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  • Domenica 7 luglio 2019

Guida alle elezioni in Grecia

Gli exit poll dicono che Nuova Democrazia avrà la maggioranza assoluta in parlamento e quindi che Kyriakos Mitsotakis sarà il prossimo primo ministro

Kyriakos Mitsotakis (AP Photo/Petros Giannakouris)
Kyriakos Mitsotakis (AP Photo/Petros Giannakouris)

In Grecia i seggi per le elezioni politiche hanno chiuso alle 19 locali (le 18 in Italia) e il partito di centrodestra Nuova Democrazia è dato dagli exit poll al 38-42 per cento, mentre Syriza di Tsipras è dato al 26,5-30,5 per cento. La vittoria del centrodestra era attesa ed era stata anticipata dai sondaggi: questo risultato dovrebbe dare a Nuova Democrazia la maggioranza assoluta in parlamento e permetterebbe al leader del partito Kyriakos Mitsotakis di diventare il prossimo primo ministro, al posto di Alexis Tsipras.

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I sondaggi davano già il partito di Mitsotakis, Nuova Democrazia (ND), in testa di circa dieci punti, con una percentuale di consensi tra il 35 e il 40 per cento. Sarebbe un risultato simile a quello ottenuto da ND alle ultime elezioni europee, lo scorso 26 maggio, quando raccolse oltre il 33 per cento dei voti, superando Syriza di dieci punti. La sconfitta aveva spinto il primo ministro Tsipras ad anticipare a luglio le elezioni inizialmente fissate per l’autunno.

Le ultime elezioni politiche in Grecia si erano tenute nel 2015, e Syriza le aveva vinte con il 36 per cento dei voti. Alexis Tsipras aveva promesso ai greci la fine delle misure di austerità e la rinegoziazione delle durissime condizioni imposte al paese dai suoi creditori, dopo una durissima crisi economica e un enorme buco di bilancio creato dai governi precedenti. Il suo linguaggio radicale e la presenza di numerosi esponenti della sinistra estrema nel partito fecero temere a molti che il governo stesse preparando il paese all’uscita dall’euro. Già nei primi mesi del suo mandato, però, Tsipras aveva mostrato un certo realismo cedendo alle pressioni dei creditori e finendo con l’accettare un prestito internazionale a condizioni dure quasi quanto le precedenti. In seguito Tsipras aveva allontanato dal suo governo gli elementi più radicali, come l’allora ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, e ha adottato quasi del tutto i nuovi tagli di spesa e gli aumenti di tasse richiesti dai creditori.

Nell’ultimo periodo il governo Tsipras ha anche superato gli obiettivi dei creditori, promettendo di raggiungere un surplus primario (cioè incassare più di quanto spende al di là degli interessi sul debito) pari al 3,5 per cento, un livello altissimo e praticamente senza precedenti nella storia del mondo industrializzato. Oggi Tsipras viene definito dai principali leader europei, tra cui la cancelliera tedesca, un leader affidabile e un buon partner nei negoziati.

Con il denaro risparmiato e la credibilità ottenuta con i propri creditori, Tsipras e il suo governo sono riusciti negli anni ad approvare una serie di misure redistributive, destinate in particolare ai pensionati, ai più poveri, ma anche agli investitori. Queste misure, arrivate pochi mesi prima delle elezioni, sono state definite da molti insufficienti in un paese dove il PIL pro capite è calato di quasi un quarto rispetto all’inizio della crisi, e dove il 15 per cento degli abitanti vive in condizioni di povertà estrema.

Tra i pochi successi raggiunti da Tsipras negli ultimi anni c’è la soluzione di una lunghissima disputa diplomatica con il suo vicino settentrionale, il paese un tempo conosciuto come Repubblica Jugoslava di Macedonia. In seguito all’accordo, la Macedonia ha preso il nome di Macedonia Settentrionale e la Grecia ha rimosso il veto che aveva posto fino ad allora al suo ingresso nella NATO.

Questa decisione però, pur essendo un successo molto apprezzato a livello internazionale, ha finito con il causare nuovi guai a Tsipras e Syriza sul fronte interno. In seguito all’accordo, infatti, i Greci Indipendenti (ANEL) – il partito di destra nazionalista che garantiva a Syriza la maggioranza in Parlamento – hanno abbandonato il governo, che è riuscito a conservare la maggioranza solo grazie alla defezione di alcuni parlamentari (ANEL è poi di fatto scomparso alle elezioni europee, ottenendo meno dell’1 per cento dei voti).

