Cosa dice l’ultimo rapporto sui morti per COVID-19 in Italia

È il più completo realizzato finora: mostra i sintomi e le complicanze più ricorrenti e il tempo che passa dai sintomi al ricovero alla morte

(Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)
(Kenzo TRIBOUILLARD / AFP)

L’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso un nuovo rapporto sulle caratteristiche dei pazienti morti a causa del coronavirus in Italia, basata su un campione di 32.938 decessi. È il rapporto più completo realizzato finora, considerato che secondo i dati più recenti della Protezione Civile i morti dall’inizio dell’epidemia sono stati 34.371.

Come suggeriscono da tempo vari indicatori e statistiche, il numero reale di decessi è sicuramente più alto, ma rintracciare e censire tutti i casi di COVID-19 è difficile soprattutto in assenza di efficaci sistemi per ricostruire le catene dei contagi.

Circa la metà dei decessi compresi nel rapporto dell’ISS è avvenuta in Lombardia, la regione più interessata dall’epidemia da coronavirus, seguita dall’Emilia-Romagna con il 13 per cento, dal Piemonte con l’8,6 per cento e dal Veneto con il 6 per cento.

L’età mediana dei pazienti morti e risultati positivi al coronavirus è di 80 anni (ovvero la metà di loro era almeno ottantenne) e c’è una prevalenza nei decessi tra gli uomini rispetto alle donne: 58 per cento circa contro 42 per cento. Se si osserva l’età mediana dei deceduti si nota che è più alta di 20 anni rispetto all’età dei pazienti che hanno contratto l’infezione. Le donne morte di COVID-19 hanno inoltre un’età più alta rispetto agli uomini: 85 anni rispetto a 79 anni (età mediane).

L’ISS ha poi analizzato le cartelle cliniche di 3.438 pazienti deceduti per ricostruirne lo stato di salute, verificando come malattie preesistenti possano condizionare l’andamento della COVID-19. È stato identificato un numero medio di 3 patologie preesistenti sia negli uomini sia nelle donne. La condizione più ricorrente a essere riscontrata è stata l’ipertensione arteriosa in ambo i sessi, seguita dai problemi cardiaci soprattutto per gli uomini e dal diabete (tipo 2) per entrambi i sessi. Molti ricoverati avevano inoltre problemi precedenti ai reni e malattie a carico del sistema respiratorio.

Nel 92,4 per cento delle diagnosi al momento del ricovero erano stati segnalati sintomi compatibili con la COVID-19, mentre per i restanti casi il motivo del ricovero era diverso ed era poi emersa la presenza della malattia. I sintomi più ricorrenti osservati prima del ricovero tra i deceduti erano febbre, difficoltà a respirare e tosse; erano invece meno frequenti diarrea e l’emissione di sangue con i colpi di tosse. Nel 6 per cento circa dei casi i pazienti non mostravano sintomi riconducibili alla COVID-19 quando sono stati ricoverati.

L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più osservata (quasi 97 per cento dei casi), confermando gli effetti del coronavirus sui polmoni, dove causa infiammazioni che possono rivelarsi molto gravi. Nell’86 per cento dei casi la terapia ha riguardato la somministrazione di antibiotici per trattare complicanze come le polmoniti atipiche, mentre le terapie antivirali per provare a rallentare la replicazione del coronavirus sono state impiegate nel 60 per cento dei casi.

Nel campione di morti analizzato dall’ISS è stato rilevato un tempo di 11 giorni dalla manifestazione dei primi sintomi alla morte. Metà degli individui con sintomi sono stati ricoverati entro 5 giorni e sono poi morti nei 6 giorni seguenti al ricovero. Il tempo dal ricovero alla morte è risultato più lungo tra i pazienti trasferiti nei reparti di terapia intensiva.

Nel rapporto dell’ISS la COVID-19 si conferma come una malattia letale soprattutto per le persone più anziane e con problemi di salute preesistenti. Su 32.938 deceduti, 366 avevano un’età inferiore ai 50 anni (1,1 per cento del campione); 83 di questi avevano meno di 40 anni (0,26 per cento del campione).