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  • Giovedì 20 febbraio 2020

Il nuovo confronto tv tra i Democratici è stato molto acceso

E tutti hanno attaccato il nuovo arrivato Michael Bloomberg, che non si è difeso benissimo

(Mario Tama/Getty Images)
(Mario Tama/Getty Images)

Mercoledì sera si è tenuto a Las Vegas, in Nevada, il nono dibattito televisivo tra i candidati Democratici alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, previste per il prossimo 3 novembre. Hanno partecipato sei candidati tra cui per la prima volta Michael Bloomberg, imprenditore di successo, ex sindaco di New York e grande finanziatore di cause politiche vicine al partito che sta cercando di vincere le primarie con una strategia anticonvenzionale e con il dispiego del suo enorme patrimonio.

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Bloomberg è stato al centro delle critiche della maggior parte degli avversari – a partire da quelle di Elizabeth Warren, la più combattiva di tutti – distogliendo l’attenzione da Bernie Sanders, primo nella maggior parte dei sondaggi nazionali, vincitore delle primarie del New Hampshire e favorito per i caucus del Nevada, che si terranno sabato 22 febbraio.

Dopo otto dibattiti piuttosto pacati e rispettosi, questa volta i candidati si sono scontrati e attaccati ferocemente: Pete Buttigieg e Amy Klobuchar devono contendersi la sopravvivenza, Warren doveva riprendersi la scena dopo i deludenti risultati in Iowa e New Hampshire e tutti volevano contrastare l’ascesa di Bloomberg, soprattutto in vista del Super Tuesday, cioè martedì 3 marzo, quando si voterà in quattordici stati contemporaneamente.

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Il tono battagliero del dibattito è stato introdotto subito da Warren, che ha paragonato Bloomberg al presidente Donald Trump: «Vorrei parlare un attimo di chi stiamo cercando di sconfiggere: un miliardario che chiama le donne grassone e lesbiche dalla faccia da cavallo. Non sto parlando di Donald Trump ma del sindaco Bloomberg». Per tutto il tempo Warren ha cercato di dipingere Bloomberg come un sessista, criticandolo anche per gli accordi di riservatezza con cui chiuse diverse accuse di molestie verbali e discriminazioni nelle sue aziende. La strategia ha pagato e un suo assistente ha scritto su Twitter che alla fine del dibattito aveva raccolto 425mila dollari di donazioni in 30 minuti: «Se questo dibattito non la fa andare meglio nei sondaggi, è improbabile che riesca a farlo un altro», ha commentato il New York Times.

Con pari energia Sanders ha accusato Bloomberg di essere un razzista e di aver favorito, quand’era sindaco di New York, la discriminazione razziale con la pratica dello “stop and frisk”, che permetteva agli agenti di polizia di fermare e perquisire chiunque considerassero sospetto, quindi soprattutto ragazzi afroamericani e di origine latina. Anche Joe Biden ha cercato di riconquistare vigore criticando Bloomberg per non essere stato un bravo sindaco e di essere, sostanzialmente, un Repubblicano. Bloomberg, al suo primo dibattito, non è riuscito a difendersi adeguatamente, apparendo a disagio e incerto. Alcuni commentatori hanno notato che i suoi momenti migliori sono arrivati quando era sotto attacco Sanders.

Sanders, che ha quasi 78 anni come Bloomberg, ha decisamente beneficiato della sua presenza, finendo per ricevere critiche poco pungenti. Warren ha detto che il suo piano sanitario è irrealistico, Buttigieg lo accusato di avere sostenitori online eccessivamente aggressivi e Bloomberg ha sottolineato che le sue idee socialiste lo rendono un debole avversario di Trump.

Lo scambio di battute con Bloomberg è tra i suoi momenti più vivaci della serata: dopo aver risposto a una domanda sulla sua salute per un infarto avuto in autunno, Sanders ha ricordato che Bloomberg ne aveva avuti due, Bloomberg ha risposto che era successo vent’anni fa. Alle accuse di Sanders di essere miliardario, Bloomberg ha risposto di non vergognarsi della sua ricchezza e Sanders ha ricordato che era costruita sulla fatica di altri lavoratori. Bloomberg ha punto Sanders sul personale ricordando che è un milionario – «Il nostro è un paese meraviglioso: il socialista più famoso è un milionario con tre case» – e Sanders gli ha risposto: «E tu quale paradiso fiscale chiami casa?». Come scrive il New York Times, può non essere stato il dibattito migliore di Sanders, ma non ne è uscito particolarmente scalfito e potrebbe essere sufficiente per mantenere la situazione favorevole.

L’altra partita della serata si è giocata tra Buttigieg e la Klobuchar, che alle primarie del New Hampshire aveva ottenuto il risultato più sorprendente arrivando al terzo posto. Buttigieg e Klobuchar parlano allo stesso elettorato: sono entrambi Democratici progressisti del Midwest, più moderati rispetto a Warren e Sanders, e l’obiettivo di entrambi è raccogliere tutti i voti disponibili sottraendoli all’altro. I loro accesi botta e risposta hanno fatto scrivere al New York Times che sembrava quasi che volessero farsi fisicamente del male sul palco.

Entrambi hanno cercato di svilire l’esperienza e la competenza dell’altro, a un certo punto Buttigieg ha definito Klobuchar incompetente perché non ricordava il nome del presidente del Messico al che lei ha risposto: «mi stai dando della scema?» e «vorrei che fossero tutti perfetti come te, Pete». Al termine del dibattito i due non si sono stretti la mano, come fanno abitualmente i candidati (era già successo tra Sanders e Warren). Secondo il New York Times, non c’è stato un vincitore chiaro, anzi è possibile che ne siano usciti entrambi indeboliti.