• Sport
  • Lunedì 18 maggio 2020

Gli scontri a Firenze per la cessione di Roberto Baggio alla Juventus

Trent'anni fa l'Italia scoprì come il trasferimento di un calciatore potesse provocare disordini tra tifosi e polizia nel centro di una grande città

La prima pagina della Gazzetta dello Sport i 17 maggio 1990 (RCS)
La prima pagina della Gazzetta dello Sport i 17 maggio 1990 (RCS)

«Notte di scontri in città, con attacchi alla polizia e lanci di molotov, e gli ultrà che tornavano continuamente alla carica in nuovi punti, mentre risuonavano le ambulanze e il traffico impazziva. Il questore ha imposto la chiusura dei locali pubblici alle 22.30. È stata la guerriglia finale dopo un attimo di pausa che aveva seguito alla prima fase della guerra, quella iniziata nel pomeriggio». Così scrisse Repubblica il 19 maggio 1990, un giorno dopo l’inizio degli scontri tra polizia e tifosi della Fiorentina, irritati dalla cessione di Roberto Baggio alla Juventus e dai modi con cui questa fu conclusa.

Fu la prima volta che la cessione di un giocatore fra grandi club italiani sfociò in una reazione così diffusa e violenta al termine di una lunga vicenda nella quale, secondo i giornali sportivi dell’epoca, «tutti i coinvolti guadagnarono qualcosa ma nessuno fece bella figura». Tutto girava intorno al trasferimento di Baggio, il miglior calciatore italiano dell’epoca – e probabilmente di tutti i tempi – dalla squadra in cui si era affermato in Serie A alla sua più grande rivale.

La nascita di una rivalità

La rivalità sportiva che separa tuttora Fiorentina e Juventus iniziò negli Ottanta, precisamente all’ultima giornata del campionato del 1982, quando la Fiorentina perse lo Scudetto a Cagliari a causa di un gol regolare segnato da Francesco Graziani ma non convalidato per errore dell’arbitro; in contemporanea, la Juventus vinse a Catanzaro superando di un punto in classifica la Fiorentina, quel tanto che bastò per vincere lo Scudetto.

Otto anni dopo, un altro episodio controverso contribuì ad aumentare le tensioni tra le tifoserie. Nella doppia finale di Coppa UEFA del 1990 la Juventus vinse 3-1 proprio contro la Fiorentina nella partita di andata giocata a Torino. Per il ritorno la Fiorentina dovette scontare la squalifica del suo stadio (il Renato Curi di Perugia, sede provvisoria durante i lavori di ristrutturazione per i Mondiali del Franchi). La società fece richiesta di giocare a Montecarlo, ma la UEFA optò per Avellino, città con una folta rappresentanza di tifosi juventini. La Juventus si trovò dunque a difendere la vittoria dell’andata in trasferta, ma di fatto giocò in casa, pareggiò 0-0 e vinse la coppa.

La Fiorentina e la famiglia Pontello

Baggio giocò male quella finale, come il resto della squadra. Nei suoi precedenti cinque anni, tuttavia, era diventato il giocatore che in molti ancora ricordano. A Firenze Baggio aveva trovato un ambiente accogliente e familiare, si era sposato e avvicinato al buddismo. Nel 1989 si stava però avvicinando anche alla scadenza del contratto, valido ancora due anni. A cavallo tra il 1989 e il 1990 le condizioni per una rinegoziazione con la società vennero meno: la famiglia Pontello, allora proprietaria della Fiorentina, aveva infatti deciso di vendere il club per mancanza di interesse.

Per vendere la Fiorentina i Pontello dovettero prima pensare ad aumentare il capitale sociale. Questo significò il ridimensionamento della squadra e un ipotetico freno alla carriera di Baggio, che invece si avvicinava ai suoi anni migliori. Da parte della società non ci furono mai dubbi sulla cessione di Baggio, dato che se questo fosse stato ingaggiato da un’altra squadra alla scadenza del contratto – a parametro zero, come si dice – avrebbe ricevuto soltanto un indennizzo di circa 2 miliardi di lire, nulla in confronto al suo valore di mercato. Baggio però escluse inizialmente un trasferimento alla Juventus, per non fare un torto ai suoi tifosi.

