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  • Mercoledì 29 maggio 2019

In Israele si torna a votare

Per la seconda volta in pochi mesi, a causa del litigio fra due partiti nella coalizione di Netanyahu

(AP Photo/Sebastian Scheiner)
(AP Photo/Sebastian Scheiner)

Mercoledì sera la Knesset, la camera unica del Parlamento israeliano, ha votato in via definitiva una misura che scioglie il Parlamento stesso e costringerà il paese a tenere le elezioni anticipate, a soli due mesi di distanza dalle ultime. Benjamin Netanyahu, primo ministro uscente con una coalizione di destra, aveva vinto di poco le elezioni di aprile ma a causa di una lunga lite interna alla sua coalizione non è riuscito a mettere insieme una maggioranza. Le nuove elezioni si terranno il 17 settembre. È la prima volta nella storia di Israele che un’elezione non produce alcuna maggioranza.

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I problemi per Netanyahu sono dovuti, almeno apparentemente, alle divergenze fra i partiti che rappresentano la comunità ultra-ortodossa e Israel Beytenu, il partito nazionalista dell’ex ministro alla Difesa Avigdor Lieberman. La questione centrale è un disegno di legge in discussione da diversi anni che obbligherebbe gli ebrei ultra-ortodossi a fare il servizio militare, da cui sono esentati per motivi religiosi. L’elettorato di Israel Beitenu è principalmente laico e favorevole a includerlo nel programma di governo; i partiti ultra-ortodossi, alleati chiave di Netanyahu e rinvigoriti da un discreto successo elettorale, sostengono invece che gli ultra-ortodossi debbano continuare ad essere esclusi dalla leva, che in Israele è obbligatoria.

Secondo il quotidiano Haaretz, però, Lieberman ha forzato la mano a Netanyahu per proporsi come sua alternativa a breve-medio termine. Il primo ministro uscente è da tempo in una posizione molto fragile, tra scandali e inchieste sul suo conto: la questione che tiene in stallo le trattative – cioè il servizio militare degli ultra-ortodossi – sarebbe stata scelta apposta da Lieberman, che in caso di un vuoto di leadership nella destra israeliana potrà sostenere di essersi impuntato per evitare che Netanyahu finisse ostaggio degli ultra-ortodossi.

Netanyahu ha provato fino all’ultimo a raggiungere un compromesso, ma sia Lieberman sia i partiti ultra-ortodossi hanno rifiutato qualsiasi compromesso. In casi del genere, la legge israeliana prevede che il presidente della Repubblica possa incaricare un altro parlamentare di provare a formare una maggioranza: a meno che sia il Parlamento a votare per il suo stesso scioglimento, cosa che è avvenuta stasera.

Netanyahu, fra l’altro, aveva tempo fino a mercoledì sera per formare una maggioranza: quando ha capito che non c’era più margine per trattare, ha preferito appoggiare la misura che scioglieva il Parlamento piuttosto che dare la possibilità al presidente della Repubblica di dare l’incarico a qualcun altro.

Alle elezioni del 9 aprile il Likud aveva ottenuto il 29 per cento dei voti, 7 punti in più rispetto al risultato delle precedenti elezioni, e 35 seggi su 120 alla Knesset. Lo stesso risultato era stato ottenuto dal partito del principale sfidante di Netanyahu, il partito centrista Blu e Bianco dell’ex generale Benny Gantz. L’incarico di formare il nuovo governo era però stato dato a Netanyahu perché sembrava nella posizione migliore per formare una maggioranza, peraltro con gli stessi partiti che l’avevano sostenuto fino a quel momento.