“Dynasty” per chi non c’era

Trent'anni fa andò in onda l'ultimo episodio di una delle soap opera più famose della storia della tv, di cui si parla sempre citando anche "Dallas"

La sera dell’11 maggio di trent’anni fa andò in onda negli Stati Uniti, su ABC, la 220esima e ultima puntata di Dynasty, una delle soap opera più famose della storia della tv, con una delle trame più labirintiche di sempre. L’ultimo episodio chiudeva la nona stagione e concludeva una narrazione televisiva che era durata in tutto più di 150 ore, piena di intrighi, complotti, gelosie, vendette, drammi, ripicche e colpi di scena sempre più assurdi.

L’ultima puntata fu vista da relativamente poche persone, perché ormai Dynasty era passata di moda, ma pochi anni prima era stata la serie televisiva più vista degli Stati Uniti. Un gran risultato, per una serie nata esplicitamente per fare concorrenza a Dallas, la seguitissima soap opera di CBS, che – con una storia simile – andò in onda dal 1978 al 1991 e creò uno dei più grandi misteri della storia della televisione. In Italia Dynasty fu trasmessa su Rete 4 (che a inizio anni Ottanta era controllata da Mondadori), mentre su Canale 5 c’era Dallas.


Nella sua prima stagione Dynasty provò a essere una soap opera “di qualità”, più politica e sofisticata rispetto a Dallas (il titolo di lavorazione era Oil, cioè “petrolio”). Ma i risultati furono piuttosto deludenti. All’inizio si parlò addirittura di fonti d’ispirazione piuttosto alte, come la rivalità tra Montecchi e Capuleti e la storia della dinastia giulio-claudia nella Roma antica. Poi la serie abbassò evidentemente il tiro e si occupò perlopiù di storie private: meno uffici e pozzi petroliferi, insomma, più salotti e camere da letto.

In alcune occasioni Dynasty parlò di temi sociali come il razzismo e l’omosessualità, anche se non sempre in modi apprezzati. Il sito IMDb scrive per esempio che l’attore Al Corley, che interpretava un figlio gay di Blake Carrington, lasciò la serie quando gli fu detto che si stava pensando di far sì che il suo personaggio venisse “curato” dall’omosessualità.

A questo punto vorrete sapere di cosa parla, Dynasty, ma è impossibile provare a mettere ordine nella trama, e probabilmente anche inutile. A grandi linee – molto grandi – la storia parla di due famiglie rivali, i Carrington e i Colby, entrambe di Denver, in Colorado, ed entrambe fanno affari con il petrolio. Blake Carrington (interpretato da John Forsythe) è il patriarca di una delle due famiglie ed è il personaggio che appare di più nella serie, ma pian piano prendono sempre più spazio i suoi figli, la sua nuova moglie Krystle (interpretata da Linda Evans) e la sua ex moglie Alexis Morel Carrington Colby (interpretata da Joan Collins). Alexis arriva nella seconda stagione, quando si abbandonò il progetto “soap opera di qualità”: è una ex moglie subdola e machiavellica, che trama alle spalle dell’ex marito Blake Carrington.

La serie toccò il suo picco di pubblico tra la terza e la quarta stagione, in pieni anni Ottanta; poi il pubblicò diminuì e la trama, nel tentativo di riconquistare attenzioni, si fece via via sempre più incasinata e sempre meno plausibile. Dopo la nona stagione, che lasciava aperte molte questioni, la serie fu interrotta.

Tra le cose che capitano in Dynasty ci sono: un figlio che ricompare dopo essere stato rapito da piccolo, un personaggio che cambia faccia dopo un’operazione chirurgica (perché era cambiato l’attore ma non si voleva far morire il personaggio), un figlio segreto, una donna che ruba l’identità di un’altra (entrambe interpretate dalla stessa attrice), personaggi che spariscono improvvisamente (in un caso accadde perché un attore chiese un aumento che non gli fu dato), edifici in fiamme, divorzi che non lo erano, zuffe tra donne, incidenti aerei, tentati omicidi, omicidi riusciti, morti che in realtà non lo erano, personaggi che perdono la memoria. Più in generale, la serie sfruttò molto i cosiddetti cliffhanger, i finali di episodio o di stagione in cui qualcosa resta aperto, senza far capire agli spettatori cosa potrebbe succedere. Il più famoso è quello del “massacro di Moldavia”, nel 1985. Senza andare per le lunghe: alcuni importanti personaggi sono in Moldavia, per il matrimonio tra una donna della serie e un erede al trono moldavo. Solo che c’è una specie di rivolta moldava in cui sembra che molti personaggi muoiano. Nell’episodio successivo in realtà si scopre che sono morti solo due personaggi minori.

Il New York Times ha parlato di Dynasty come di una serie “reaganiana” su «due clan disfunzionali». MyMovies ha spiegato che la serie prese in prestito da Dallas «le atmosfere, la spregiudicatezza dei personaggi e la loro irreale ricchezza, l’intreccio intricatissimo di affari, amori, scambi di coppie, fortune e disgrazie», e che mise tutto «su uno sfondo di lusso sfrenato (all’epoca fu la serie televisiva più costosa mai prodotta) e di imbrogli senza fine». Vulture ne ha parlato come di un «melodramma aggressivamente trash, ancorato a un paio di potenti personaggi femminili, che erano la risposta al carismatico antieroe J.R. Ewing (che era in Dallas)».

Ci sono altre due cose da sapere su Dynasty. La prima è che fece molto parlare anche perché l’attore Rock Hudson disse di avere il virus dell’HIV, e nella soap opera aveva una scena in cui si baciava con una donna. Erano gli anni Ottanta, c’era una grande fobia nei confronti dell’AIDS e molti si preoccuparono del fatto che l’attrice avrebbe potuto contrarre l’AIDS (ovviamente non successe).


La seconda è che nella quarta stagione comparvero brevemente l’ex presidente statunitense Gerald Ford, sua moglie Betty e persino il suo segretario di Stato Henry Kissinger.


Negli anni successivi arrivarono una serie di spinoff di Dynasty (I Colby, che durò due stagioni) e una miniserie in due parti (Dynasty: The Reunion, del 1981), senza ottenere grandi successi. Nel 2017 è invece uscita una serie reboot, di cui è stata da poco annunciata una terza stagione.