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  • Martedì 28 maggio 2019

In Israele non c’è ancora un governo

Più di un mese dopo le elezioni il primo ministro uscente Netanyahu non ha ancora trovato un accordo con i suoi alleati e ora propone di tornare al voto

Volantini elettorali del Likud, il partito di centrodestra del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu (Amir Levy/Getty Images)
Volantini elettorali del Likud, il partito di centrodestra del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu (Amir Levy/Getty Images)

In Israele sono ancora in corso le trattative per formare un nuovo governo, quasi due mesi dopo le elezioni per rinnovare il Parlamento nazionale, la Knesset. Le elezioni erano state di fatto vinte dal partito del primo ministro Benjamin Netanyahu, Likud, e dai suoi alleati di destra, che però per il momento non sono riusciti a trovare un accordo per formare un nuovo governo.

Alle elezioni del 9 aprile Likud aveva ottenuto il 29 per cento dei voti, 7 punti in più rispetto al risultato delle precedenti elezioni, e 35 seggi su 120 alla Knesset. Lo stesso risultato era stato ottenuto dal partito del principale sfidante di Netanyahu, il Blu e il Bianco dell’ex militare Benny Gantz, ma l’incarico di formare il nuovo governo era stato dato a Netanyahu perché sembrava essere nella posizione migliore per formare una nuova alleanza di governo, con gli stessi partiti che già gli avevano dato la fiducia.

I problemi per Netanyahu sono almeno apparentemente dovuti alle divergenze che ci sono tra alcuni di questi partiti, in particolare tra quelli ultraortodossi e Israel Beitenu, il partito di destra dell’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman. Tra queste due fazioni si sta discutendo di un disegno di legge che eviterebbe agli ebrei ultraortodossi di prestare servizio militare: l’elettorato di Israel Beitenu è principalmente laico e Lieberman vorrebbe invece che anche gli studenti ultra-ortodossi fossero arruolati; i partiti ultra-ortodossi sostengono invece l’esenzione dal servizio militare.

Secondo il quotidiano Haaretz, però, il vero motivo per cui non si sta trovando un accordo sono i timori di Lieberman di partecipare a un nuovo governo con Netanyahu, che pur avendo vinto le ultime elezioni è da tempo in una complicata posizione, tra scandali e inchieste sul suo conto. E la questione che tiene in stallo le trattative – il servizio militare degli ultraortodossi – sarebbe stata scelta apposta da Lieberman, che può sostenere di essersi impuntato per evitare che un futuro governo Netanyahu sia ostaggio degli ultraortodossi. C’è anche la possibilità che, sapendo di essere fondamentale per la formazione della maggioranza, Lieberman stia solo cercando di aumentare il suo peso nel nuovo governo.

Per Netanyahu l’alternativa ai partiti minori con cui era già alleato sarebbe un’alleanza con il partito di Gantz, che ha il suo stesso numero di seggi e con cui arriverebbe alla maggioranza assoluta. Tuttavia, Gantz si è presentato alle elezioni come alternativo a Netanyahu e ha promesso che Il Blu e il Bianco, il suo partito, non farà parte di un governo guidato da un primo ministro incriminato.

Tra due giorni terminerà l’incarico di Netanyahu: se non riuscirà a formare una maggioranza entro la scadenza il presidente Reuven Rivlin potrà conferire un nuovo incarico, ma Netanyahu vorrebbe evitare quest’eventualità, quindi ha proposto una mozione per sciogliere il Parlamento appena eletto e indire nuove elezioni. Haaretz scrive che uno degli scenari più probabili è che la mozione venga approvata dalla maggioranza della Knesset e che si vada nuovamente a votare, mentre viene ritenuto meno probabile un accordo in extremis con i partiti ultra-ortodossi e con Lieberman.