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  • Sabato 26 gennaio 2019

Come si fa un audiolibro

Ci vuole un libro (e grazie), e poi anche una voce, un microfono e tante altre cose: Storytel ci ha spiegato quali

di Gabriele Gargantini

Secondo l’AIE, l’Associazione italiana editori, nel 2018 ha ascoltato almeno un audiolibro il 7 per cento degli italiani tra i 14 e i 75 anni. Gli ascoltatori di audiolibri sono ancora una piccola parte del 65 per cento di italiani che dice di iniziare e finire almeno un libro ogni anno. Ma si tratta comunque di circa tre milioni di persone e i numeri da alcuni anni sono in costante e notevole crescita.

Non ci sono dati chiari per capire al posto di quale attività vengono messi gli audiolibri nelle giornate di chi li ascolta, ma da qualche parte stanno trovando il loro spazio. Di certo non c’è comunque una sola risposta: qualcuno li ascolta al posto della tv, della radio o magari anche dei podcast. Qualcun altro li ascolta al posto della musica quando corre, guida o fa la doccia. Qualcuno, ovviamente, ascolta un audiolibro anziché sfogliare le pagine di un libro o leggerne la versione digitale. Infine c’è anche chi, almeno a volte, si è messo ad ascoltare audiolibri in momenti in cui prima non avrebbe fatto niente, o avrebbe fatto altro in mezzo al silenzio.

Fino a un po’ di anni fa gli audiolibri si potevano comprare nelle librerie, come i libri, o scaricare da internet, come i film. Da ormai un paio di anni la maggior parte degli audiolibri italiani si ascolta tramite smartphone, sulle app di uno dei due servizi che li offrono: Audible, che appartiene ad Amazon, e Storytel, una società svedese che esiste dal 2005 e opera in Italia dall’estate del 2018. Entrambi i servizi costano 9,99 euro al mese e permettono di leggere libri a volontà, in italiano e in inglese, partendo da un catalogo con migliaia di titoli.

Per capire cosa succede quando un libro su carta diventa un audiolibro, siamo andati negli uffici italiani di Storytel, che tra l’altro sono a cinque minuti di bicicletta dalla redazione del Post.

Prima ancora che un libro sia letto, registrato, caricato su un’app e ascoltato da un utente, bisogna che qualcuno lo scelga e ne compri i diritti. È una rilevante parte del lavoro di Marco Ragaini: su LinkedIn e alla fine delle sue mail la sua qualifica  è di Publishing Teamleader, perché appunto si occupa di gestire e coordinare la fase editoriale di Storytel. Vuol dire che Ragaini sceglie quali libri far arrivare su Storytel e deve quindi conoscere e saper prevedere i gusti delle persone, per offrire loro il meglio di quello che è uscito o sta per uscire nelle librerie.

L’unica differenza è che Ragaini deve valutare anche quella che definisce «attitudine audio del libro». Esistono, spiega, libri bellissimi che è davvero difficile leggere e e di conseguenza ascoltare. Altri, invece, che si prestano benissimo e di cui si può addirittura dire che l’audiolibro sia meglio del libro (e chissà se poi è meglio anche dell’eventuale film). Il tutto provando a offrire un catalogo il più possibile «orizzontale», che soddisfi cioè i gusti di quante più persone possibile: quelli a cui piace Elena Ferrante, quelli che si appassionano alle storie di alpinismo o quelli che divorano thriller scandinavi. Storytel non vuole specializzarsi in niente, ma vuole avere qualcosa che soddisfi ogni tipo di utente. Come succede nelle grandi librerie.

Ragaini spiega che Storytel punta comprensibilmente ad avere il prima possibile i libri che si prevede avranno successo e che cerca quindi di «allinearsi con le nuove uscite» nelle librerie, per «dare l’idea che il libro esca in più forme»: non che l’audiolibro sia una versione secondaria e derivata. Solo che non sempre è possibile, perché per far finire un libro su Storytel bisogna fare una trattativa con chi ne detiene i diritti e, soprattutto, avere una versione definitiva di quel libro, trovare qualcuno che la legga e fargliela leggere tutta.

