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  • Lunedì 17 dicembre 2018

Trump si sta impuntando sulla costruzione del muro

Ha minacciato uno "shutdown" del governo se nella legge di bilancio non ci saranno 5 miliardi di dollari per il confine col Messico: Repubblicani e Democratici cercano una mediazione

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e i suoi più stretti consiglieri continuano a sostenere la “chiusura” delle attività del governo nel caso in cui nella nuova legge finanziaria non siano compresi i fondi per costruire il muro lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, necessario secondo loro per contrastare l’immigrazione irregolare. Il cosiddetto “shutdown” – a cui si arriva ogni volta che una legge finanziaria non viene approvata nei termini previsti – prevede che tutte le attività non essenziali del governo siano interrotte, con congedo dal lavoro e senza paga per buona parte delle persone impiegate negli uffici dell’amministrazione pubblica. L’intransigenza di Trump sta mettendo in difficoltà i Repubblicani, che vorrebbero evitare la chiusura e trovare un accordo con i Democratici, in modo da approvare la nuova legge sulla spesa al Congresso.

La scorsa settimana Trump aveva incontrato alla Casa Bianca i due più importanti leader dei Democratici al Congresso: la futura leader della maggioranza alla Camera, Nancy Pelosi, e il leader di minoranza del Senato, Chuck Schumer. L’incontro aveva portato a un insolito confronto, molto duro per gli standard del cerimoniale, tra i due leader e Trump davanti alle telecamere, proprio sulla questione del muro.

Trump aveva detto che sarebbe stato “fiero” di arrivare a uno shutdown nel caso in cui il Congresso si fosse rifiutato di mettere a bilancio 5 miliardi di dollari per finanziare la costruzione del muro, il cui costo totale dovrebbe aggirarsi tra i 20 e i 70 miliardi di dollari, a seconda delle stime. Schumer e Pelosi gli avevano risposto sostenendo che i Democratici non avrebbero mai accettato una simile proposta, e che Trump avrebbe avuto difficoltà a trovare consensi anche tra i parlamentari Repubblicani.

Domenica 16 dicembre, nel corso di un’intervista televisiva, uno dei più stretti consiglieri di Trump sui temi dell’immigrazione, Stephen Miller, ha confermato che il presidente “ha tutte le intenzioni” di arrivare a uno shutdown del governo se non si sbloccasse il tema dei fondi per il muro tra Messico e Stati Uniti. Sempre domenica, Schumer ha invece mantenuto la sua posizione, ricordando che Trump: “Non avrà il suo muro in nessuna forma”.

Una proposta di compromesso prevede una spesa di circa 1,6 miliardi di dollari il prossimo anno per le attività legate al controllo dei confini, senza citare esplicitamente il muro. I Democratici sono inclini a un finanziamento di questo tipo, ma non ad aumentare la spesa o a destinare fondi alla costruzione del muro voluto da Trump. Quest’ultimo non ha però offerto nulla in cambio nelle trattative, se non la minaccia di procedere con uno shutdown.

Trump aveva già minacciato la scorsa estate di procedere a una chiusura parziale del governo, sempre sollevando il tema del muro. Da quando è presidente, questo sarebbe il terzo shutdown per Trump: il primo avvenne lo scorso gennaio, quando i Democratici provarono a forzare un dibattito parlamentare in Senato proprio sui temi dell’immigrazione. Il secondo avvenne brevemente poche settimane dopo, in seguito alla mancata approvazione di una legge sulla spesa pubblica.

Come spiega un’analisi del New York Times, per Trump le cose sono ulteriormente complicate dal fatto che buona parte del Congresso è attualmente dimissionario, in seguito alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre. Molti rappresentanti alla Camera non si stanno più presentando, in attesa del passaggio di consegne ai nuovi eletti. Soprattutto tra i parlamentari Repubblicani, c’è meno coesione e iniziano a esserci difficoltà nel tenere sotto controllo gli esiti delle votazioni. L’imminente pausa natalizia complica ulteriormente le cose, con molti parlamentari restii a tornare a Washington nei giorni prima del Natale per sessioni extra sulla legge di spesa del bilanco.