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  • Giovedì 9 maggio 2019

La dura legge contro l’aborto in Georgia

Sembra scritta apposta perché venga bocciata dai tribunali statunitensi, per portare di nuovo la libertà di scelta delle donne davanti alla Corte Suprema

Proteste contro le restrizioni all'aborto in Georgia, 7 maggio 2019
(Alyssa Pointer/Atlanta Journal-Constitution via AP)
Proteste contro le restrizioni all'aborto in Georgia, 7 maggio 2019 (Alyssa Pointer/Atlanta Journal-Constitution via AP)

Martedì 7 maggio il governatore della Georgia, Brian Kemp, ha firmato una legge che vieta l’aborto quando è possibile rilevare il “battito cardiaco” del feto: il cosiddetto heartbeat bill. Negli Stati Uniti l’aborto è legale a livello federale, come stabilito dalla sentenza della Corte Suprema conosciuta come Roe v. Wade del 1973, ma non c’è una legge unica che ne regoli le modalità: ogni stato ha le proprie leggi che stabiliscono quali sono i criteri e i limiti entro i quali poter interrompere una gravidanza.

Finora in Georgia l’aborto era permesso fino alla ventesima settimana di gravidanza. La nuova legge, che entrerà in vigore il primo gennaio e prevede alcune eccezioni per i casi di incesto, stupro (se denunciato) e pericolo di vita della donna, riduce questa scadenza a sole sei settimane: a quando cioè molte donne non sono ancora nemmeno consapevoli di essere incinte, prima che possano essere riscontrate malformazioni e prima che, comunque, ci sia un vero e proprio “battito cardiaco” (a sei settimane l’embrione pulsa, ma non ha un organo cardiaco vero e proprio: lo stesso uso dell’espressione “battito cardiaco” da parte degli antiabortisti è discusso e contestato). Chi sostiene la libertà di scelta delle donne ha affermato che la nuova legge si traduce, di fatto, in un divieto all’aborto legale e sicuro.

Il governatore Kemp, che è Repubblicano e molto conservatore, ha detto che la nuova legge è «molto semplice ma anche molto potente: una dichiarazione secondo cui tutta la vita ha valore e tutta la vita è degna di essere protetta. Mi rendo conto che alcuni potrebbero sfidarci in tribunale, ma il nostro compito è fare ciò che è giusto, non ciò che è facile. Siamo chiamati a essere forti e coraggiosi, e non ci tireremo indietro. Combattiamo per la vita». Fuori dalla sede governativa dello stato della Georgia ci sono state delle manifestazioni, con alcune donne che indossavano copricapi e mantelli rossi simili ai costumi dei personaggi della serie tv The Handmaid’s Tale, già usati in moltissime manifestazioni femministe di tutto il mondo.

Proteste contro le restrizioni all’aborto, Atlanta, 22 marzo 2019 (Alyssa Pointer/Atlanta Journal-Constitution via AP)

Planned Parenthood, un’organizzazione statunitense di cliniche non profit che fornisce molti servizi sanitari alle donne, tra cui le interruzioni di gravidanza, e l’American Civil Liberties Union, un’organizzazione per la difesa dei diritti civili, hanno annunciato che presenteranno ricorso in tribunale contro la nuova legge. Andrea Young, direttrice della sezione locale dell’ACLU, ha detto: «Agiremo per bloccare questo assalto alla salute, ai diritti e all’autodeterminazione delle donne».

Il caso della Georgia, infatti, non è isolato. Negli Stati Uniti i cosiddetti heartbeat bill sono stati presentati in almeno altri quindici stati, in quattro di questi sono stati approvati (in alcuni, come l’Ohio, senza alcuna eccezione), mentre in altri tredici sono state introdotte o sono in discussione altre forme di restrizione all’interruzione di gravidanza. I dati sono del Guttmacher Institute, che si occupa di politiche sull’aborto negli Stati Uniti.

Fino a qualche tempo fa la strategia degli antiabortisti era meno radicale: hanno proposto e approvato leggi che vietano uno dei metodi più comuni con cui l’interruzione viene praticata nel secondo trimestre (la D&E, dilatazione ed evacuazione) e hanno complicato i regolamenti delle cliniche o le questioni relative alle coperture assicurative, cercando di ostacolare l’accesso all’aborto rendendolo molto più complicato (e spesso riuscendoci). Proposte estreme come gli heartbeat bill non erano sostenute nemmeno da alcuni gruppi antiabortisti molto influenti, sostanzialmente perché convinti che leggi con questo impianto non sarebbero sopravvissute ai ricorsi e alle sentenze della Corte Suprema. Dal 2018, però, la strategia dei movimenti contro la libera scelta delle donne è cambiata. Il presidente Trump ha infatti nominato due giudici conservatori alla Corte Suprema, Brett Kavanaugh e Neil Gorsuch, con posizioni più rigide sull’aborto. I movimenti anti-scelta sanno dunque che queste nomine sposteranno a destra le sentenze della Corte per molti anni, e sperano anzi che queste leggi arrivino alla Corte Suprema nella speranza che l’aborto possa essere dichiarato illegale.

Gli antiabortisti lo dichiarano esplicitamente: il senatore repubblicano dell’Iowa, Rick Bertrand, dopo l’approvazione nel suo stato della norma sul “battito cardiaco”, e l’annunciato ricorso di Planned Parenthood e ACLU, aveva esplicitamente dichiarato che la legge poteva «essere un mezzo di cambiamento e un’opportunità per capovolgere la Roe v. Wade», cioè la sentenza che ha legalizzato l’aborto negli Stati Uniti. In una recente intervista al Washington Post, Lori Viars, attivista anti-scelta dell’Ohio, ha detto: «Sappiamo che le forze pro-aborto faranno causa, e questo è parte del processo. Vogliamo che questo disegno di legge arrivi alla Corte Suprema. È stato scritto con questo scopo».