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  • Giovedì 28 maggio 2020

A che punto è il test di massa a Wuhan per il coronavirus

In meno di due settimane sono stati eseguiti 6,5 milioni di tamponi senza troppo disguidi, ma l'utilità dell'iniziativa continua a essere dibattuta

Wuhan, Cina (Chinatopix Via AP)
Wuhan, Cina (Chinatopix Via AP)

In meno di due settimane a Wuhan – la città cinese da cui è partita la pandemia – sono stati effettuati oltre 6,5 milioni di tamponi sulla popolazione, nell’ambito di un grande test di massa annunciato a metà maggio per valutare la diffusione del coronavirus e i nuovi contagi. Per avere un termine di paragone, in tutta Italia dall’inizio dell’epidemia sono stati fatti in tutto 3,6 milioni di tamponi: e l’Italia ha circa sei volte gli abitanti di Wuhan. La gestione dell’iniziativa cinese ha comportato una gigantesca attività logistica e la spesa dell’equivalente di centinaia di milioni di euro, ma non tutti gli esperti concordano sulla sua utilità per ridurre il rischio di nuovi contagi.

Da giorni nei quartieri di Wuhan – città di circa 11 milioni di abitanti – migliaia di addetti e operatori sanitari lavorano senza sosta per raccogliere campioni di saliva e muco dagli abitanti, utilizzando tamponi poi inviati a decine di laboratori per le analisi. I prelievi sono svolti in centri temporanei organizzati per l’occorrenza, sui posti di lavoro e a domicilio, per le persone con problemi di mobilità.

L’amministrazione di Wuhan aveva deciso di avviare il test di massa dopo avere rilevato meno di dieci nuovi casi positivi al coronavirus, dopo oltre un mese in cui non erano stati rilevati nuovi infetti. L’iniziativa era stata poi organizzata in brevissimo tempo, con l’obiettivo di affrontare meglio il problema rispetto ai primi mesi dell’anno, quando l’epidemia era dilagata in buona parte della città, e dimostrare alla popolazione la volontà del governo.

L’intera operazione è stata finanziata dal governo cinese, che ha investito molto denaro per potenziare i laboratori e la capacità di elaborare grandi quantità di tamponi ogni giorno nelle aree della Cina più a rischio. La capacità di analisi giornaliera è arrivata a 1,7 milioni di tamponi, un passo in avanti enorme considerato che solo a Wuhan fino a qualche tempo fa si elaboravano poco più di 46mila tamponi ogni giorno.

Wuhan, Cina (Chinatopix Via AP)

Il test di massa finora ha coinvolto il 90 per cento circa della popolazione da sottoporre ai test. I tamponi non saranno infatti necessari per tutti gli abitanti, perché molti di loro avevano già eseguito un test nelle ultime settimane. Martedì scorso, a una decina di giorni dall’avvio dell’iniziativa, le autorità sanitarie hanno comunicato di avere rilevato solamente 200 casi positivi, sui milioni di tamponi eseguiti. I positivi erano per lo più persone che non mostravano sintomi e che potrebbero quindi avere contagiato altri.

Come era diventato evidente nella fase più intensa dell’emergenza sanitaria, il governo della Cina impone scelte incisive e categoriche sulla popolazione, che difficilmente potrebbero essere proposte in Occidente. Nel caso dei test di massa, gli addetti hanno perlustrato i quartieri casa per casa per indurre gli abitanti a sottoporsi al test nel punto per i prelievi più vicino.

In alcuni quartieri gli incentivi sono stati piuttosto minacciosi. Gli operatori hanno ricordato ai residenti che sottraendosi al test avrebbero rischiato un declassamento del loro profilo sanitario, che viene utilizzato dal governo per valutare chi e come possa ricevere particolari trattamenti sanitari o circolare liberamente durante la pandemia. Hanno per esempio segnalato il rischio di ricevere divieti per l’ingresso ai supermercati o in banca, e la possibilità di essere sottoposti a ulteriori limitazioni.

La partecipazione nel complesso è stata alta, con centinaia di migliaia di abitanti che si sono messi in coda presso i centri di raccolta. Nelle zone più densamente abitate è stato impiegato un sistema per prenotare il proprio posto in coda, riducendo i tempi di attesa. Molte persone hanno comunque dovuto attendere il loro turno in fila sotto il sole, in giornate particolarmente calde con massime intorno ai 32 °C.

Wuhan, Cina (Chinatopix Via AP)

Consapevoli del rischio di contagio per le persone in coda, gli organizzatori hanno approntato la maggior parte dei centri per i prelievi all’aperto, chiedendo alla popolazione di indossare una mascherina e di mantenere una distanza di sicurezza dal prossimo. I punti di accesso sono stati inoltre tenuti sotto sorveglianza, con addetti per misurare la temperatura corporea di ogni partecipante. Agli operatori sanitari è stato chiesto di sostituire o disinfettare i guanti dopo ogni tampone, per ridurre il rischio di trasmettere il coronavirus.

Nonostante le precauzioni, alcuni abitanti hanno segnalato situazioni caotiche, con centinaia di persone in fila e senza la possibilità di praticare adeguatamente il distanziamento fisico.

Per rendere più rapide le analisi, a Wuhan è stato seguito un approccio già adottato in precedenza e in altri paesi: analizzare più tamponi in una volta sola. La procedura prevede di mettere insieme i campioni prelevati da un gruppo di persone e di farli analizzare come se fosse un unico campione, in modo da accorciare i tempi. Se il campione si rivela positivo, si contattano le persone i cui tamponi erano stati combinati insieme, eseguendo un nuovo test per verificare chi di loro sia positivo. Questa procedura può rivelarsi utile in circostanze in cui l’incidenza di casi positivi è piuttosto bassa e si devono elaborare molti campioni.

Pur riconoscendo lo sforzo senza precedenti condotto a Wuhan, numerosi esperti hanno sollevato dubbi circa l’utilità di un test di massa per tenere sotto controllo la diffusione dell’epidemia. L’analisi di un campione rappresentativo della popolazione, composto da circa 100mila persone, sarebbe stato sufficiente per verificare in quali quartieri il coronavirus fosse ancora diffuso al punto da rendere necessari ulteriori approfondimenti.

Sono stati sollevati dubbi anche sulla precisione dei test, considerata la necessità di realizzarne così tanti in pochissimo tempo. Gli errori durante i prelievi e durante le analisi potrebbero avere portato a rilevare meno casi rispetto a quelli reali, condizionando in parte i risultati. Nelle ultime settimane sono inoltre emerse alcune perplessità sulla qualità dei reagenti e degli altri prodotti impiegati per analizzare i campioni, soprattutto da paesi all’esterno della Cina e che si sono affidati ad aziende cinesi per avere il materiale diagnostico.