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  • Mercoledì 4 settembre 2019

La Camera dei Comuni britannica ha approvato la legge per impedire il “no deal”

E ha bocciato la proposta di Boris Johnson di andare a elezioni anticipate: ora per il governo si mette male

Boris Johnson (diretta dal Parlamento britannico)
Boris Johnson (diretta dal Parlamento britannico)

Mercoledì sera la Camera dei Comuni britannica, la camera bassa del Parlamento del Regno Unito, ha votato e approvato la legge che costringe il governo a chiedere all’Unione Europea di rimandare la scadenza di Brexit, fissata per il 31 ottobre: cioè che impedisce il cosiddetto “no deal”, l’uscita senza accordo del Regno Unito dall’Unione Europea, scenario considerato catastrofico da molti. La legge è stata votata dalle opposizioni e dai parlamentari conservatori “ribelli”, poco più di una ventina, nonostante la netta opposizione del governo guidato da Boris Johnson. I voti a favore sono stati 327, quelli contrari 299.

Per entrare in vigore, la norma deve superare ancora due passaggi: l’approvazione della Camera dei Lord (la camera alta del Parlamento), dove è già iniziata la discussione degli emendamenti con tempi previsti piuttosto lunghi, e la firma della Regina. L’opposizione, guidata dal Partito Laburista di Jeremy Corbyn, spera che entrambi i passaggi vengano completati entro la fine di questa settimana, cioè prima dell’inizio delle cinque settimane di sospensione del Parlamento decise da Johnson e ampiamente criticate.

Dopo il voto di mercoledì sera, Johnson è intervenuto in Parlamento criticando in maniera molto dura la legge, sostenendo che avrà l’effetto di togliere qualsiasi potere negoziale del Regno Unito nei colloqui su Brexit con l’Unione Europea. Johnson ha inoltre proposto di convocare elezioni anticipate per il 15 ottobre, una possibilità di cui si parlava da settimane. La proposta però non è passata: ha ottenuto 298 voti a favore e 56 contrari, ma per essere approvata serviva la maggioranza di due terzi dei parlamentari, cioè 434 voti. Il Partito Laburista si è astenuto: Corbyn ha detto infatti che appoggerà le elezioni anticipate ma solo dopo che la legge che impedisce il “no deal” avrà completato il suo iter e sarà firmata dalla Regina.

Quelle di stasera sono state due sconfitte molto dure per il governo Johnson, e non sono state le prime. Martedì il Parlamento aveva votato per prendere il controllo dell’agenda su Brexit (decidere quando e cosa votare), sottraendolo proprio al governo grazie ai voti delle opposizioni e dei parlamentari conservatori “ribelli”. Johnson aveva perso anche la maggioranza, che si reggeva su un solo voto.

Anche se la legge votata oggi dovesse entrare in vigore, il Parlamento britannico non avrebbe la sicurezza di evitare il “no deal”, per due ragioni. La prima è che Johnson potrebbe ignorare l’indicazione di non accettare a nessun costo il “no deal”, uno scenario che è stato ipotizzato per esempio dal ministro conservatore Michael Gove. La seconda, più importante, è che affinché non avvenga il “no deal” l’Unione Europea deve accettare di rimandare nuovamente la scadenza di Brexit, e per ora non sembra intenzionata a farlo.

Negli ultimi mesi l’Unione Europea ha ripetutamente detto di non avere intenzione di modificare l’accordo trovato con il governo di Theresa May, accordo bocciato tre volte dal Parlamento britannico. I negoziatori europei hanno inoltre chiarito di non voler cambiare il “backstop“, il meccanismo che serve a evitare la creazione di un confine rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord, e il punto più criticato dai Conservatori. Considerata la situazione di stallo attuale, e la mancanza di qualsiasi tipo di proposta alternativa da parte del Regno Unito, non è chiaro come il governo Johnson potrà convincere l’Unione Europea a rimandare la scadenza di Brexit. Se l’Unione Europea non dovesse cambiare idea, il “no deal” avverrà in ogni caso, indipendentemente dalla volontà del Parlamento e del governo britannico.