La prima squadra che in quel periodo si interessò a lui fu il Milan di Silvio Berlusconi e Arrigo Sacchi. Tramite l’amministratore delegato Adriano Galliani, il Milan trovò già a stagione in corso un accordo con il procuratore di Baggio, Antonio Caliendo, il quale si accordò per il trasferimento al termine del campionato. Nel frattempo però si inserì la Juventus, che in quel periodo si stava preparando a una nuova gestione affidata a Luca Cordero di Montezemolo.

Il trasferimento alla Juventus

Montezemolo gettò subito le basi per la costruzione di una Juventus diversa, dal gioco più offensivo e spettacolare di quella vista in passato. Luigi Maifredi, allora allenatore del Bologna, fu prenotato per la stagione 1990/91, mentre Baggio venne individuato come il campione da aggiungere alla rosa. La famiglia Agnelli si mosse quindi personalmente per farsi lasciare Baggio dal Milan, sfruttando la complicata situazione in cui si trovava Berlusconi, all’epoca in competizione con Carlo De Benedetti per l’acquisizione della casa editrice Arnoldo Mondadori.

La Juventus ottenne la ritirata del Milan con una sorta di patto di non belligeranza negli affari – come lo definì Montezemolo – tra le due ricche famiglie proprietarie, proprio nei giorni della doppia finale di Coppa UEFA contro la Fiorentina, alla quale vennero offerti 25 miliardi di lire, oggi equivalenti a circa 24 milioni di euro, cifra che rese Baggio il calciatore più caro al mondo. La due società e il procuratore Caliendo raggiunsero un accordo subito dopo la finale, ma non diffusero la notizia. Il 17 maggio, a contratti già firmati, Caliendo mentì alla stampa dicendo che Baggio sarebbe tornato per alcuni giorni a Caldogno, il suo paese natale in provincia di Vicenza, per prendere una decisione. Il giorno dopo mentì anche il presidente della Fiorentina, Flavio Pontello, che disse di aver offerto un nuovo contratto a Baggio, affermazione poi smentita da quest’ultimo. Nel frattempo, giornali e televisioni davano l’affare come concluso.

I disordini iniziarono la sera del 17 maggio in piazza Savonarola, davanti alla sede della Fiorentina, con pietre e bottiglie lanciate contro la facciata dell’edificio. Continuarono il giorno successivo e durarono tutta la giornata. Dopo la conferenza stampa del presidente Pontello, oltre un migliaio di tifosi si radunarono in piazza Savonarola: prima tentarono di sfondare il cordone di polizia e poi si diressero davanti alla casa della famiglia Pontello in piazzale Donatello, dove gli scontri proseguirono fino a tarda notte fra continue cariche della polizia. Il giorno dopo i disordini si spostarono al Centro federale di Coverciano, dove la Nazionale stava iniziando il raduno in vista dei Mondiali: Baggio ebbe bisogno di una scorta per entrare. Tra il 17 e il 19 maggio 1990 a Firenze vennero fermati un centinaio di tifosi, ventisei dei quali arrestati. Ci furono decine di feriti, agenti di polizia compresi, e seri danni ai cantieri edilizi dei Pontello sparsi per la città.

«Mio padre visse malissimo quei giorni di contestazione. Non credeva che una città potesse rivoltarsi contro una famiglia che, bene o male, aveva investito e fatto divertire i tifosi senza mai approfittare della situazione. Credeva che i tifosi potessero conservare un bel ricordo di noi: ci rimase malissimo, tanto è vero che poi si ammalò. In quel periodo iniziò un po’ il declino di mio padre» ha ricordato recentemente intervistato da Sky Sport il figlio di Flavio Pontello, Ranieri, per lo speciale “Il caso Baggio”.