Che cosa fu “Miami Vice”

30 anni fa andò in onda l'ultimo episodio di una serie che definì l'idea che abbiamo oggi degli anni Ottanta, a suon di motoscafi e completi colorati

(AP Photo/Universal)
(AP Photo/Universal)

Il 21 maggio 1989, trent’anni fa, andò in onda su NBC “Freefall”, l’ultimo episodio di Miami Vice. Durò due ore e chiuse cinque stagioni che non cambiarono tanto la tv quanto l’estetica di un decennio, gli anni Ottanta, il cui immaginario sarebbe rimasto per sempre legato ai colori e allo stile della serie. Mesi dopo, in realtà, furono trasmessi altri quattro episodi di Miami Vice, che per vari motivi non erano stati mandati in onda prima: ma fu “Freefall” a chiudere davvero la serie, peraltro con la partecipazione di Ian McShane nel ruolo di un dittatore sudamericano che i due protagonisti dovevano proteggere.

La trama di Miami Vice non era complessa: fin dal suo esordio, nel 1985, la serie raccontava le indagini e le pericolose operazioni di Sonny Crockett e Rico Tubbs, i due detective protagonisti, interpretati da Don Johnson e Philip Michael Thomas. Si dice che l’idea per la serie venne al capo di NBC Brandon Tartikoff, che a un certo punto appuntò su un tovagliolo “poliziotti alla MTV”. Erano gli anni dei videoclip musicali e in cui un nuovo tipo di cultura giovanile aveva soppiantato quella degli anni Settanta, reggendosi su valori molto diversi. Era, per dirne una, molto più redditizia, perché da subito più allineata con la società di massa e dei consumi statunitense. NBC aveva bisogno di qualcosa che interessasse a quella fascia di pubblico che da un paio d’anni impazziva per MTV.

Tartikoff spiegò l’idea ad Anthony Yerkovich, produttore di Hill Street Blues, serie poliziesca di NBC di grandissima popolarità. Yerkovich ne fu da subito convinto e iniziò a progettare la serie, decidendo di ambientarla a Miami e nel Sud della Florida, in quegli anni teatro dell’immigrazione di massa da Cuba e dagli altri paesi caraibici, della speculazione edilizia, del traffico di droga. Quello che aveva in mente era una specie di «Casablanca moderno», raccontò.


Yerkovich si rivolse a Michael Mann, sceneggiatore di Starsky e Hutch che aveva già girato un apprezzato film poliziesco con James Caan, Strade violente. Mann diventò produttore esecutivo della serie, e tuttora è considerato il principale artefice del suo successo. Fu lui a perfezionare l’estetica attorno alla quale si costruì l’identità di Miami Vice. Decise di non eliminare – per quanto possibile – tutti gli “earth tones”, cioè i colori che comprendevano del marrone, prediligendo i bianchi, i blu, i viola, i neri, e sviluppando un’immagine pastellata e fredda immediatamente riconoscibile.

Sempre per il discorso di provare a fare una serie poliziesca come l’avrebbe fatta MTV, i produttori della serie decisero da subito di investire sulla colonna sonora. Chiamarono Jan Hammer, tastierista ceco che aveva suonato per un po’ con la celebre Mahavishnu Orchestra, che compose le musiche originali. Erano un sunto delle tendenze musicali del momento, che tenevano insieme la new wave e il synth pop più commerciale, e contribuirono in modo determinante al successo della serie.


Ma le musiche più memorabili di Miami Vice non furono probabilmente quelle originali. Alcune delle scene più famose della serie, infatti, lo diventarono perché accompagnate da celebri canzoni di quegli anni. Come quella della prima stagione in cui si sente “In the Air Tonight” di Phil Collins, e che è praticamente un condensato di tutta la serie.


Spesso le storie alla base degli episodi di Miami Vice si basavano su crimini realmente accaduti a Miami: la maggior parte riguardavano cartelli del narcotraffico, contrabbandieri, sicari e altri personaggi del genere. L’idea era quella di mostrare una città corrotta e spietata, popolata da criminali senza scrupoli e da poliziotti con il pelo sullo stomaco, disposti a scendere a compromessi morali in nome della giustizia. Crockett, il detective bianco, è un’ex stella del football liceale e reduce del Vietnam, mentre Tubbs è un poliziotto di New York finito a Miami per vendicare la morte del fratello, ucciso da una famiglia mafiosa. Quasi tutti gli episodi si concludevano con una sparatoria cruenta e spettacolare, e i toni si fecero più cupi soprattutto tra la fine della prima stagione e la seconda, quando Mann ebbe i maggiori poteri operativi.

Il tono era quello dei film noir nichilisti e disincantati, ma catapultati in un contesto che sarebbe diventato un simbolo degli anni Ottanta statunitensi. I completi firmati Armani o Versace, bianchi o di colori accesi, indossati sopra delle semplici magliette a bordo di Ferrari o di un motoscafo: tutte immagini che spesso in seguito vennero utilizzate per identificare un intero decennio, e che ancora oggi finiscono in innumerevoli parodie di quegli anni.


Miami Vice andava in onda il venerdì sera, e presto i giovani americani cominciarono a organizzare i propri weekend in modo da poterla guardare, come succedeva negli anni Settanta con il Saturday Night Live. Dal punto di vista della sceneggiatura, non era una serie rivoluzionaria, e attingeva molto dalle serie poliziesche degli anni Settanta, a cui venne aggiunta una notevole dose di violenza e che vennero aggiornate nei canoni estetici. L’audio in stereo, le canzoni che passavano alla radio in quel momento, i colori accesi, le immagini di una città moderna e multietnica, la presenza di un protagonista afroamericano però erano tutti elementi che fecero sì che Miami Vice sembrasse davvero una serie diversa, ha spiegato Noel Murray su AV Club.

Prima conquistò la critica televisiva, poi le copertine delle riviste più lette, e solo in seguito iniziò a fare ascolti alti. Con la seconda stagione arrivarono anche le nomination ai premi Emmy. A partire dalla terza, Mann cominciò a essere sempre meno coinvolto; Yerkovich se ne era andato dopo pochi episodi, e alla quarta stagione lasciò anche Hammer. Miami Vice venne spostato alla terza stagione nello slot concorrente di Dallas, una delle più popolari serie americane di sempre, il che non aiutò gli ascolti. NBC provò ad alleggerire di nuovo il tono della serie, spingendo maggiormente sulle parti più comiche e meno impegnative, per poi tornare di nuovo a trame più cupe nella quinta stagione. Le cose non sembrarono funzionare molto, e la serie venne cancellata nel 1989.

Oggi Miami Vice è considerata una delle serie poliziesche più importanti di sempre, e le sue innovazioni stilistiche e formali – più che quelle nei contenuti e nella sceneggiatura – sono ampiamente riconosciute. Negli anni ha ispirato parodie, canzoni e persino uno dei videogiochi più venduti di sempre, GTA Vice City. Nel 2006 Michael Mann diresse un adattamento cinematografico della serie, con Colin Farrell e Jaime Foxx, che fu stroncato dalla critica.