Ci sono due modi per far sì che un libro finisca su Storytel. Nel primo si distribuiscono audiolibri che già esistono; nel secondo si comprano i diritti per fare l’audiolibro. In altre parole lo si produce e lo si distribuisce.

Il primo caso è quello più semplice. Si verifica quando qualcuno ha già registrato qualcun altro che legge un libro dall’inizio alla fine. Quel qualcuno può essere una casa editrice tradizionale, che prova a sfruttare il libro in ogni sua forma o, in molti altri casi, Emons: la più grande casa editrice italiana di audiolibri, che negli anni li ha fatti leggere, tra gli altri, a Claudio Bisio, Roberto Saviano, Alba Rohrwacher, Francesco De Gregori, Paola Cortellesi e Laura Morante.

Il secondo caso è quello in cui si deve invece ottenere una vera e propria licenza ed è ovviamente il più complicato, ma anche quello che permette a Storytel di fare il proprio prodotto e non di limitarsi a diffondere qualcosa fatto da altri.

Ragaini spiega che «i diritti audio fanno parte dei cosiddetti diritti secondari», quelli che regolano anche le traduzioni in lingue straniere e gli eventuali adattamenti per il cinema o la tv. Sono diritti che «fino a pochi anni fa venivano poco sfruttati e che non sempre sono bene espressi nei contratti». È una materia molto complicata, legale più che letteraria. «Perché i diritti per una versione audio non vanno di pari passo con i diritti di traduzione: possono essere diversi e può capitare di doverli acquisire da un soggetto terzo».

Una volta trovati i diritti – che in genere durano cinque anni, poi rinnovabili – inizia la trattativa, che se c’è interesse da parte di altri può diventare un’asta. È molto difficile parlare di costi, perché ci sono migliaia di libri diversi, ognuno con il suo valore. Nel caso di libri più importanti o di successo, si anticipano soldi nel momento in cui si prendono i diritti del libro. Nella maggior parte dei casi Storytel paga invece delle royalties in base agli ascolti che un libro farà sulla sua app. È sul valore di quelle royalties che si fa la trattativa.

Le entrate di Storytel sono semplici: si prende il numero di abbonati – che Storytel non comunica – e lo si moltiplica per 9,99 euro. Le uscite sono un po’ più difficili: tolti i costi di struttura (come stipendi, affitto, bollette e capsule per il caffè), ci sono i costi di produzione di un audiolibro e le royalties. Un normale audiolibro costa a Storytel circa 300 euro per ogni ora finale di quell’audiolibro. Le royalties dipendono invece da più fattori: il numero di abbonati, i minuti totali di ascolto fatti sull’app e la percentuale che un determinato audiolibro occupa in quei minuti totali. Se nessuno fosse iscritto a Storytel o se nessuno ascoltasse i suoi audiolibri, Storytel non dovrebbe pagare royalties. Se tantissimi utenti iscritti ascoltassero tantissimi minuti dello stesso audiolibro, Storytel darebbe molti soldi a chi ha i diritti su quel libro e niente agli altri.

Ragaini non può dare dati precisi a riguardo, ma spiega che «in questo momento stanno crescendo sia i minuti che gli abbonati» e che «la curva di crescita è ancora nella fase ripida». In catalogo ci sono circa 50mila libri in inglese e più di duemila in italiano. A oggi gli utenti di Storytel Italia ascoltano in media 12 ore al mese di audiolibri e c’è «uno zoccolo duro di lettori che ascolta più di un’ora al giorno». La soglia cruciale, quella dopo la quale un lettore in genere non abbandona un audiolibro, sono i venti minuti di ascolto.

