Virginia Raggi si ricandiderà a Roma?

Le regole del M5S sulla carta glielo impediscono, lei per il momento glissa ma intanto si fa vedere più di prima in televisione: in mezzo c'è una decisione importante che riguarda il PD

(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Nelle ultime settimane è cominciata la discussione sul futuro della sindaca di Roma, Virginia Raggi, anche se manca più di un anno alla scadenza del suo mandato. Sui giornali ne hanno parlato decine di articoli, e in diverse occasioni le è stato domandato direttamente se abbia intenzione di candidarsi di nuovo oppure no: Raggi finora ha glissato, soprattutto perché le regole interne del Movimento 5 Stelle – il partito con cui fu eletta nel 2016 – non le permetterebbero di ricandidarsi. Intanto, però, Raggi ha cominciato a comparire più di frequente in televisione e nei talk show, e due sue iniziative sono state interpretate come le prime mosse per preparare il terreno a una ricandidatura: la visita al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex capo politico del Movimento, e l’incontro con Alessandro Di Battista, uno dei leader più importanti del partito.

Di recente sono intervenuti sulla questione sia il provvisorio capo politico del Movimento, Vito Crimi, sia altri esponenti di partito. Crimi a metà maggio ha detto al Fatto Quotidiano che il cosiddetto «vincolo dei due mandati» andrebbe ridiscusso, dichiarazione che è stata interpretata come un’apertura verso la ricandidatura di Raggi (e anche verso quella di Chiara Appendino, sindaca di Torino). La consigliera del M5S alla Regione Lazio Roberta Lombardi, da tempo considerata una delle principali avversarie di Raggi, invece si è sempre detta contraria a eventuali deroghe e mercoledì ha commentato l’apertura di Crimi dicendo che non si dovrebbero fare «interpretazioni regolamentari ad personam».

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Cosa dice la regola

Secondo il Codice etico del M5S, per candidarsi a un «qualsiasi tipo di elezione, a livello comunale, delle province autonome, regionale, nazionale ed europea» è obbligatorio «non aver già svolto, anche per periodi parziali, due mandati elettivi ad una o più delle cariche indicate al punto precedente». Raggi prima di essere eletta sindaca ha ricoperto la carica di consigliera comunale, sempre a Roma, e quindi non potrebbe candidarsi per un nuovo mandato da sindaca.

La questione del superamento di questa regola riemerge ciclicamente: l’ultima volta era accaduto lo scorso anno, durante la crisi di governo di agosto. In quel caso il problema erano le potenziali elezioni nazionali che avrebbero di fatto escluso moltissimi parlamentari già al loro secondo mandato, tra cui l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico. Prima ancora, l’allora capo politico Di Maio aveva introdotto la regola del «mandato zero», che sostanzialmente esclude il primo dei due mandati dal conteggio. La regola però è valida solamente per i consiglieri comunali.

E allora il PD?

In tutto questo avrà un ruolo importante il Partito Democratico, che è alleato con il Movimento 5 Stelle in Parlamento a sostegno del governo Conte. Alle ultime elezioni regionali in Umbria i due partiti si sono alleati mentre in Emilia-Romagna no, e la discussione su come trasportare l’alleanza nazionale a una dimensione locale non è ancora risolta. Entrambe le parti avrebbero ogni interesse ad allearsi a Roma, probabilmente, per evitare una campagna elettorale da avversari in un contesto così importante e tutto ciò che potrebbe comportare per la tenuta del governo; dall’altra parte, una sconfitta dell’alleanza a Roma potrebbe rendere pericolante anche la coalizione nazionale.

Il punto è: se ci si allea, a sostegno di chi? Secondo un sondaggio di febbraio scorso della società IZI, più di metà degli elettori di Virginia Raggi non la voterebbe di nuovo nel 2021, mentre solamente il 21 per cento del totale dei cittadini la voterebbe in caso di ricandidatura. Anche per questo è molto difficile che il PD si accordi con il M5S per sostenere Virginia Raggi, dopo averla avversata per cinque anni. Tra la giunta della sindaca e il gruppo del PD in Assemblea Capitolina – il consiglio comunale di Roma – c’è sempre stata ostilità e durante tutto il suo mandato Raggi ha sempre sottolineato con forza la discontinuità con le amministrazioni precedenti, in particolare quella guidata da Ignazio Marino e sostenuta dal PD. Un’ipotesi di alleanza con Raggi candidata è stata peraltro esclusa dallo stesso segretario del PD Nicola Zingaretti, che secondo i giornali avrebbe detto che un altro mandato di Raggi è «improponibile» e sarebbe «una minaccia per i romani».

Di chi si parla

Se Raggi non dovesse ricandidarsi, potrebbe essere più semplice per PD e M5S trovare un accordo su un altro nome: nelle scorse settimane sono circolati quelli dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, del presidente del parlamento europeo David Sassoli e del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Enrico Letta si è rifiutato in maniera molto decisa, mentre per gli altri due sembra improbabile una candidatura dati gli incarichi importanti che hanno. Era circolato molto anche il nome di Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico e fondatore del partito Azione, il quale però recentemente ha detto di non volersi candidare, oltre a dirsi sicuro che il PD sosterrà un candidato del M5S: «Lascio Roma secondo me alla Lombardi o a qualcun altro con cui il PD farà l’accordo».

Secondo il Corriere della Sera, invece, la dirigenza del PD non è intenzionata a trovare un accordo con il M5S al primo turno: cercherà più probabilmente un candidato «che possa non dispiacere» al M5S per puntare al loro appoggio in un ipotetico secondo turno contro il centrodestra, dato che le elezioni comunali prevedono il ballottaggio tra i due candidati più votati, nel caso in cui nessuno superi il 50 per cento dei voti.

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