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  • Giovedì 29 novembre 2018

Jack Ma, l’uomo più ricco della Cina, è iscritto al Partito comunista

Non è così strano come potrebbe sembrare e ha spiegazioni precise

Jack Ma (Wang He/Getty Images)
Jack Ma (Wang He/Getty Images)

Il Quotidiano del popolo, giornale del Partito comunista cinese più noto con il nome della sua versione in lingua inglese, People’s Daily, ha pubblicato lunedì una lista di 100 cittadini cinesi che negli ultimi quarant’anni hanno dato un grande contributo allo sviluppo del paese: tra loro c’è anche Jack Ma, ricchissimo fondatore della società di e-commerce Alibaba, senza dubbio il capitalista più noto nella Cina di oggi. Nella descrizione dell’articolo, Jack Ma è introdotto come iscritto al Partito comunista cinese.

La cosa è apparentemente bizzarra e in contraddizione con la sua intensa attività imprenditoriale – e l’equa distribuzione delle risorse? e la lotta alla proprietà privata? – ma non è per niente rara in Cina, ed è esemplare sia della pervasività del Partito comunista (il 7 per cento della popolazione cinese è infatti iscritta al partito) sia del particolare significato che ha in Cina il comunismo.

Al contrario di quello che si intende storicamente per comunismo, infatti, in Cina da tempo esiste la cosiddetta “economia di mercato socialista”, cioè un’economia basata su un sistema misto di mercato e pianificazione: una cosa che viene definita dagli stessi leader cinesi come «socialismo con caratteristiche cinesi», espressione coniata all’inizio degli anni Ottanta da una leadership moderata che voleva distanziarsi dagli anni della Rivoluzione Culturale (1966-1976). Il «socialismo con caratteristiche cinesi» non è definibile in poche righe, ma racchiude un’idea di duttilità e adattabilità alle circostanze esterne che è molto lontana dalla rigidità delle idee del comunismo più intransigente. È per esempio un sistema che nel corso degli anni ha permesso l’introduzione di importanti aspetti ed elementi dell’economia di mercato. Nonostante lo statuto del Partito comunista descriva ancora i suoi membri come «combattenti della classe operaia» con «coscienza comunista», per esempio, l’imprenditoria privata – introdotta nel 2001 – è oggi molto diffusa e molto vicina alla leadership del paese.

La rivelazione del Quotidiano del Popolo ha attirato molte attenzioni, anche perché in passato Ma aveva tentato di mantenere una certa distanza dal governo. Quando gli veniva chiesto come la pensasse, Ma rispondeva: «Sono innamorato del governo, ma non lo voglio sposare». Nella realtà cinese, però, l’affiliazione di Ma al Partito comunista non è così ambigua e nemmeno così contraddittoria: rientra perfettamente nell’idea di comunismo e di società che si è sviluppata in Cina negli ultimi anni, in particolare sotto la presidenza di Xi Jinping.

L’affiliazione di Ma al Partito comunista cinese, ha scritto il New York Times, riflette la volontà della leadership del paese di rafforzare la sua legittimità di fronte alla propria popolazione: raccontare grandi storie di successo economico, come quella di Ma, è uno dei sistemi che ha infatti trovato il presidente Xi Jinping per rafforzare ancora di più il ruolo del partito nella società. Il messaggio che sta lanciando il partito è chiaro, ha detto al New York Times Kellee Tsai, dell’università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong: «Anche Jack Ma è un membro del partito. Non ti fa venire voglia di unirti?».

Il padrone della Cina

L’iscrizione al Partito comunista di grandi e importanti imprenditori cinesi non porta benefici solo al partito, ma anche agli imprenditori stessi, che in questo modo possono sfruttare i benefici di un’ampia rete di protezione che altrimenti non avrebbero. In Cina, infatti, la proprietà privata è poco protetta ed è per lo più soggetta alle decisioni unilaterali e spesso arbitrarie dello stato. Non è chiaro quanti soldi Jack Ma dia al Partito comunista, anche se si sa che normalmente gli iscritti con i redditi più alti versano mensilmente al partito il 2 per cento del loro stipendio.

Il potere della classe imprenditoriale cinese, ha scritto il New York Times, si è ridotto da quando Xi Jinping è diventato presidente, nel 2012. Sotto la guida di Xi, il Partito comunista ha cominciato ad avere un ruolo sempre più rilevante nella politica e nell’economia nazionali, una tendenza opposta a quella che si era vista durante la leadership di un altro grande e potente presidente cinese, Deng Xiaoping, tra il 1978 e il 1992. Per esempio, ogni ente con più di tre membri iscritti al Partito comunista è oggi obbligato per legge a istituire uno spazio fisico per una sezione del partito stesso. Secondo i dati ufficiali, circa tre quarti delle imprese private cinesi lo hanno fatto nel 2017.