Si vota in Polonia

Il partito di estrema destra Diritto e Giustizia, attualmente al governo, è il favorito: e la Chiesa sta facendo apertamente campagna elettorale in suo favore

Una marcia riparatrice contro i Pride e a favore della famiglia cosiddetta tradizionale, Nowy Sacz, Polonia, 6ottobre 2019 (Omar Marques/Getty Images)
Una marcia riparatrice contro i Pride e a favore della famiglia cosiddetta tradizionale, Nowy Sacz, Polonia, 6ottobre 2019 (Omar Marques/Getty Images)

In Polonia domenica 13 ottobre si vota per le elezioni parlamentari. Le elezioni serviranno a rinnovare – al termine naturale della legislatura in corso, cominciata nel 2015 – i 460 seggi della Camera bassa (Sejm) e i 100 seggi del Senato. Secondo i sondaggi la coalizione formata dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), già vincitore delle ultime elezioni e sostenuto esplicitamente dalla Chiesa, è in netto vantaggio. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 21. Oltre 30 milioni di cittadine e cittadini avranno diritto di voto.

A che punto siamo
Dal 2015 il governo polacco è guidato da Diritto e Giustizia (PiS), un partito di destra radicale e populista che ha promosso nel giro di pochissimo tempo diverse leggi che di fatto hanno trasformato la Polonia in uno Stato semi-autoritario.

Il governo è riuscito ad approvare una legge restrittiva sui mezzi di informazione, a proporre un divieto quasi totale sulle interruzioni di gravidanza (poi ritirato dopo le enormi proteste di piazza dei movimenti femministi) e ad appoggiare una riforma della Corte Costituzionale considerata così sbilanciata che ha costretto la Commissione europea a intervenire. Una delle figure più rilevanti del partito (e di tutta la politica nazionale) è Jarosław Kaczyński, che però non ha alcun incarico di governo.

Sulla scia di un crescente nazionalismo, accompagnato da una crescita economica che è tra le più veloci dell’Unione, alle elezioni europee dello scorso maggio Diritto e Giustizia ha ottenuto più del 45,4 per cento.

Le coalizioni e i sondaggi
Le principali coalizioni che si presenteranno alle elezioni sono cinque: Destra Unita, di  cui fanno parte il PiS e altri partiti minori, sempre di destra, che sostengono il governo; Coalizione Civica, il cui partito principale è Piattaforma Civica (PO), liberale e moderato, fondato dall’attuale presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, a cui si sono aggiunti i Verdi; Lewica, coalizione di sinistra di cui sono entrati a far parte anche i socialdemocratici; Coalizione Polacca, insieme di partiti di ispirazione europeista e cristiano-popolare; una confederazione di piccoli partiti nazionalisti e di estrema destra. Il sistema elettorale polacco prevede una soglia di sbarramento fissata al 5 per cento per i singoli partiti e all’8 per cento per le coalizioni.

Gli ultimi sondaggi dicono che solo tre coalizioni riuscirebbero a superare la soglia di sbarramento dell’8 per cento: Destra Unita che è tra il 42 e il 49 per cento, Coalizione Civica data tra il 24 e il 29, e Lewica che otterrebbe tra il 12 e il 13 per cento.

La Chiesa
La Polonia è considerata uno dei paesi più cattolici d’Europa. La Chiesa cattolica ha avuto un ruolo decisivo nel plasmare l’identità nazionale e durante il comunismo è stata uno dei primi bastioni di resistenza contro il dominio sovietico. Papa Giovanni Paolo II, il primo papa polacco, diventato santo nel 2014, è venerato sia come autorità morale sia per la sua opposizione al comunismo. In Polonia ancora oggi non avviene nessuna cerimonia pubblica a cui non sia presente almeno un membro del clero, e il partito di governo Diritto e Giustizia usa la propria alleanza con la Chiesa per legittimare il proprio potere. «Chi alza una mano contro la Chiesa, per distruggerla, alza una mano contro la Polonia», aveva detto Kaczyński lo scorso maggio durante un comizio elettorale per le europee, aggiungendo che non può esistere la Polonia senza la Chiesa.

La maggior parte dei vescovi polacchi, così come molti sacerdoti, sostiene apertamente il PiS, che si è elevato a difensore dei valori cattolici tradizionali e ha preso posizioni radicali e violente contro la libertà delle donne, contro il divorzio e contro le persone LGBTQI: mentre l’arcivescovo di Cracovia parlava di «peste arcobaleno», Kaczyński ha definito i Pride dei «teatrini itineranti» che minacciano l’identità nazionale» e ha appoggiato lo scorso 5 e 6 ottobre le manifestazioni di estrema destra che si sono svolte in tutto il paese contro le persone non eterosessuali. Qualche settimana fa Kaczyński ha presentato il programma elettorale della propria coalizione parlando di dignità umana, precetti cristiani e modelli familiari tradizionali; ha parlato contro l’eutanasia, l’aborto e la cosiddetta “ideologia gender”.

Sui diritti civili, uno dei temi principali della campagna elettorale, le principali coalizioni all’opposizione hanno invece proposto di legalizzare le unioni civili, di liberalizzare la vendita di anticoncezionali, di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole e di rimborsare la fecondazione in vitro. La coalizione Lewica ha anche proposto di “tassare la Chiesa” ed eliminare dalle scuole le lezioni di religione. Qualche giorno fa in una nota ufficiale i vescovi polacchi hanno fatto sapere quali devono essere per loro, invece, le principali caratteristiche del candidato alle elezioni politiche: «Rettitudine morale, competenze nell’ambito della vita politica e civile, testimonianza di vita in famiglia». Pur ammettendo «la legittima diversità delle opinioni», hanno scritto che «il pluralismo non equivale al relativismo morale» e che dunque i cattolici «non possono sostenere dei programmi che favoriscano l’aborto, cerchino di ridefinire l’istituto del matrimonio, tentino di limitare i diritti dei genitori nell’ambito della responsabilità per l’educazione dei figli». Né possono scegliere un «candidato che esprima opinioni suscettibili dal punto di vista morale e rischiose dal punto di vista politico». Dopo aver citato «il bene della patria», il comunicato avverte che «nulla, al di fuori delle circostanze eccezionali, può giustificare l’assenza dei cattolici nelle questioni pubbliche».