Le notizie di giovedì sul coronavirus in Italia

I casi di contagio rilevati sono 1.401 in più di ieri, mentre i morti sono 257 in più

Persone con maschere protettive al mercato di Piazza Campo de' Fiori a Roma, il 7 maggio 2020 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Persone con maschere protettive al mercato di Piazza Campo de' Fiori a Roma, il 7 maggio 2020 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

I contagi da coronavirus totali registrati ufficialmente dall’inizio dell’epidemia in Italia, secondo gli ultimi dati diffusi oggi dalla Protezione Civile, sono 215.858. Ci sono 1.401 casi registrati in più di ieri. I morti sono 29.958, un incremento di 257 rispetto a ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 3.031, per un totale di 96.276. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 1.311, 22 in meno di ieri. Si registrano 1.904 attualmente positivi in meno, per un totale di 89.624.

In Lombardia, la regione più colpita, i casi positivi totali sono oggi 80.089 (720 in più rispetto a ieri) e i morti registrati nelle ultime 24 ore sono stati 134. Le persone al momento in terapia intensiva sono 480, numero invariato rispetto a ieri. I “guariti o dimessi” sono 33.329, 324 in più di ieri. Sia l’incremento dei decessi che quello dei casi totali di positività della Lombardia rappresentano più del 50% del totale nazionale.

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Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.

Le altre notizie di oggi

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente della CEI, il cardinale Gualtiero Bassetti, e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese hanno firmato questa mattina a Palazzo Chigi un protocollo che permetterà dal prossimo 18 maggio la ripresa delle messe con la presenza dei fedeli. Dopo le tensioni fra la Conferenza Episcopale e il governo arriva quindi il via libera alle cerimonie, ma con alcune regole da rispettare per contenere l’epidemia da coronavirus.

Luoghi e oggetti dovranno essere accuratamente sanificati, tutte le persone che parteciperanno alle messe saranno tenute a indossare le mascherine protettive e non sarà concesso di accedere ai luoghi di culto a chi presenti sintomi influenzali/respiratori o in presenza di temperatura corporea pari o superiore ai 37,5 gradi o a coloro che siano stati in contatto con persone positive al coronavirus nei giorni precedenti alla funzione.

Durante le celebrazioni dovrà essere tenuta la distanza di sicurezza di un metro, mentre all’ingresso e all’uscita dalle chiese di un metro e mezzo. Nel protocollo non si fa menzione di un numero di persone massimo per le funzioni, come è invece in questi giorni per i funerali, ma saranno i sacerdoti a individuare «la capienza massima dell’edificio» che possa garantire «il rispetto della normativa sul distanziamento delle persone».

Il presidente della Liguria Giovanni Toti durante una conferenza stampa ha informato che oggi la conferenza delle regioni ha approvato all’unanimità un documento che chiede che già da lunedì 11 maggio si possa riaprire il commercio al dettaglio e che dal 17 dello stesso mese, «quando scadrà il Dpcm firmato il 26 aprile scorso» questa norma decada e venga «totalmente attribuito alle regioni la responsabilità di elaborare un calendario completo di riaperture sin dal 18 maggio. […] Se le nostre richieste non dovessero essere accolte – ha aggiunto Toti in un punto stampa sulle misure economiche fin qui attivate dalla Liguria – riterremmo lese le prerogative delle Regioni. D’altra parte, è quanto deciso stamattina dalla cancelliera Angela Merkel in Germania».

La richiesta al governo di permettere l’apertura delle attività di commercio al dettaglio già il prossimo 11 maggio è stata ribadita anche dal presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. «Trovo molto difficile giustificare – ha spiegato Fedriga – la scelta del governo di permettere l’apertura ad aziende con 3mila dipendenti e imporre la chiusura a un negozio di borsette. Così si va a infierire su categorie piccole che chiedono di aprire per mantenere la famiglia». Il presidente del Veneto Luca Zaia si è detto «pronto a far ripartire tutto anche prima del 18 maggio».

Il 13 maggio alle 13 si insedierà alla Regione Lombardia la “Commissione di inchiesta sull’emergenza Covid-19” istituita dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. La Commissione è stata richiesta da tutti i consiglieri di minoranza e avrà come oggetto specifico l’analisi e la valutazione della gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 in Lombardia. Dovrà concludere i propri lavori entro 12 mesi dall’insediamento. La Commissione sarà composta da tre consiglieri per i gruppi consiliari più consistenti (Lega, Forza Italia, Partito Democratico e M5Stelle) e da un consigliere per gli altri gruppi.

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) Antonio Brusaferro, parlando alla commissione Affari Sociali della Camera, ha detto che in Italia è fra i paesi che fa più tamponi al mondo (fino a 70mila al giorno), ma che il numero crescerà ancora nelle prossime settimane. «All’inizio se ne facevano meno, anche perchè vista la pandemia globale c’era scarsità di reagenti», ha spiegato Brusaferro, che ha aggiunto che si faranno «tamponi anche a fasce più ampie di popolazione a rischio». Per il presidente dell’ISS in questa nuova fase è «prioritario» fare i tamponi ai «contatti stretti» dei casi positivi al coronavirus.

Brusaferro ha spiegato che ad oggi «i tamponi sono l’unico metodo per individuare l’RNA virale. Ma una persona oggi negativa può esser domani positiva, e viceversa». Per quanto riguarda le modalità di trasmissione del virus ha ricordato che «sono sempre le stesse e uguali in tutti i Paesi, prevalentemente per droplet o per contatto, in alcuni casi per via aerea. È stato ritrovato anche nelle feci ma gli impianti di depurazione sono sufficienti a inattivarlo».

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Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.

Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.

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