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  • Lunedì 18 maggio 2020

Il Brasile è diventato il quarto paese con più contagi da coronavirus registrati

Ha superato l'Italia e la Spagna, mentre il presidente Bolsonaro continua a parlare di riaperture immediate

(Andressa Anholete/Getty Images)
(Andressa Anholete/Getty Images)

Il Brasile è diventato il quarto paese al mondo per casi accertati di contagio da coronavirus, superando Italia e Spagna, due tra i paesi europei più colpiti. Secondo gli ultimi dati ufficiali, in Brasile le persone risultate positive al tampone sono oltre 240mila: solo Stati Uniti, Russia e Regno Unito hanno fatto registrare numeri totali più alti. La situazione in Brasile, sostengono molti, potrebbe inoltre essere ben peggiore di quella mostrata dai dati ufficiali, che conteggiano solo le persone risultate positive al tampone, esame a cui finora sono stati sottoposti quasi esclusivamente i pazienti più gravi che hanno avuto bisogno del ricovero in ospedale.

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Una delle città brasiliane più colpite è stata finora São Paulo, il cui sistema sanitario sembra essere vicino al collasso. Il sindaco Bruno Covas ha detto che gli ospedali pubblici della città hanno raggiunto il 90 per cento delle loro capacità e che nel giro di un paio di settimane potrebbero non avere più spazio per ricoverare nuovi pazienti. Covas ha detto di avere iniziato a confrontarsi con il governatore dello stato di São Paulo per decidere se e come introdurre restrizioni ancora più rigide, con l’obiettivo di rallentare il contagio.

Il problema, ha scritto tra gli altri Katy Watson, corrispondente di BBC in America Latina, è che la quarantena finora nello stato di São Paulo è stata piuttosto blanda. È stata imposta due mesi fa e ha previsto la chiusura di molte attività commerciali, scuole e spazi pubblici, ma la mancanza di sanzioni previste per chiunque la violasse ha fatto sì che molte regole fossero spesso trasgredite. Watson ha aggiunto: «Una regola recentemente introdotta che ha reso obbligatorio l’uso delle mascherine è stata spesso ignorata. Durante il weekend ho visto molte persone stare in giro o correre senza indossare la mascherina, o tenendola abbassata sul collo. Non si ha l’impressione che il virus sia stato preso seriamente».

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In Brasile le regole di distanziamento fisico e la chiusura delle attività commerciali erano state adottate dagli stati tra le molte resistenze del presidente Jair Bolsonaro, che in più occasioni aveva definito il coronavirus una “piccola influenza” e aveva sostenuto che la sua diffusione fosse inevitabile. Ad aprile Bolsonaro si era unito alle proteste per chiedere che le restrizioni fossero tolte, dicendo che erano dannose per l’economia e che avrebbero portato solo disoccupazione e crisi.

Negli ultimi mesi le posizioni di Bolsonaro sono state criticate anche da membri del suo governo: venerdì, per esempio, si è dimesso il ministro della Salute Nelson Teich, che a sua volta aveva preso il posto di Luiz Henrique Mandetta, rimosso dal suo incarico per divergenze con il presidente sulla gestione dell’emergenza. Tra le altre cose, Teich aveva pubblicamente criticato un decreto di Bolsonaro che permetteva la riapertura delle palestre e dei centri di bellezza.

Il Brasile non è l’unico paese latinoamericano duramente colpito dalla pandemia da coronavirus: situazioni gravi sono state registrate anche in Messico, dove preoccupano le ultime tendenze registrate, e in Ecuador, dove il sistema sanitario è praticamente collassato. L’aumento di nuovi casi in America Latina ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dire che il centro della pandemia sono ora le Americhe, e non più l’Europa.

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