Una cosa che Amazon non è ancora riuscita a fare

Risposta: un videogioco di successo, nonostante ci stia provando ormai da qualche anno

Amazon è una società enorme e potente: nel 2018 ha prodotto oltre 230 miliardi di dollari di ricavi e la sua attuale capitalizzazione (il valore totale delle sue azioni) è di circa 930 miliardi di dollari. Uno dei settori verso il quale la società ha mostrato più interesse negli ultimi anni è quello dei videogiochi, che ha un valore complessivo di circa 130 miliardi di dollari l’anno: un settore in crescita e in cui ci si attende in futuro un grande cambiamento che, per farla breve, riguarderà soprattutto la grande diffusione dei giochi in streaming, magari con un abbonamento mensile, invece dei classici giochi da scaricare o dei CD/DVD/BluRay da acquistare.

Ha quindi una certa logica che, dopo aver fatto qualcosa di simile nel cinema e nello streaming di contenuti audiovisivi, Amazon stia provando a prendersi una fetta il più grande possibile anche di quel settore. Come ha fatto notare il Wall Street Journal, però, sta facendo fatica: «il business dei videogiochi è così competitivo da diventare sfuggente anche per una società piena di soldi come Amazon».

L’articolo del Wall Street Journal racconta che in questi giorni Amazon ha licenziato diverse decine di dipendenti che lavoravano nella sua sezione che si occupa di sviluppo di videogiochi. Amazon non ha comunicato numeri precisi e un suo portavoce ha specificato che si tratta di una riorganizzazione interna; ai dipendenti licenziati sarà trovata una nuova qualifica in altre aree della società.

È però un chiaro segno del fatto che qualcosa non ha funzionato nello sviluppo dei videogiochi e che, almeno per certi versi, Amazon sta provando a ripartire da capo. L’annuncio è arrivato tra l’altro mentre si svolgeva l’E3 di Los Angeles: la principale fiera di videogiochi al mondo, alla quale Amazon non era ufficialmente presente.

Più che nel licenziamento – o nel ricollocamento – di qualche decina di dipendenti, i problemi di Amazon coi videogiochi stanno però in un semplice dato di fatto: la società si interessò seriamente a questo settore nel 2015 ma in questi quattro anni non è ancora riuscita a sviluppare e pubblicare un videogioco davvero di successo; qualcosa che stia a questo settore così come La fantastica signora Maisel e Manchester By The Sea (entrambi prodotti da Amazon) stanno alla serialità televisiva o al cinema.

Amazon Game Studios, la divisione dedicata ai videogiochi, esiste dal 2012, quando si interessò soprattutto a giochi per dispositivi mobili, e dal 2015 si occupa di videogiochi per computer. Ci lavorano circa 800 persone, sparse in tre diversi uffici a Seattle, San Diego e Irvine, in California. A occuparsi di Amazon Game Studios erano stati chiamati quelli che il Wall Street Journal definisce «pesi massimi del settore», solo che nel frattempo alcuni di loro se ne sono andati.

Nel 2016 Amazon annunciò che Amazon Game Studios stava sviluppando tre videogiochi per PC. Uno è nel frattempo stato cancellato e gli altri due sono ancora in fase di sviluppo e non ci sono informazioni su una loro prossima uscita. Il Wall Street Journal ha anche scritto che c’era un quarto gioco, mai discusso pubblicamente, che nel frattempo è stato scartato. Sembra quindi che Amazon abbia rinunciato alla metà dei videogiochi per computer su cui stava lavorando.

