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  • Martedì 7 gennaio 2020

No, la prima ministra finlandese non vuole ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni

Contrariamente a quanto avete letto negli ultimi giorni sui giornali: era solo un'idea avanzata prima che entrasse in carica

(AP Photo/Francisco Seco)
(AP Photo/Francisco Seco)

Negli ultimi giorni diversi giornali italiani e internazionali hanno scritto che la nuova prima ministra finlandese Sanna Marin – che ha 34 anni, guida una coalizione di centrosinistra ed è entrata in carica a dicembre – avrebbe proposto di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni, e la giornata lavorativa a sei ore anziché otto, a parità di stipendio. L’idea di ridurre ulteriormente il tempo che nei paesi occidentali viene dedicato al lavoro non è nuova ed è legittimata da studi e sperimentazioni in giro per il mondo, ma nel caso della Finlandia non si realizzerà a breve: la notizia, infatti, è falsa.

Marin si era limitata ad avanzare l’idea durante un congresso per festeggiare il 120 anni del suo partito, il Partito Socialdemocratico, tenuto a metà agosto (quindi diversi mesi prima che lei diventasse primo ministro). In quell’occasione Marin aveva ipotizzato che una settimana lavorativa da quattro giorni – oppure una giornata lavorativa da sei ore – «potrebbero essere il passo successivo», e che «le persone si meritano di passare più tempo coi propri familiari, coi propri cari, e ad occuparsi di altre cose come le attività culturali». Marin lo aveva anche twittato, chiarendo però che le due idee – ridurre la settimana o la giornata lavorativa – erano una alternativa all’altra, e non erano combinate come hanno lasciato intendere alcuni giornali negli ultimi giorni.

Da quando è entrata in carica, Marin non ha più parlato pubblicamente dell’idea né ha proposto ufficialmente di realizzarla. Della misura non c’è traccia neppure nel programma di governo della coalizione, come ha fatto notare lo stesso governo finlandese su Twitter.

Il sito di news News Now Finland ha ricostruito che la notizia era circolata sui giornali di mezzo mondo dopo che il 2 gennaio era stata rilanciata dal magazine New Europe, in un articolo che conteneva diverse imprecisioni. L’autore di un un articolo del Guardian sulla vicenda si è scusato per aver lasciato intendere che la proposta esistesse davvero.

In molti paesi si discute da tempo sull’opportunità di rivedere gli orari lavorativi – una battaglia storica dei partiti di sinistra – ma il confronto politico e sindacale per ora non ha portato a cambiamenti significativi. In attesa di indicazioni più chiare o leggi che modifichino l’organizzazione del lavoro, alcune aziende stanno sperimentando soluzioni alternative: l’ultima di cui si è parlato in ordine di tempo è stata la divisione giapponese di Microsoft, che riducendo la settimana lavorativa a quattro giorni ha ottenuto di recente un notevole aumento della produttività. Nel Regno Unito si parla da tempo della possibilità di ridurre a quattro giorni la settimana lavorativa, una proposta che trova favorevoli i principali sindacati e parte del Partito Laburista, che ha anche commissionato uno studio su questa possibilità.

La riduzione dell’orario lavorativo porta con sé comunque qualche preoccupazione, per esempio sul rischio che le giornate lavorative diventino molto più intense e stressanti per completare in minor tempo una mole comunque consistente di lavoro. Potrebbero inoltre esserci rischi per gli impiegati, con le aziende che potrebbero utilizzare la scusa delle minore ore lavorate per ridurre sensibilmente gli stipendi.

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