Cos’è successo tra Fedez e il Codacons

Breve riassunto della polemica del weekend sulle raccolte fondi organizzate online

È in corso una litigata verbale e legale tra il cantante Fedez e il Codacons, famosa e controversa associazione per i diritti dei consumatori. La questione aveva inizialmente a che fare con la raccolta fondi organizzata da Fedez con la moglie Chiara Ferragni a favore dell’ospedale San Raffaele di Milano, ma è diventata una storia che ha coinvolto il Codacons stesso e su cui è intervenuto anche il sottosegretario del ministero dell’Interno Carlo Sibilia.

Il 9 marzo scorso Chiara Ferragni e Fedez avevano avviato una raccolta fondi collettiva sul sito GoFundMe – popolare e usatissima piattaforma internazionale per le raccolte fondi – allo scopo di aiutare l’ospedale San Raffaele di Milano a gestire i casi di infezione da coronavirus e rendere disponibili sempre più posti letto in terapia intensiva per i casi più gravi. I due avevano contribuito donando 100 mila euro e la loro raccolta pubblica era arrivata a più di 4 milioni di euro, spesi poi dall’ospedale San Raffaele di Milano per attivare innanzitutto 14 nuovi posti letto di terapia intensiva e realizzarne altrettanti. Fedez e Ferragni avevano spiegato di aver scelto il San Raffaele dopo aver consultato altre strutture pubbliche, che non avrebbero potuto ricevere i fondi con la stessa rapidità, e che i proventi della raccolta saranno usati per incrementare i posti letto di terapia intensiva a disposizione dell’intero Sistema Sanitario Nazionale.

Il 22 marzo l’Antitrust era intervenuta imponendo a GoFundMe l’eliminazione immediata del “meccanismo di preselezione della commissione facoltativa”. Al momento di fare la donazione, ogni persona poteva scegliere se destinare o no il 10 per cento della propria somma alla piattaforma stessa, ma l’opzione per farlo era pre-selezionata: doveva essere eventualmente il donatore a disattivarla. Secondo l’Antitrust, non era chiaro che fosse possibile modificare o annullare la cifra preimpostata, e dunque il meccanismo doveva essere invertito: l’impostazione automatica doveva essere sulla cifra zero. GoFundMe aveva seguito le indicazioni dell’Antitrust, cambiando l’opzione, e aveva fatto sapere che se qualcuno si fosse sbagliato nel lasciare la commissione poteva chiederne il rimborso. Si erano a loro volta mossi anche Fedez e Ferragni, che avevano detto di aver ottenuto altri 250 mila euro da GoFundMe, poi donati ad altri ospedali.

Il 24 marzo è intervenuto il Codacons – associazione nota anche per una comunicazione e una ricerca di visibilità mediatica molto aggressiva, per aver difeso tesi anti-scientifiche sui vaccini e di recente per aver difeso Matteo Salvini chiedendo la radiazione del famoso virologo Roberto Burioni – che in un primo comunicato ha chiesto di «vedere chiaro» sulla raccolta fondi, e quindi sapere come e quanto era stato speso dal San Raffaele; la restituzione agli utenti della piattaforma della commissione al 10 per cento; il blocco di tutte le raccolte fondi “private” (negli ultimi giorni decine di raccolte fondi spontanee a favore degli ospedali sono state aperte su GoFundMe, a volte dagli ospedali stessi). Il Codacons aggiungeva di aver fatto un esposto all’Antitrust e alla procura della Repubblica di Milano per «bloccare tutte le raccolte fondi ingannevoli o che applicano commissioni nascoste o equivoche agli ignari donatori». In un nuovo comunicato del 25 marzo, il Codacons era tornato sulla questione annunciando una diffida nei confronti della piattaforma GoFundMe.

Nel frattempo qualcuno su Twitter aveva notato che sul sito del Codacons c’era un banner in cui si chiedevano donazioni per supportare l’associazione stessa «nella battaglia a fianco dei cittadini contro il coronavirus» e per «fare una donazione all’associazione e risparmiare sulle tasse future» (per le donazioni agli enti del terzo settore, sono infatti previste delle agevolazioni fiscali). Nonostante potesse essere inteso diversamente, il banner non voleva sollecitare donazioni contro il coronavirus bensì donazioni a favore del Codacons.

Fedez aveva ripreso la segnalazione e aveva scritto a sua volta che il Codacons stava «spacciando» una campagna di raccolta fondi «apparentemente “contro il coronavirus”», quando bastava invece cliccare sul banner «per scoprire che le donazioni servono a sostenere SOLO loro stessi. Ma è possibile che nessuno intervenga?». A chi chiedeva chiarimenti su Twitter, il Codacons aveva risposto che le indicazioni sul sito erano chiare e che nel banner contestato si faceva riferimento al coronavirus «per la semplice ragione che come tutti siamo in difficoltà a causa dell’epidemia CoronaVirus».

La segnalazione di Fedez era stata rilanciata anche da Salvo Sottile, giornalista e conduttore televisivo di “Mi manda Raitre”, che aveva anche rivendicato come la sua trasmissione non invitasse mai il Codacons. Il 28 marzo il Codacons aveva pubblicato un nuovo comunicato in cui faceva sapere di aver denunciato Sottile «per abuso d’ufficio, e nei suoi confronti è partita una istanza al CdA Rai e alla Commissione di vigilanza perché siano adottati i provvedimenti del caso».

Il presidente del Codacons Carlo Rienzi aveva anche personalmente replicato in un video alle accuse di Fedez: «Oggi abbiamo avuto l’onore di essere mandati a fare in culo da una specie di cantante di nome Fedez, che non so come si guadagna da vivere e questo ci fa molto piacere, perché tra l’altro siccome ha molti follower molti ci conoscono grazie a lui e stiamo ricevendo molte richieste di aiuto, donazioni, di ringraziamenti». Nel discorso di Rienzi venivano poi mostrate delle foto di Fedez e di Chiara Ferragni, commentate con un tono sprezzante e sessista.

In tutto questo il 28 marzo era intervenuto il sottosegretario al ministero dell’Interno Carlo Sibilia, dicendo che la Polizia di Stato stava «vagliando» il banner comparso sul sito del Codacons. Il Codacons nel frattempo aveva sostituito il banner.