Gli scontri e le polemiche interne che più hanno danneggiato la maggioranza sono probabilmente però quelli iniziati in seguito alle scelte economiche di Tsipras. Negli ultimi quattro anni Syriza ha perso vari pezzi, e alle ultime elezioni europee la sinistra si è presentata divisa e incapace di dettare l’agenda politica. Diversi partiti nati dalle scissioni di Syriza si sono presentati lo scorso 26 maggio e, anche se nessuno di loro ha ottenuto risultati spettacolari, hanno contribuito alla perdita di voti del partito.

Quasi il 5 per cento dei voti in totale, per esempio, è andato direttamente ai due partiti scissionisti di Syriza: la formazione transnazionale dell’ex ministro Varoufakis e un altro gruppo di dissidenti di sinistra. Un altro 5 per cento dei voti è andato al Partito Comunista Greco, rimasto sempre all’opposizione anche durante il governo di Syriza. Infine, la nuova coalizione di centrosinistra KINAL, di cui fa parte anche lo storico partito socialdemocratico PASOK, per decenni egemone nel paese, ha ottenuto quasi l’8 per cento dei voti.

Chi ha approfittato delle divisioni della sinistra e in particolare delle difficoltà di Syriza è stata la principale formazione di centrodestra, Nuova Democrazia, il partito che aveva contribuito a inguaiare la Grecia arrivando a truccare i conti, per poi guidarla negli anni più gravi della crisi, gestendo le prime e più dolorose misure di austerità e venendo duramente sconfitto proprio da Tsipras nel 2015. Dopo gli eventi convulsi di quell’estate (con il referendum sull’austerità vinto dai “no” alle richieste dei creditori e il successivo “tradimento” di Tsipras), ND si è ripreso molto in fretta. Nel gennaio del 2016, a un anno esatto dalla vittoria di Tsipras, ND ha eletto un suo nuovo leader e i sondaggi hanno iniziato a dare per la prima volta il partito in vantaggio rispetto a Syriza, una posizione che da allora non ha più abbandonato.

Il nuovo leader è Kyriakos Mitsotakis, esponente di una delle famiglie più ricche e potenti della Grecia. I Mitsotakis-Venizelos sono infatti una dinastia di armatori greci che ha già espresso tre primi ministri, numerosi ministri, parlamentari e governatori regionali. Mitsotakis e Tsipras non potrebbero essere più diversi, come ha ricordato il settimanale tedesco Spiegel: mentre il primo studiava nel prestigioso Collegio di Atene per poi concludere i suoi studi ad Harvard e Stanford negli Stati Uniti, Tsipras – figlio di una famiglia della classa media – frequentava le scuole pubbliche e negli anni Novanta era un giovane iscritto del partito comunista che protestava contro la riforma dell’università promossa dal padre di Mitsotakis.

Dopo la laurea Mitsotakis ha lavorato per alcune banche e altre società finanziarie internazionali, tra cui la discussa società di consulenza McKinsey. Nei primi anni Duemila ha abbandonato il settore privato ed è entrato in politica. Nel 2013 è stato nominato ministro della Riforma della pubblica amministrazione nel governo Samaras, quello che aveva il difficile compito di implementare le più dure misure di austerità richieste dai creditori e che fu sconfitto da Tsipras nel 2015.

Nel corso della campagna elettorale, Mitsotakis ha puntato sui temi classici del centrodestra: ha proposto come sua principale misura per il futuro un massiccio taglio di tasse alle imprese e agli investitori. In particolare, ha promesso che la principale tassa sulle imprese passerà dal 28 al 20 per cento, mentre quella sui redditi frutto di dividendi azionari, pagata quasi esclusivamente dai più ricchi e che in Italia è fissata al 26 per cento, sarà dimezzata, passando dal 10 al 5 per cento (Tsipras l’aveva già abbassata dal 15 al 10 per cento lo scorso gennaio).

Mitsotakis si è spesso presentato come l’avversario dei “populisti”, di cui Tsipras sarebbe secondo lui il principale rappresentante in Grecia, e ha annunciato che la sua vittoria segnerà per tutta Europa l’inizio dell’epoca “post-populista”. Lui stesso però in alcune occasioni ha fatto ricorso a tattiche abbastanza spregiudicate. Sulla questione della Macedonia Settentrionale, per esempio, ha approfittato delle debolezze di Tsipras per criticare l’accordo raggiunto e presentarsi come un difensore del nazionalismo greco, riuscendo così a trasformare gran parte della campagna per le europee in un dibattito sulla questione macedone (non sembra però realmente intenzionato a riaprire la questione in caso di vittoria alle elezioni).

Mitsotakis, inoltre, non è un sostenitore dei creditori della Grecia, anzi. Ha attaccato Tsipras per essersi piegato troppo alle loro richieste e ha promesso che, in caso di vittoria, tornerà a trattare ottenendo migliori condizioni e reinvestendo il denaro ottenuto in un massiccio taglio di imposte.