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  • Martedì 5 febbraio 2019

Cosa ha detto il figlio di Salinger sugli scritti inediti di suo padre

In una rara intervista al "Guardian" ha spiegato che ci sta lavorando e che verranno pubblicati

(AP Photo/Amy Sancetta, File)
(AP Photo/Amy Sancetta, File)

Il Guardian ha pubblicato una rara intervista della giornalista Lidija Haas a Matthew Salinger, il figlio dello scrittore statunitense JD Salinger, conosciuto in particolare per il romanzo Il giovane Holden (The Catcher in the Rye), pubblicato negli Stati Uniti del 1951 e in Italia nel 1961 nella traduzione di Adriana Motti. Il libro contribuì a far diventare Salinger un autore di “culto”, culto che lui stesso finì per accrescere con la sua estrema riservatezza: nel 1965 si ritirò nella sua casa di Cornish, nel New Hampshire, e non pubblicò più nulla, diede la sua ultima intervista nel 1974 al New Yorker e si chiuse in un isolamento che divenne proverbiale, fino a quando morì a 91 anni nel 2010. Nel tempo sono aumentate le voci su suoi possibili racconti inediti e nel 2013 uscì un documentario accompagnato da un libro che descriveva, tra le altre cose, il contenuto di cinque scritti mai pubblicati, che sarebbero usciti «tra il 2015 e il 2020» rispettando alcune indicazioni lasciate da Salinger prima di morire.

Matt Salinger, che detiene piuttosto gelosamente i diritti delle opere del padre insieme alla vedova di lui Colleen O’Neill, ha confermato per la prima volta che il padre non smise mai di scrivere e che sta lavorando perché gli inediti vengano pubblicati nella forma migliore. Parla raramente del padre e del suo lavoro: come ha detto al Guardian, «sono riuscito a evitare questo argomento per 58 anni». Ora però ha raccontato che Salinger «ribolliva di idee e pensieri, era il tipo che mentre guidava la macchina si fermava per scrivere qualcosa e ridere – a volte me lo leggeva a volte no – e teneva sempre un bloc notes su ogni sedia»; «prima o poi condivideva tutto quello che scriveva con qualcuno che amava leggere le sue cose». Ha specificato che non si tratta dei testi di cui si è parlato ma di una quantità sterminata di pagine battute a macchina o note scritte a mano su foglietti, a cui sta cercando di dare forma: «non è pronto. Voleva che mettessi tutto insieme e, a causa della portata del lavoro, sapeva che avrebbe richiesto molto tempo. Stiamo parlando di qualcuno che ha scritto per 50 anni senza pubblicare niente, quindi c’è un sacco di materiale. Non si tratta di riluttanza o desiderio di protezione: quando sarà pronto, lo condivideremo».

Matthew Salinger iniziò a lavorarci nel 2011 e non si sarebbe mai aspettato che ci avrebbe messo più di otto anni. E ci vorranno ancora altri anni, anche se spera che siano meno di dieci. Per concentrarsi sull’opera del padre ha detto di aver trascurato il suo lavoro di attore e abbandonato la produzione di film e opere teatrali. È infatti noto soprattutto per un ruolo in Captain America del 1990 e per aver prodotto The Syringa Tree di Pamela Gien. Nato nel 1960, Matt è il secondo figlio del secondo matrimonio di Salinger, quello con Claire Douglas; il padre lo nominò nella dedica del romanzo Franny e Zooey, del 1961. Quand’era piccolo non sapeva molto del lavoro del padre, parlavano soprattutto di football americano e di cosa avrebbero fatto insieme. Il suo racconto d’infanzia è molto diverso da quello, molto più cupo, della sorella Margaret, maggiore di quattro anni, contenuto nel memoir del 2000 Dream Catcher; Matt Salinger lo liquidò come una raccolta «favole gotiche». Dalla morte del padre ne ha gestito insieme a O’Neil i diritti letterari, iniziando molte battaglie legali tra cui una recente vinta contro la casa editrice italiana Il Saggiatore, condannata lo scorso dicembre a pagare più di 30mila euro di risarcimento per aver pubblicato nel 2015 I giovani, una raccolta di tre racconti giovanili di Salinger inediti in Italia.

Matt Salinger ha detto di sentirsi «fortunato» e che «leggere queste cose per la prima volta» è stato «emozionante». «Molti miei amici hanno perso i genitori o li stanno perdendo. Mio padre invece non se n’è andato. Per me non è morto». Ha anche raccontato qualcosa del contenuto degli scritti, chiarendo che non c’è niente sul suo primo matrimonio con una ragazza tedesca, subito dopo la Seconda guerra mondiale, che durò meno di un anno. Non si è esposto su altro ma, scrive Haas «è chiaro che ci sarà di più sulla famiglia Glass, presente in molte delle migliori storie che Salinger pubblicò». Haas ha potuto visionare qualcuna delle tante lettere «spesso dannatamente divertenti» che lo scrittore inviò al figlio dagli anni Settanta alla morte. In una racconta una partita di tennis tra Chris Evert e Evonne Goolagong, descrivendo quest’ultima come «una ragazza di Star Trek da un altro mondo. Troppo amante della pace, troppo placida per funzionare contro qualsiasi ambizioso della terra». In un’altra parla degli anni a Cornish con il figlio come «gli anni che definirei la mia vera vita». Haas ha letto anche una specie di haiku scritto su un foglietto, che descrive un momento di pace e felicità raggiunto osservando la neve cadere, lenta e abbondante.

Matt Salinger ha parlato infine dell’isolamento del padre, spiegando che «decise semplicemente che la cosa migliore per la sua scrittura era di non avere molte interazioni con le persone»; la solitudine «era quello che gli serviva per il suo lavoro, e il lavoro era tutto per lui»; il resto «sono solo chiacchiere e il desiderio di mitizzare e patologizzare le nevrosi delle persone». Conclude dicendo che gli ultimi scritti di suo padre – al momento conservati in un archivio di massima sicurezza – non hanno uno stile lineare perché sperimenta «giochi diversi»; e che «quando saranno accessibili, copriranno tutto quello che interessa a un lettore perspicace. Il mio lavoro è fare in modo che accada il prima possibile».