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  • Sabato 18 aprile 2020

Il coronavirus a Cuba

L'epidemia è stata gestita tempestivamente, grazie al forte sistema sanitario locale, ma il crollo del turismo e le sanzioni americane potrebbero causare una grave crisi economica

Soldati delle forze armate rivoluzionarie (AP Photo / Ramon Espinosa)
Soldati delle forze armate rivoluzionarie (AP Photo / Ramon Espinosa)

I principali paesi che hanno attirato l’attenzione dei media per il modo in cui hanno gestito l’epidemia da coronavirus sono soprattutto europei e asiatici, dove la COVID-19 ha colpito di più e dove sono stati attuati gli sforzi più consistenti per contenerla. Uno dei pochi paesi americani di cui si è parlato, oltre ovviamente agli Stati Uniti, è Cuba: i motivi sono diversi e c’entrano con la particolarità del suo sistema sanitario, completamente nazionalizzato, e con l’ottima fama di cui godono i medici del paese, inviati in diversi paesi del mondo sia prima che durante l’epidemia (anche in Italia).

I dati aggiornati a venerdì 17 aprile dicono che a Cuba i casi registrati di persone affette da COVID-19 sono 862, e 27 persone che avevano preso il virus sono morte. I primi casi sono stati rilevati a metà marzo, e già dal 20 marzo (con 21 casi registrati) il governo aveva deciso di chiudere il paese ai turisti, nonostante il turismo sia una delle fonti di guadagno più importanti per i cittadini e le casse dello Stato.

Con l’aumento dei casi nelle settimane seguenti, poi, il governo ha allestito alcune strutture pubbliche per mettere velocemente in quarantena i casi sospetti, mentre i casi confermati sono stati subito ricoverati e i loro contatti tracciati e isolati; tra le misure per le fasce più deboli della popolazione, il governo cubano ha messo a disposizione pasti gratuiti per chi ha un reddito basso e da tempo, da prima dell’inizio dell’epidemia, c’è un sistema per cui lo stato fornisce pasti a prezzi agevolati alle persone anziane, particolarmente esposte al coronavirus: l’età media della popolazione cubana è tra le più alte di tutto il continente.

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Il punto di forza della sanità cubana è l’abbondanza di personale medico, che il paese da tempo utilizza anche come strumento diplomatico. Avendo uno dei più alti numeri di medici al mondo in rapporto alla popolazione – 8 ogni mille persone, quattro volte in più degli Stati Uniti – Cuba da decenni li esporta, stipulando accordi economici con quei paesi che invece sono carenti sotto questo punto di vista: nel 2018 Cuba ha guadagnato l’equivalente di 6,3 miliardi di dollari dall’esportazione di assistenza medica.

Delegazione di medici cubani inviati in Italia al momento del loro arrivo a Varese, in Lombardia, per aiutare gli ospedali della regione ad affrontare l’epidemia da coronavirus (Claudio Furlan/LaPresse)

Prima che iniziasse la pandemia, peraltro, gli Stati Uniti avevano chiesto ai propri alleati di rimandare indietro i medici e gli infermieri cubani, soprattutto per motivi politici. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha detto di ritenere l’esportazione cubana di medici una forma di schiavitù, dato che i paesi che ne usufruiscono pagano lo stipendio dei medici al governo cubano, che ne trattiene una parte consistente. Alcuni alleati degli Stati Uniti, tra cui il Brasile e l’Ecuador, hanno interrotto o rinegoziato i rapporti di collaborazione con Cuba, rimandando indietro i medici, cosa che con l’inizio della pandemia ha messo questi paesi in seria difficoltà.

Nonostante l’abbondanza di personale medico, la sanità cubana – che è controllata dallo Stato e offre assistenza a tutta la popolazione – ha alcuni problemi nel mantenere le strutture a un livello adeguato, e inoltre in alcune zone del paese c’è scarsità di medicinali; per fronteggiare la carenza di attrezzatura, Cuba ha chiesto aiuto alla Cina che ha inviato mascherine, kit per i tamponi e ventilatori. Dall’inizio dell’epidemia Cuba ha aumentato di cinque volte la capacità di elaborare tamponi: questo, unito alla disponibilità di personale medico che ha ricostruito i contatti degli infetti casa per casa, ha permesso a Cuba di contenere i contagi.

Tuttavia condurre i test ha un costo elevato per la sanità cubana, e la mancanza del turismo e le sanzioni imposte dagli Stati Uniti (che si sono fatte ancora più pesanti a ottobre dello scorso anno e impediscono a Cuba di avere accesso agli aiuti internazionali) potrebbero causare una grossa crisi economica e alla lunga diminuire l’efficacia delle misure di contenimento del paese. Come scrive il sito The Conversation, «se la battaglia contro la COVID-19 dovesse prolungarsi, la mancanza di accesso alle risorse finanziarie potrebbe rivelarsi fatale».

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