Il libro più ascoltato delle ultime settimane è La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker, letto – in poco meno di 20 ore – da Gioele Dix. Seguono, a diverse ore di ascolto di distacco, Le sette sorelle di Lucinda Riley e i libri di Elena Ferrante. Ragaini spiega poi che «vanno molto bene tutti i crime nordici e libri di culto come Quando siete felici fateci caso, una raccolta di discorsi di Kurt Vonnegut». Lui li fece a voce, poi divennero un libro e ora, su Storytel, sono tornati a essere voce: nello specifico quella di Edoardo Siravo. Ragaini dice che va molto bene anche Furore di John Steinbeck e che secondo lui è «in assoluto uno degli audiolibri più belli nel nostro catalogo». Il nove per cento degli ascolti di Storytel Italia sono fatti in inglese e al momento il libro più ascoltato in inglese è l’autobiografia di Michelle Obama, letta da Michelle Obama.

Il vantaggio di Storytel è poter fare con gli ascoltatori di libri quello che Netflix e Spotify fanno con gli spettatori dei film e gli appassionati di musica. «Nell’editoria tradizionale quando vendi un libro non sai nulla del suo destino», dice Ragaini: «Non sai se sarà regalato o se invece resterà impacchettato a casa di qualcuno a cui è stato regalato. Se sarà letto cento volte o sottolineato mai». Parlando di Storytel parla invece di «editoria circolare».

I dati di Storytel dicono che il gruppo di ascoltatori più rappresentato è quello delle donne tra i 30 e i 35 anni e Ragaini spiega che c’è «una sovra-rappresentazione di utenti Apple rispetto agli utenti Android», nel senso che tra chi ha Storytel le percentuali di iPhone sono più alte che nel totale della popolazione. Parla anche di un «forte cluster di lettori pendolari»: sono persone che ascoltano audiolibri di mattina, diciamo tra le 7 e le 9, e di sera, diciamo tra le 17 e le 20. È un segno del fatto che l’Italia è un mercato giovane per quanto riguarda gli audiolibri, perché «nei mercati più maturi l’ascolto si sposta nei weekend e nelle sere» e si dedicano all’audiolibro «le proprie ore migliori».

Spiega anche che ci sono «differenze enormi, nell’ordine di mille-a-uno, tra i libri più ascoltati e quelli meno ascoltati, e dell’ordine di mille-a-dieci tra il più ascoltato e il centesimo più ascoltato, ma c’è comunque una coda molto grande e tutti i libri in italiano sono già stati ascoltati. Un po’ come nelle librerie, l’app deve però evitare «il problema dell’obscuracy», deve cioè cercare di far trovare agli utenti quello che interessa loro.

Se Netflix dice di essere in competizione con il sonno (nel senso che non teme nessuno), Ragaini dice che Storytel «ha tra i suoi concorrenti il vuoto» (inteso come tutti quei momenti in cui le persone fanno cose in silenzio) e che loro sono «anche felici di indurlo, il sonno». Molte persone ascoltano infatti l’app prima di addormentarsi, sfruttando l’opzione che permette di sospendere la riproduzione dopo cinque minuti, dieci minuti, mezz’ora o un’ora.

Ma tocca fare qualche passo indietro e raccontare cosa succede, prima che qualcuno possa addormentarsi con un audiolibro. Bisogna cioè tornare a cosa succede dopo che Storytel prende i diritti di un libro. Da quel momento inizia il lavoro di Sandra Furlan, responsabile di produzione, che prima di passare a Storytel aveva lavorato per molti anni nell’editoria, occupandosi per alcuni anni di editoria digitale, cioè di ebook.

Tra i libri di cui Furlan si sta occupando in questi giorni c’è M. Il figlio del secolo: il nuovo romanzo storico di Antonio Scurati, che è la prima parte di una trilogia su Benito Mussolini. Il libro, edito da Bompiani, è nelle librerie da settembre, è stato per diverse settimane tra i libri più venduti e se ne è molto parlato anche sui giornali. Potreste averlo letto, potreste averne sentito parlare o potreste averne sentito leggere degli estratti da Marco Paolini, su Repubblica. Quelli sono però solo estratti; su Storytel si potrà invece ascoltare la versione completa.

Il lavoro di Furlan inizia con la lettura del libro «nell’ottica della voce», per capire quella giusta per farlo diventare un audiolibro. Spiega che M. è un libro ostico: perché è lungo più di 800 pagine, «perché è sia narrativo che saggistico» e perché «è costruito con una sintassi molto complessa». Una volta letto il libro, Furlan sceglie la voce che lo dovrà leggere agli altri consultandosi quasi sempre anche con la casa editrice e l’autore. Seguono trattative e, in certi casi, provini.

