Come chiamare la carne che non è carne

Gli “hamburger impossibili” a base vegetale stanno cominciando a diffondersi, ma le industrie della carne – quella vera – ne contestano la definizione

Un hamburger di origine vegetale venduto nella catena di fast food statunitense White Castle. (Drew Angerer/Getty Images)
Un hamburger di origine vegetale venduto nella catena di fast food statunitense White Castle. (Drew Angerer/Getty Images)

Mentre si espandono l’attenzione e il potenziale mercato della carne di origine vegetale, le principali aziende del settore sono preoccupate di dover trovare un nuovo nome per promuovere i loro prodotti. Negli Stati Uniti, dove sono nate le principali aziende di questo tipo, stanno acquisendo consistenza le rivendicazioni di aziende e associazioni di categoria dell’industria della carne (quella vera) che chiedono che sia impedita la commercializzazione di carne vegetale con il nome di “carne”.

Sono ormai anni che si parla della carne vegetale, e la principale società che la produce – Impossible Foods – ha avviato delle collaborazioni prima con White Castle, una delle più antiche e famose catene di fast food statunitensi, e da qualche settimana con Burger King, una delle più grosse.

Gli hamburger di Impossible Foods sono stati sviluppati per replicare ogni peculiarità della carne: l’aspetto, il sapore, il profumo e il modo in cui viene cotta (sono riusciti ad aggiungere lo sfrigolio della carne quando viene cotta su una piastra), con la differenza che utilizzano molte meno risorse per essere prodotti. Un hamburger di Impossible Foods viene prodotto emettendo l’87 per cento di gas serra in meno rispetto a un hamburger di bovino, usando il 75 per cento di acqua in meno e il 95 per cento di terra in meno. E la differenza principale, spiega il sito di Impossible Foods, è che i suoi hamburger usano lo zero per cento di mucca.

La carne di Impossible Foods è fatta da grano, olio di cocco, patate ed eme (in inglese heme), un composto organico che contiene ferro e che si trova nell’emoglobina del sangue. Di fatto l’emoglobina è «il catalizzatore segreto che trasforma la carne cruda in una cosa saporita buona da mangiare», scriveva nel 2016 Rowan Jacobsen su Pacific Standard. Ma se il problema del gusto della carne che non è carne è stato risolto, ora rimane da capire con quale nome chiamare questo nuovo prodotto.

Come ha spiegato il sito Quartz, le industrie della carne bovina infatti sembrano sempre più allarmate da questo tipo di aziende, e hanno iniziato a chiedere che i produttori di carne di origine vegetale non usino la parola “carne” per commercializzare i loro prodotti, sostenendo che possa confondere i consumatori. Queste rivendicazioni si sono concentrate soprattutto negli stati del Midwest americano, e ora in Missouri e nell’Arkansas sono state approvate alcuni leggi per impedire l’uso del termine “carne” per prodotti che non abbiano origine animale.

La principale concorrente di Impossible Foods negli Stati Uniti, Beyond Meat, vuole valutarsi in borsa: ma per farlo deve trovare un nome per il prodotto che commercializza. Come è emerso da un documento preparativo depositato dalla società alla SEC, l’ente federale che vigila sulla borsa negli Stati Uniti, Beyond Meat è preoccupata che se le verrà impedito di utilizzare il termine “carne” per i suoi prodotti dovrà rivedere i suoi obiettivi e le sue strategie di business. «Se le autorità legislative intraprenderanno azioni legali in relazione al termine “carne” che impediscano di utilizzare il termine per i nostri prodotti a base vegetale, saremo costretti a ritirarli dal mercato», ha scritto in una nota Beyond Meat.

La questione ricorda quella che riguarda alternative vegetali al latte di mucca, come quelle a base di avena, soia o riso, che vengono comunemente chiamate “latte” anche se una sentenza della Corte di Giustizia europea limita il termine ai soli prodotti di derivazione animale (consentendolo però per alcuni prodotti storicamente affermati, come il latte di cocco o di mandorla).

Anche Impossible Foods dovrà rivedere le sue strategie di marketing se il movimento dovesse continuare a crescere. Patrick Brown, l’amministratore delegato di Impossible Foods, in passato aveva affermato che i suoi prodotti a base vegetale sono carne a tutti gli effetti perché non conta la materia prima di cui sono fatti, ma l’esperienza delle persone che la mangiano. Per Brown gli animali sono solo la “tecnologia” con cui abbiamo prodotto carne fino a questo momento e il prodotto della sua azienda è semplicemente una tecnologia più avanzata che consuma meno risorse.