Netflix deve ancora trovare la giusta idea per fare i talk show

Per via dello stretto legame con l'attualità fa fatica a produrne di successo, ma c'è qualche eccezione

Una scena di Non c'è bisogno di presentazioni - Con David Letterman
(Netflix)
Una scena di Non c'è bisogno di presentazioni - Con David Letterman (Netflix)

Il New York Times ha raccontato i complicati tentativi di Netflix di produrre talk show di successo, come è già riuscito a fare per qualsiasi cosa riguardi la tv, dalle serie ai film, dai documentari ai reality show. Nel caso dei talk show Netflix non è ancora riuscito a trovare la giusta formula, come dimostra la chiusura di tre programmi del genere negli ultimi due anni prodotti negli Stati Uniti: The Break With Michelle Wolf, The Joel McHale Show With Joel McHale e Chelsea. Altri due — Norm Macdonald Has a Show e The Fix – stanno continuando ma non sembrano particolarmente seguiti (Netflix non diffonde dati sugli ascolti: ci si deve affidare ai commenti sui social network e alla decisione da parte della società di confermarli o meno). Netflix Italia distribuisce alcuni di questi talk show ma non ne produce.

Quando si parla di talk show negli Stati Uniti non si intende un programma in cui politici avversari discutono e si azzuffano – non esistono programmi così da quelle parti – ma programmi in cui qualcuno (l’host) parla con ospiti intervistandoli uno per volta. Il problema fondamentale è la natura stessa del talk show, cioè il fatto che serva a commentare la stretta attualità e che sia fondato sull’abitudine degli spettatori a seguirlo: due cose in contrasto con la filosofia dei servizi on demand come Netflix, che fanno affidamento sul cosiddetto binge-watching – cioè sulla visione vorace e compulsiva – di prodotti senza tempo.

Il talk show invece è un programma pensato per l’oggi che scade nel giro di pochi giorni. Per questo i pochi che hanno funzionato su Netflix hanno ospiti o conduttori molto interessanti che vale la pena sentire anche a distanza di giorni, o approfondiscono un argomento attuale ma non troppo legato ai fatti del giorno. Brandon Riegg, vicepresidente di Netflix per la non-fiction e gli speciali comici, ha spiegato che «la tempestività del genere è una sfida per noi in quanto servizio on-demand. Abbiamo lavorato con molti artisti di talento per realizzare i primi talk show in streaming e anche se alcuni sono stati chiusi speriamo che tutti i coinvolti si sentano fieri di quello che hanno creato».

Un’altra difficoltà è stato il numero limitato di episodi previsto per ogni talk-show, come i dieci concessi a quello di Wolf prima che venisse cancellato. Quelli che fanno grandi numeri in tv li fanno perché diventano un’abitudine quasi automatica di chi li guarda, cosa che richiede tempo e continuità. Gavin Purcell è un produttore che ha lavorato al talk show in streaming della comica Sarah Silverman per la piattaforma Hulu (cancellato dopo 21 episodi) e a quello del celebre Jimmy Fallon su NBC; al New York Times ha spiegato che «un talk show è un fatto di abitudine […] Con Fallon non abbiamo cercato di ottenere spettatori ogni sera; se li portiamo da noi due o tre volte a settimana è una vittoria. Vogliamo che Jimmy faccia parte della loro vita».

Tra i talk show che hanno funzionato su Netflix finora c’è Patriot Act With Hasan Minhaj (Patriota indesiderato con Hasan Minhaj, su Netflix Italia), che quest’anno ha vinto un Peabody Award (un premio internazionale consegnato alle migliori trasmissioni radiofoniche e televisive): è strutturato in puntate tematiche a cadenza settimanale, cosa che consente di affrontare temi generali che possono interessare anche a distanza di tempo. Sono andati bene anche My Next Guest Needs No Introduction With David Letterman (Non c’è bisogno di presentazioni, su Netflix Italia), per via di David Letterman – uno dei più famosi conduttori di talk show di sempre – e degli ospiti straordinariamente importanti, come l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il musicista Kanye West e la famosa conduttrice Ellen DeGeneres; e Comedians in Cars Getting Coffee, dove il comico Jerry Seinfeld – amato autore comico e protagonista della serie tv Seinfeld – incontra ogni volta un comico diverso e passa un po’ di tempo parlando con lui del più o del meno in un contesto molto informale. Il programma – inizialmente prodotto dal servizio streaming Crackle e poi comprato da Netflix – è fatto di chiacchiere, come tutti i talk show, ma è slegato dall’attualità ed è interessante a distanza di tempo grazie agli ospiti, al conduttore importante e al divertimento che offre.

Secondo lo storico dello spettacolo Kliph Nesteroff, i servizi streaming sono alle prese con le stesse difficoltà incontrate nei primi giorni della tv, quando i programmi radiofonici vennero trasferiti su un nuovo mezzo: quelli che rimasero identici – limitandosi a filmare un programma radio e a trasmetterlo in tv – scomparirono mentre divennero amati e popolari quelli che seppero reinventarsi, facendo leva soprattutto su invenzioni visive che sfruttavano le nuove potenzialità della tv.