Parlando del videogioco cancellato (“Breakaway”, un gioco multigiocatore, mitologico e in terza persona) alcuni dipendenti di Amazon scrissero: «Nonostante i nostri sforzi non siamo riusciti a fare il gioco di svolta che speravamo di poter fare». L’unico videogioco per PC o consolle finora sviluppato e poi venduto da Amazon è The Grand Tour Game, un più semplice gioco di corse automobilistiche per consolle (basato su un omonimo programma prodotto da Amazon) che non ha avuto recensioni particolarmente positive e che, soprattutto, ha venduto poco.

https://twitter.com/PlayTGTGame/status/1087032006158909440

Al momento i due videogiochi su cui la società sta lavorando sembrano essere New World e Crucible. Riguardo al primo, Amazon scrive: «I soldati da soli non bastano per forgiare una nazione. Scegli il tuo ruolo e compi il tuo destino sopravvivendo ai pericoli in agguato nei territori desolati infestati. Supera l’astuzia e la brutalità di centinaia di giocatori avversari mentre stringi alleanze, combatti per il controllo delle risorse e scrivi il capitolo della tua storia nelle cronache di un impero emergente». Riguardo al secondo dice: «È un gioco di fiducia e tradimento in terza persona dove vince chi rimane per ultimo. In ogni partita si scontrano avversari umani e alieni, con armi e abilità uniche, in un rigoglioso mondo extraterrestre. I giocatori stringono e rompono alleanze al volo. Per sopravvivere in Crucible serve un misto di abilità in combattimento, pianificazione strategica e sottigliezza».

Ma il mondo dei videogiochi non è fatto solo dai videogiochi. Per cominciare, ogni videogioco ha bisogno di un motore di gioco che lo faccia funzionare, una sorta di libro su cui scrivere la storia. Il Wall Street Journal spiega che in questi anni Amazon ha puntato molto su un suo motore di gioco che si chiama Lumberyard e che però «non era stato costruito per i giochi multigiocatore che Amazon voleva fare». Alcune persone interne a Amazon Game Studios hanno detto, parlando in forma anonima con il Wall Street Journal, che «provare a fare Breakaway era come guidare un treno mentre le rotaie ancora dovevano essere messere a terra». Sviluppare un proprio motore di gioco è complicato e sebbene alcune grandi aziende abbiano i propri motori di gioco, altre preferiscono pagare per poter usare in licenza i motori di gioco di altri. In altre parole, Amazon ha finora preferito la strada più ripida e lunga: se dovesse riuscire a sviluppare un motore di gioco efficace sarebbe un grande successo, altrimenti dovrebbe cambiare piani e pagare per usare quelli più efficaci usati da altri.

I fatti dicono che finora Amazon sta facendo fatica con i videogiochi, ma è di certo presto per dire che Amazon abbia fallito. Anche perché, come detto, quello dei videogiochi è un settore che nei prossimi anni potrebbe cambiare drasticamente, in modi per certi versi simili a come potrebbe cambiare il contesto dei servizi di contenuti audiovisivi in streaming. Entro fine anno Google lancerà Stadia, un servizio di videogiochi in streaming. Altre aziende come Sony e Microsoft potrebbero fare lo stesso ed è possibile che anche Amazon proverà a fare qualcosa di simile. Al momento, Amazon ha dalla sua Twitch. Il nome forse non dice molto a chi non è pratico di videogiochi, ma è un popolarissimo servizio per trasmettere in diretta streaming quel che si fa. È in gran parte usato per mostrare ad altri il proprio schermo mentre si gioca ai videogiochi, ma se ne fanno anche altri usi. Amazon comprò Twitch nel 2014 per 980 milioni di dollari: l’anno scorso gli utenti l’hanno usato per seguire oltre 500 miliardi di ore di contenuti e Twitch ha avuto 400 milioni di dollari di entrate (il doppio di quelle che aveva quando fu comprato da Amazon).

La storia di Amazon è fatta di tanti successi – «l’azienda è diventata leader nel cloud computing, una delle più grandi case cinematografiche di Hollywood e si sta affermando nella logistica, nella pubblicità e nella salute», scrive il Wall Street Journal – ma non è solo una storia di successi: per esempio Amazon finora non è mai riuscita ad avere successo con un suo smartphone.