M. è un libro particolare perché ci sono parti narrative ma anche diversi documenti originali degli anni di cui parla, quelli dal 1919 al 1924. Ha quindi deciso di far leggere le parti raccontate a un lettore e di far leggere i documenti a un altro, per marcare chiaramente la differenza. Le parti narrative le sta leggendo l’attore e doppiatore Raffaele Farina. Per le altre si sta ancora decidendo quale possa essere la voce giusta.

Antonio La Rosa è un tecnico del suono ed è arrivato a Storytel dopo aver lavorato nella musica e in un’altra società di audiolibri. Spiega che a Storytel i lettori fanno turni di circa tre ore e che all’inizio era capitato di fare anche due sessioni di tre ore al giorno, una alla mattina e una al pomeriggio, ma che ora non lo si fa quasi più perché la resa nella quinta o nella sesta ora di registrazione ne risente molto.

Le letture si fanno in delle apposite cabine di registrazione, che sono dei box con pannelli isolanti su tre lati e una porta sul quarto. Dentro ci sta comodamente una persona seduta, che guarda un tablet dal quale fa scorrere il testo (le pagine sfogliate fanno rumore) e parla in un microfono. Dopo una prima sessione in cui si imposta il lavoro, si regolano i volumi e si fanno tutti gli aggiustamenti tecnici del caso, i lettori sono autonomi. Arrivano, salutano e si accomodano nelle cabine. Se sbagliano, o anche solo se vogliono rifare meglio un pezzo, si fermano, fanno una specie di ciak («ma non tutti se ne ricordano») e ricominciano.

I lettori vengono pagati per ogni ora effettiva di audiolibro terminato. Se sull’app di Storytel un libro dura 10 ore, il lettore viene pagato una cifra X moltiplicata per dieci. La cifra X varia ovviamente da un lettore all’altro e nella maggior parte dei casi non supera i 100 euro. La Rosa spiega che «da ogni turno di tre ore in genere si tirano fuori due ore, al massimo due ore e mezza, di libro finito». Le registrazioni di Storytel si fermano sempre per qualche minuto intorno a mezzogiorno, perché lì vicino suonano delle rumorose campane e altrimenti le sentireste nel bel mezzo del vostro romanzo islandese preferito.

Dopo che il lettore legge e si registra, c’è chi provvede di volta in volta a tagliare, montare e pulire quanto ha letto. Per ogni ora finita di audiolibro c’è un lavoro di editing di almeno due ore. La Rosa spiega che poi c’è una «fase di proofreading nella quale alcune persone, spesso dei freelance, ascoltano l’audio leggendo nel frattempo il testo del libro» per evidenziare eventuali errori, come salti di frasi o di parole. Finita questa fase si torna in cabina di registrazione per sistemare eventuali errori e poi c’è la fase finale detta di mastering (o ottimizzazione) di cui La Rosa è direttamente responsabile.

Tutta la fase di lettura e correzione è ovviamente più veloce quando a leggere è un professionista della voce o della recitazione. Va un po’ più a rilento quando a leggere è l’autore stesso, che ha il considerevole vantaggio di conoscere benissimo quello che ha scritto e di poterlo rendere molto personale, ma lo svantaggio di trovarsi a fare un lavoro che spesso non è propriamente il suo.

Così come capita per un film o una canzone anche un audiolibro viene compresso e caricato sull’app in un formato diverso, che fa sì che un libro come Congo, che dura 30 ore, occupi, se scaricato, 800 megabyte di memoria del vostro smartphone, «in formato mp3 a 256 kbit/s».

La Rosa stima che per M. ci vorranno un po’ meno di 50 ore di registrazione e un centinaio di ore editing, il tutto per un audiolibro la cui durata prevista è più o meno di 25 ore. Farina ha fatto la sua prima sessione di lettura a inizio gennaio e l’ultima dovrebbe essere a fine febbraio. La Rosa al momento sta lavorando a circa 15 libri e un libro mediamente si inizia e finisce in poco più di un mese. Un libro a due voci, di oltre 800 pagine, ha ovviamente tempi più lunghi.

