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  • Mercoledì 13 marzo 2019

Le brusche frenate nella metro di Milano

Ce ne sono state tre in pochi giorni: l'azienda dice che il problema non è cosa causa le frenate ma la loro "intensità" (e ci sta lavorando)

LaPresse - Claudio Furlan
LaPresse - Claudio Furlan

Negli ultimi giorni nella metropolitana di Milano ci sono state tre brusche frenate di emergenza, a seguito delle quali alcune persone sono state contuse o ferite. Lo scopo delle frenate di emergenza è bloccare il treno nel minor tempo possibile, per evitare possibili incidenti che sarebbero ben più gravi delle contusioni causate da una brusca frenata. ATM, l’azienda che gestisce con riconosciuta efficienza il trasporto pubblico milanese, ha spiegato che non esistono problemi o guasti legati alle frenate, ma che il problema sono le frenate in sé, di cui intende «rimodulare l’intensità», renderle cioè meno brusche; per farlo però ci vorranno dei mesi, tra permessi e omologazioni.

Oltre a cambiare le frenate di emergenza, bisogna capire a cosa sono dovute. Nel caso degli incidenti di Milano del 4, 9 e 11 marzo, ATM ha confermato al Post che nel primo caso si è trattato di un errore umano (a cui la frenata di emergenza ha posto rimedio), nel secondo di una frenata dopo che era stato rilevato qualcosa sui binari, nel terzo di un malfunzionamento di un computer di bordo del treno. Vediamo, più nel dettaglio, questi tre casi.

4 marzo
Il primo caso recente di cui si è parlato è avvenuto lunedì 4 marzo, poco prima delle 8 di mattina, sulla linea M2 (la verde) tra le fermate di Piola e Loreto. In un post su Twitter, ATM diceva che dopo la frenata erano stati necessari «soccorsi a un passeggero». In un tweet pubblicato poco dopo le 9 ATM si scusava per il disagio e spiegava che la circolazione stava «riprendendo gradualmente», ma che andavano messi in conto «maggiori tempi d’attesa e percorrenza».

Quel giorno Repubblica aveva scritto che l’incidente era avvenuto alla stazione di Loreto e, citando fonti del 118, parlava di un ferito e diversi contusi, e di una persona «trasportata in codice rosso all’ospedale Niguarda». ATM ha confermato al Post che «una persona è stata trasportata al Niguarda in codice rosso, due sono state medicate sul posto e altre due trasportate in codice verde». Ha spiegato però di non avere dati certi sui feriti o i contusi, perché in quei casi è difficile capire quante persone chiedono assistenza e quante vengono poi effettivamente portate in ospedale. ATM spiega di raccogliere dati su infortuni e problemi di salute di chi viaggia sui suoi mezzi, ma che non può reperirli rapidamente e che è difficile separare, nei numeri che raccoglie, un malore indipendente da un problema del treno da una contusione dovuta a una brusca frenata. Parlando della persona ferita il 4 marzo, ATM ha detto che non sapeva come si chiamava e che ne ha scoperto il nome dopo che lo hanno scoperto i giornali.

Riguardo alle cause dell’incidente, ATM ha spiegato: «Dalle prime ricostruzioni, il sistema è entrato in funzione perché il treno stava viaggiando ad una velocità superiore rispetto a quella consentita in quella tratta specifica e in quelle condizioni di esercizio, e quindi, per motivi di sicurezza, si è correttamente attivata automaticamente la frenata di emergenza». Un portavoce di ATM ha detto che la velocità massima consentita in quel tratto era di 15 chilometri all’ora, che il treno viaggiava a una velocità compresa tra i 15 e i 30 chilometri all’ora e che la velocità eccessiva era dovuta a un «errore del macchinista». In quel caso la frenata di emergenza è stata quindi utile, perché ha evitato possibili conseguenze ben più gravi. ATM ha detto che lo stesso macchinista ha ammesso il suo errore, ma non ha voluto dire se sono stati presi provvedimenti.

9 marzo
Il secondo caso recente di brusca frenata è avvenuto sabato 9 marzo, intorno alle 4 di pomeriggio, sulla Linea 1 (la rossa) tra Cadorna e Pagano. Anche in questo caso ATM ha parlato su Twitter di un passeggero da soccorrere, specificando in un successivo tweet della «attivazione di una frenata di sicurezza».

