagna comunque più di un parrucchiere che non lavora), le differenze sono state minime. E soprattutto sembrano minime le possibilità che nei prossimi mesi la Svezia possa avere un’economia migliore degli altri, che hanno scelto di contenere il contagio in modo più drastico.

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Secondo la banca centrale svedese, quest’anno l’economia del paese subirà una contrazione del 4,5 per cento. La disoccupazione a maggio è arrivata al 9 per cento (a marzo era al 7,1 per cento), e secondo uno studio di Oxford Economics «il danno generale subìto dall’economia [svedese] significa che per la ripresa ci vorrà tempo e il tasso di disoccupazione resterà alto».

Lo suggeriscono i dati dei paesi vicini: per l’economia danese ci si aspetta una contrazione del 4,1 per cento, per quella norvegese (escludendo però tutto il settore del gas e del petrolio) del 3,9 per cento. Come ha scritto il New York Times, «il coronavirus non si ferma ai confini nazionali» e questo non vale solo per i contagi, ma anche per i suoi effetti sull’economia di ogni paese.

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Anche potendo uscire a cena fuori, per diversi mesi molti svedesi (forse soprattutto i più anziani, in genere con maggiori possibilità di spesa) hanno evidentemente preferito non farlo. Anche potendo uscire per far compere o per lavorare, tanti svedesi non hanno potuto farlo perché dall’estero non arrivavano materie prime necessarie per produrre o perché il mercato estero per la vendita di certi prodotti era fermo o notevolmente contratto.

Una via del centro di Stoccolma il primo aprile. (Fredrik Sandberg/TT News Agency via AP)

A marzo, per esempio, gli stabilimenti di Scania, uno dei più famosi produttori europei di veicoli industriali, hanno dovuto interrompere la produzione perché gli operai non avevano più a disposizione alcuni componenti essenziali che provenivano da paesi in lockdown, come la Francia. «È bastato questo per interrompere la produzione», aveva detto a Reuters il CEO di Scania, Henrik Henriksson.

Per le aziende con una presenza all’estero è andata ancora peggio: un lockdown in Cina può facilmente avere ripercussioni su un’azienda svedese e, di conseguenza, sull’economia del paese, talmente interconnessa a quella degli altri paesi europei, e specialmente a quella dei paesi nordici, che difficilmente poteva isolarsi da una crisi economica globale.

Breve e lungo periodo
Tegnell è diventato una figura famosissima in Svezia, celebrato da tanti e criticato da altrettanti. Ad ABC, che gli ha chiesto se col senno di poi avrebbe avuto senso «provare davvero a fermare tempestivamente la malattia», ha risposto: «Di fatto crediamo ancora che sia la strategia giusta per la Svezia. (…) Ma penso che sia ancora troppo presto per dire se la Svezia aveva ragione o se ce l’aveva qualcun altro».

La scommessa della Svezia, è stato spiegato più volte, è infatti più sul lungo periodo, e si basa sul fatto che i rigidi lockdown imposti nel resto d’Europa non siano sostenibili che nel breve termine. Per affrontare un anno o più di convivenza con il coronavirus, ha deciso il governo svedese, era più utile sensibilizzare e incentivare la popolazione a esercitare la responsabilità collettiva. Tegnell ritiene che sia questo il modello sostenibile sul lungo periodo, se applicato con tempestività come ha fatto la Svezia.

Ci sono tanti effetti benefici del mancato lockdown che non sono misurabili nei dati sanitari o in quelli economici: per esempio il benessere dei bambini e dei genitori dovuto al fatto che le scuole sono rimaste aperte. Allo stesso tempo, paesi vicini che hanno imposto lockdown più rigidi ora hanno riaperto i confini, ma non con la Svezia, a conferma del fatto che la strategia individuale di un paese può essere condizionata o neutralizzata dalle decisioni di quelli vicini.

William Hanage, docente di epidemiologia alla Harvard’s School of Public Health, ha dettoBloomberg che la singolarità dell’approccio svedese è stata di applicare sì misure poco rigide, ma di farlo subito, prima che il virus circolasse diffusamente. «L’approccio svedese potrebbe rivelarsi sostenibile per aspetti che in altri paesi non hanno funzionato» ha spiegato, riferendosi alla tenuta del sistema sanitario e alla sua capacità di continuare a fornire cure per tutto ciò che non è il coronavirus. Hanage ha però aggiunto che a mancare nella strategia della Svezia è stato un piano efficace per proteggere le fasce più deboli, come gli anziani delle case di riposo. «Per il bilancio complessivo, sarà il tempo a dirlo».