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  • Giovedì 12 marzo 2020

Bernie Sanders ha ancora speranze?

A prima vista si potrebbe pensare di sì – devono votare ancora moltissimi stati – ma guardando bene la realtà è ben diversa

(AP Photo/Matt Rourke)
(AP Photo/Matt Rourke)

Le primarie del Partito Democratico statunitense per scegliere l’avversario da opporre a Donald Trump sono iniziate da poco più di un mese, nel quale è successo un po’ di tutto. Il candidato che ha vinto l’ambitissima prima tappa in Iowa (Pete Buttigieg) si è ritirato poche settimane dopo; la candidata che alla fine dell’estate era in testa ai sondaggi nazionali (la senatrice Elizabeth Warren) ha ottenuto solo una manciata di delegati, cioè le persone che concretamente assegneranno la nomination durante la convention estiva, e si è ritirata anche lei; il candidato che era uscito peggio dall’Iowa (l’ex vicepresidente Joe Biden) ha stravinto a sorpresa nel cosiddetto Super Tuesday e ora è in testa.

Per ottenere la nomination servono 1.991 delegati. Al momento Joe Biden ne ha 864, mentre il senatore Bernie Sanders 710. Per arrivare a 1.991, Biden ha bisogno di ottenere il 50,3 per cento dei delegati che rimangono da assegnare nei prossimi stati in cui si vota, mentre Sanders deve raccoglierne il 57,2 per cento.

I ribaltamenti delle ultime settimane e la poca distanza fra Biden e Sanders potrebbe far pensare che la corsa sia ancora piuttosto aperta. Non è così: Joe Biden è ormai il nettissimo favorito, tanto che il sito FiveThirtyEight stima che abbia 99 probabilità su 100 di ottenere la nomination, mentre diversi funzionari e politici del Partito Democratico stanno consigliando piuttosto apertamente a Sanders di ritirarsi e appoggiare Biden.

(grafico di FiveThirtyEight)

Per capire perché le speranze di Sanders siano giudicate così ridotte, vanno considerate alcune cose.

Prima di tutto, Biden è decisamente avanti a Sanders nei sondaggi nazionali. Secondo la media del sito Real Clear Politics, Biden ha un consenso superiore a Sanders di 17,4 punti. Significa che per Sanders sarà difficile ottenere la maggioranza dei voti negli stati che si esprimeranno da qui alla fine, per non parlare dei delegati: e invece dovrebbe cercare di vincere ovunque e con ampio margine.

Biden, inoltre, ha dimostrato di poter costruire una coalizione di elettori ben più ampia di quella di Sanders: un elemento cruciale in vista delle elezioni presidenziali. Un sondaggio realizzato da Associated Press in tre stati che hanno votato pochi giorni fa – Michigan, Missouri e Mississippi – ha mostrato che Biden ha battuto Sanders sia fra gli afroamericani sia fra «i lavoratori con basso titolo di istruzione, gli elettori delle zone rurali, i residenti delle città, le donne, quelli con un alto titolo di istruzione, i moderati, i conservatori e anche quelli che si definiscono perlopiù di sinistra», mentre Sanders «ha conservato il suo zoccolo duro di elettori sotto ai 30 anni e di quelli che si definiscono molto di sinistra», sintetizza Associated Press.

Sanders inoltre ha ottenuto risultati inferiori alle aspettative in tutti gli ultimi stati in cui si è votato. Dopo la sua vittoria nelle primarie in Nevada, che in quel momento lo rese il favorito per ottenere la nomination, ha perso in 16 stati su 22, vincendo soltanto in alcuni dei posti in cui era strafavorito. Due giorni fa ha perso di 20 punti anche in Michigan, uno stato cruciale per i Democratici in vista delle elezioni presidenziali, dove nel 2016 aveva battuto Hillary Clinton.

I risultati di Sanders sono stati così inferiori rispetto al previsto che in molti stanno ipotizzando che nel 2016 – quando ottenne circa il 43 per cento dei voti totali alle primarie – Sanders beneficiò di un blocco di elettori che votarono per lui soprattutto per non appoggiare Hillary Clinton, e che questo abbia in qualche modo “gonfiato” il suo reale consenso.

Anche il calendario non gioca in favore di Sanders. Biden è nettamente favorito anche nei quattro stati molto popolosi e quindi ricchi di delegati che voteranno martedì 17 marzo: Florida, Ohio, Illinois e Arizona.

In Florida, uno stato dove fino a poche settimane fa sembrava esserci una competizione a tre fra Biden, Sanders e Michael Bloomberg, dopo il ritiro dell’ex sindaco di New York Biden ha un vantaggio di circa 37 punti nei sondaggi. Il Washington Post ha stimato che un margine del genere potrebbe garantire a Biden circa 90 delegati in più di Sanders, soltanto in quello stato: significa che in un solo colpo Biden annullerebbe di fatto la vittoria di Sanders in California durante il Super Tuesday, lo stato più popoloso che ha votato fin qui, in cui Sanders ha ottenuto 60 delegati in più di Biden.

Biden è messo molto bene anche negli altri stati in cui si voterà a breve. In Ohio è avanti di circa 19 punti rispetto a Sanders, in Illinois di 24, e in Arizona di circa 20. Al momento è molto avanti anche in Georgia (38 punti) e Porto Rico (26 punti), cioè gli altri stati dove si voterà entro marzo.

«Se Biden riuscirà a vincere circa il 60 per cento dei delegati nei prossimi stati – più o meno quanti ne ha vinti in quelli che hanno votato martedì 10 marzo – entro la fine di maggio sarà vicino a ottenere la soglia dei delegati necessari», scrive il giornalista Geoffrey Skelley su FiveThirtyEight: «Il punto è che il piano di Sanders per ottenere la nomination – escludendo che accada qualcosa di davvero inaspettato – è quasi inesistente».