Sia Furlan che La Rosa dicono che non è finora mai capitato di sostituire un lettore dopo alcune sessioni, come si fa con certi attori quando proprio non vanno bene per un ruolo. Dicono però che c’è ovviamente chi è molto bravo e chi fa più fatica, e che capita quindi di non richiamare certi lettori per nuovi libri. Entrambi dicono di essere sempre molto preoccupati dalle pronunce di luoghi e nomi stranieri, che sono controllate e verificate con cura prima di registrare. È uno di quei casi in cui torna comodo avere amici sparsi per il mondo.

Mentre Furlan e La Rosa spiegano queste cose, e dopo che già sono suonate le campane di mezzogiorno, Farina esce dalla cabina dopo aver finito le sue tre ore. Ha 61 anni, i capelli neri, il pizzetto brizzolato, un maglione azzurro e la voce calda e autorevole che vi aspettereste da uno che per lavoro ha appena letto un libro di Scurati sul giovane Mussolini. Ha appena finito di leggere «un pezzo relativo al 1919, che parla di Bombacci»: Nicola Bombacci, amico di Mussolini che in quell’anno era segretario del Partito Socialista italiano. La prima cosa di cui parla è però il caldo che ha avuto in cabina e con un paio di battute si capisce che c’è stata una piccola svista che non ha fatto funzionare la ventilazione.

Farina tiene un master sulla lettura interpretativa all’Università Cattolica e nella sua vita ha fatto il doppiatore e il direttore del doppiaggio per il cinema, la voce per la pubblicità e la tv, e l’attore per il teatro, «quello di avanguardia vera». Racconta che il suo lavoro per M. «consiste nello studiare il libro, più che leggerlo» e che ogni sera prima della registrazione lo legge a casa ad alta voce, facendo segni di vario tipo: «Alcuni convenzionali, altri inventati da me». Lo fa per «trasformare il testo in una sorta di spartito» e parlando fa alcuni esempi di come, specie nel caso di certi incisi, «la punteggiatura nella lettura per forza di cose deve essere diversa da quella nella scrittura». Per Farina la principale difficoltà nel leggere un testo di Scurati sta nei suoi lunghi periodi, per l’appunto pieni di incisi. «Bisogna rendere il testo scorrevole cercando di non far perdere per strada informazioni importanti».

Nelle sue prime sessioni Farina ha già letto decine di pagine, ma spiega che il momento più ostico è stato all’inizio, perché il libro si apre con «i pensieri di Mussolini» prima di parlare davanti a una platea dopo aver perso le elezioni. «Va fatto come monologo», spiega, «e il tono diventa grave o leggero a seconda dei fatti». E mentre lo dice interpreta un pezzo del monologo («Aspettano che io parli ma io non ho nulla da dire») e cammina avanti e indietro per la stanza, cosa che ovviamente non può fare in cabina. Spiega che gran parte del libro è raccontato, mentre il monologo va interpretato perché «parla del rovello di quest’uomo prima di parlare davanti a una platea». Farina dice, citando un pezzo del libro di Scurati, che viene spesso fuori il fatto che Mussolini «non resiste alla tentazione del pubblico, fosse anche solo un fattorino».

Sullo stare chiuso tre ore in una (a volte calda) cabina, Farina dice: «Quel raccoglimento, quella cosa lì, non dico che mi aiuta, però non mi disturba», e alla fine è utile alla concentrazione «perché sei il bue e l’asinello di te stesso». Spiega che legge da seduto, che se non c’è da «portare la voce, cioè parlare forte, alzando e timbrando di più», non serve stare in piedi.

Ragaini viene dall’editoria, ma dice che prima di Storytel non era un ascoltatore di audiolibri; Furlan viene dall’editoria digitale; De Rosa dalla musica e Farina lavora da decenni con la voce ma è al suo primo vero audiolibro. Tutti e quattro fanno un lavoro che fino a un po’ di anni fa non esisteva.

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