Sulla scheda elettorale delle elezioni europee, il simbolo del Partito Democratico comprenderà anche un quadratino rosso con la sigla PES, che indica una cosa ben precisa: il partito europeo a cui appartiene il PD, cioè il Partito Socialista Europeo. Non ne sentiamo parlare spesso ma i partiti europei hanno una grande influenza sul funzionamento dei lavori nelle istituzioni europee, e semplificando molto li possiamo definire delle piattaforme europee che mettono in collegamento i singoli partiti nazionali che si riconoscono negli stessi valori. Ce ne sono alcuni molto influenti e organizzati, come il Partito Socialista o il Partito Popolare, e altri con un peso minore.
La prima cosa da sapere è che non vanno confusi con i gruppi che siedono in Parlamento Europeo, che spesso vengono formati più in base a esigenze istituzionali che a sensibilità comuni. Il Partito Democratico italiano (PD) fa parte del Partito Socialista Europeo (PES) che al Parlamento Europeo è la principale componente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), di cui fanno parte anche partiti nazionali non affiliati a nessun partito europeo più grande, come il Partito Democratico cipriota e il Partito dell’Armonia Nazionale lettone.
In questa legislatura del Parlamento Europeo i gruppi politici sono otto. Devono essere composti da un numero minimo di 25 deputati e rappresentare almeno un quarto degli Stati membri. Il meccanismo del gruppo politico è stato pensato per semplificare e regolare meglio la vita parlamentare: solo ai partiti iscritti a un gruppo viene garantita la possibilità di portare avanti dossier importanti, di avere la parola nei dibattiti più rilevanti, ma anche solo la disponibilità di un ufficio e di personale pagato dal Parlamento. A volte questi parametri creano gruppi politici un po’ strani, come quello composto dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Indipendentista britannico, che in molti considerano strumentale. Di fatto i gruppi esistono solo all’interno del Parlamento Europeo: nelle altre istituzioni quelli che contano davvero sono i partiti politici transnazionali.
I partiti politici europei operano a livello transnazionale in tutte le istituzioni europee: vengono finanziati dall’Unione Europea e sono gli unici che possono fare campagna elettorale per le elezioni. Al loro interno sono composti da partiti politici nazionali e non da singoli politici. I primi partiti politici europei si formarono in vista delle prime elezioni del Parlamento Europeo nel 1979, per coordinare le campagne elettorali dei partiti nazionali che appartenevano alla stessa famiglia ideologica.
Attualmente i partiti a livello europeo riconosciuti e finanziati dall’Unione Europea sono dieci, ma qui ci occuperemo solo dei principali, che raggruppano i partiti nazionali più grossi e che siedono nei gruppi politici europei più influenti: PPE, PES, ALDE (quello dei liberali), Verdi ed euroscettici.
Il presidente del PPE è il francese Joseph Daul, uno degli uomini più influenti di tutta l’Unione e molto legato alla cancelliera tedesca Angela Merkel (la CDU, il partito di Merkel, è uno dei principali partiti nazionali all’interno del PPE). Molto probabilmente anche a queste elezioni il PPE risulterà il partito europeo più votato, anche se perderà quasi una cinquantina di seggi rispetto al 2014.
Nei mesi scorsi il PPE ha avuto qualche problema con uno dei suoi membri: il partito ungherese Fidesz, quello del primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán. A marzo Fidesz è stato sospeso dopo una serie misure controverse prese dal partito. A Orbán e ai suoi colleghi di partito era stata contestata non solo l’approvazione di leggi sempre più illiberali e antidemocratiche, ma anche una campagna politica finanziata con soldi pubblici che attaccava tra gli altri il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, esponente del PPE al pari di Orbán. Nella pratica significa che Fidesz non potrà più presentare suoi candidati per incarichi di partito, né votare alle assemblee del PPE: ma la decisione potrebbe essere revocata dopo le elezioni, per esempio se otterranno risultati particolarmente positivi i partiti che si stanno spostando su posizioni sempre più radicali come quella di Orbán.
Alla Commissione Europea, il PES ha la seconda delegazione più numerosa di commissari, alcuni dei quali appartengono ai settori politici più strategici: Frans Timmermans, attuale Spitzenkandidat del partito, è il primo vicepresidente della Commissione Juncker mentre Federica Mogherini, la commissaria italiana, esponente del PD, ricopre il ruolo di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, cioè di fatto il ministro degli Esteri dell’Unione Europea.
Invece che un unico Spitzenkandidat per il ruolo di presidente della Commissione Europea, l’ALDE è l’unico partito europeo cha ha deciso di schierare una squadra di sette candidati: ci sono anche la senatrice italiana Emma Bonino, il cui partito +Europa fa parte dell’alleanza liberale, la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager e Verhofstadt, che era stato Spitzenkandidat del partito già nel 2014.
I Verdi europei sono da sempre impegnati sui temi della responsabilità ambientale, la libertà individuale, la democrazia inclusiva, la giustizia sociale, l’uguaglianza di genere, lo sviluppo sostenibile e la non violenza, ma da quando si costituirono come federazione di partiti ambientalisti negli anni Settanta fino alla fondazione del partito vero e proprio nel 2004, le posizioni dei Verdi nei confronti dell’Unione Europea sono cambiate in modo radicale: all’inizio i partiti verdi europei erano generalmente contrari all’integrazione politica ed economica europea, perché si pensava potesse avere effetti negativi sull’ambiente, e chiedevano la formazione di un’Europa alternativa, neutrale e decentralizzata. In seguito si sono spostati verso posizioni sempre più favorevoli, fino a diventare dei sostenitori del federalismo europeo, cioè degli Stati Uniti d’Europa.
Oggi stanno diventando una delle forze più rilevanti e in crescita in diversi paesi europei, soprattutto al nord, in Germania e nei paesi scandinavi: una delle ragioni principali è che a differenza dei socialisti e dei popolari non hanno rincorso i nazionalisti sui temi dell’immigrazione o dell’integrazione europea, ma hanno proposto una strada alternativa, moderata e liberale in economia, che ha portato risultati notevoli alle elezioni regionali in Baviera e in Assia e a quelle nazionali in Lussemburgo.
Come Spitzenkandidaten per la presidenza della Commissione Europea i Verdi hanno nominato la tedesca Ska (diminutivo di Franziska) Keller e l’olandese Bas Eickhout.
E gli euroscettici?
Dal 2014 gli euroscettici hanno fondato un partito politico europeo, il Movimento per un’Europa delle Nazioni delle libertà (MENL), che all’epoca chiedeva l’uscita dei paesi dall’euro e il ritorno alla sovranità economica. Oggi molti di quei partiti, tra cui la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen, sono confluiti dentro all’Alleanza dei popoli e delle nazioni, una coalizione sovranista in vista delle elezioni europee, che molto probabilmente si costituirà come gruppo al prossimo Parlamento Europeo.
Continua sul Post