Il Tribunale di Roma ha ordinato a Facebook di riattivare la pagina di CasaPound

Perché l'esclusione da Facebook viola il principio del "pluralismo dei partiti"

Un momento della manifestazione di Casapound nel quartiere di Pietralata, Roma 6 ottobre 2018 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
Un momento della manifestazione di Casapound nel quartiere di Pietralata, Roma 6 ottobre 2018 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Il Tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso presentato da CasaPound e ordinato a Facebook di riattivare la pagina del movimento, cancellata lo scorso 9 settembre. Nella sentenza, riportata dal giornale online Il Primato Nazionale, la decisione è spiegata con la seguente motivazione:

«È infatti evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento. Ne deriva che il rapporto tra Facebook e l’utente che intenda registrarsi al servizio (o con l’utente già abilitato al servizio come nel caso in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto Facebook, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che Facebook, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finchè non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente. Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto Facebook ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano l’accesso al proprio servizio».

Nella sentenza, firmata dal giudice Stefania Garrisi, si ordina anche a Facebook la riattivazione del profilo personale di Davide Di Stefano, uno dei leader di CasaPound, in quanto amministratore della pagina. Facebook è stata inoltre condannata a pagare 15mila euro per le spese processuali, ed è stata fissata una penale di 800 euro per ogni giorno di violazione dell’ordine.

A settembre Facebook aveva annunciato di aver cancellato decine di pagine e profili legati a CasaPound e Forza Nuova, i due più importanti partiti neofascisti in Italia, e aveva motivato la decisione dicendo che «le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram». Secondo Facebook gli account cancellati violavano le regole sulla diffusione di contenuti pericolosi e per questo non potevano essere più presenti su Facebook o Instagram, i due più importanti social network di proprietà della società. Tra le pagine cancellate c’era la pagina Facebook principale di CasaPound, quelle delle sue organizzazioni locali e le pagine personali di molti suoi militanti.

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Una precedente versione di questo articolo riportava che Il Primato Nazionale fosse l’organo ufficiale di CasaPound. Pur esprimendo spesso posizioni vicine a quelle di CasaPound, la testata è indipendente.