In questo caso Repubblica parlava, sempre citando il 118, del ferimento di 9 persone, una delle quali portata in ospedale in codice giallo. Altri giornali, tra cui Milano Today, avevano parlato solo di codici verdi, cioè di contusi e feriti lievi. Il Corriere della Sera parlava invece di 11 feriti. ATM ha spiegato la vicenda in seguito in una conferenza stampa,  dicendo: «Il sistema ha segnalato un possibile problema ed è quindi arrivato il comando che ha fatto prima rallentare il treno e che poi, visto che non aveva rallentato abbastanza, lo ha fatto bloccare». Giana, il direttore generale, ha detto: «Il sistema rileva sempre dei fatti e si comporta in maniera corretta rispetto ai fatti che rileva. Il sistema sabato ha dato un’informazione di potenziale rischio che nei fatti non c’era. Ma nel leggerlo si è comportato in maniera corretta: se la frenata non fosse stata così brusca, o l’anomalia non fosse stata letta in maniera così ristretta, il treno sarebbe passato a 30 all’ora rallentando senza indurre un blocco; il blocco è arrivato perché è transitato da un punto di sicurezza a 32 chilometri orari». Se il treno fosse transitato da quel punto a 29,9 chilometri orari, non ci sarebbe stata frenata di emergenza ma solo una più dolce decelerazione progressiva.

ATM ha chiarito che «il possibile problema» era un’occupazione del binario: significa che il sistema aveva individuato qualcosa su un binario (di certo non qualcuno) e che il treno ha quindi frenato.

11 marzo
Lunedì 11 marzo non ci sono state segnalazioni via Twitter di ATM, ma ANSA (e poi altri giornali) hanno parlato di una nuova brusca frenata sulla Linea 2, alla stazione di Cassina de’ Pecchi, e di due contusi; La Stampa ha parlato invece di quattro contusi.

ATM ha spiegato che per via di un «guasto temporaneo», mentre un treno viaggiava a 25 chilometri all’ora il sistema ha rilevato come rosso un semaforo che invece era verde. Il sistema ha quindi imposto al treno una frenata di emergenza. Comunque, «a differenza degli altri episodi, il convoglio ha poi proseguito la sua corsa verso il capolinea». ATM ha detto che in questo caso «due passeggeri hanno chiesto assistenza una volta scesi alle fermate successive»: uno dopo due fermate, un altro dopo cinque.

Le spiegazioni
Visti i casi verificatisi a pochi giorni l’uno dall’altro e le conseguenti attenzioni della stampa, sia il comune di Milano che ATM hanno parlato della questione.

In una conferenza stampa del 10 marzo, Arrigo Giana, direttore generale di ATM, ha detto: «Il nostro sistema è sicuro. Opera secondo rigidissimi standard di sicurezza e omologazione e ha sempre reagito in maniera corretta: individua un potenziale rischio e interviene fermando il treno. Il problema che abbiamo è l’intensità delle frenate. Su questo stiamo lavorando per rimodularla, mantenendo gli stessi standard di sicurezza». Giana si è scusato con i viaggiatori e ha aggiunto che «non esiste alcun sistema complesso ad anomalie zero».

Marco Granelli, assessore del comune di Milano a Mobilità e Ambiente, ha spiegato che ATM «sta lavorando su due aspetti: il primo è un graduale ammorbidimento della frenata, per averla meno brusca e quindi non avere le conseguenze che ci sono state in questi giorni. Il secondo è relativo alla logica del sistema, perché si possa tarare meglio il passaggio alla frenata di emergenza». Granelli ha aggiunto: «Servirà qualche mese per omologare il software dei treni più vecchi e lenti a quello dei mezzi nuovi e più veloci. Inoltre la Alstom, la multinazionale che ha progettato i sistemi di ATM, dovrà uniformare i tre diversi sistemi delle tre diverse linee metropolitane».

È un po’ più difficile capire quali sono i motivi per cui, di volta in volta, sono necessarie delle frenate di emergenza. Secondo dati forniti da ATM, negli ultimi quattro anni ci sono state più di 300 frenate di emergenza: 67 nel 2015, 79 nel 2016, 109 nel 2017 e 83 nel 2018 (i giornali se ne occupano da tempo). ATM non fornisce dati sulle cause di queste frenate, ma dice che in sette casi su dieci sono state dovute a falsi allarmi: c’è stata cioè una frenata di emergenza anche se non c’era una effettiva emergenza a cui porre rimedio.

Le domande sono quindi due: perché ci sono stati più di 200 falsi allarmi? Sono tanti o pochi circa 100 casi in quattro anni di reale emergenza a cui è dovuta seguire una frenata di emergenza?

ATM ha detto al Post che i casi di frenate di emergenza quest’anno sono per ora stati quattro: il precedente, prima dei tre casi di marzo, era stato a febbraio. Vorrebbe dire che, rispetto al passato, le frenate sono in netta diminuzione, nonostante i tre casi in pochi giorni. Non ci sono però altre chiare informazioni per rispondere con precisione alle due domande di qui sopra.

Intanto
– La procura ha ordinato il sequestro del treno coinvolto nella frenata del 9 marzo ed è stato aperto un “fascicolo esplorativo”.
– I macchinisti di RSU, la rappresentanza sindacale unitaria, si sono lamentati perché ritengono che i macchinisti rischino di essere ingiustamente ritenuti responsabili delle brusche frenate.

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