La lite tra Italia e Germania sui migranti

La Germania vuole riportare in Italia i cosiddetti migranti "dublinati": è una storia complicata e poco chiara, che si intreccia con diverse questioni di politica interna

Il ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini e quello tedesco Horst Seehofer a Innsbruck, Austria, l'11 luglio 2018 (BARBARA GINDL/AFP/Getty Images)
Il ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini e quello tedesco Horst Seehofer a Innsbruck, Austria, l'11 luglio 2018 (BARBARA GINDL/AFP/Getty Images)

Negli ultimi due giorni si è parlato parecchio di un nuovo litigio tra Italia e Germania sui migranti, sul quale si è espresso con parole molto dure anche il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini. La disputa riguarda i migranti che in base agli accordi di Dublino dovrebbero rimanere nel paese di primo ingresso, in questo caso l’Italia, ma che nel frattempo si sono spostati altrove, in questo caso in Germania. La questione è nata quando si è diffusa la notizia che il governo tedesco aveva organizzato dei voli charter per riportare in territorio italiano i migranti che avevano fatto richiesta di protezione internazionale in Italia e che poi però erano andati in Germania. Domenica Salvini ha pubblicato un post su Facebook dicendo di non essere disposto ad accogliere alcun migrante dalla Germania e ha minacciato di chiudere gli aeroporti «come abbiamo chiuso i porti».

Negli ultimi due giorni c’è stata un po’ di confusione attorno a questa storia, anche perché i governi di Italia e Germania hanno dato versioni diverse su quanto successo. Partiamo dall’inizio.

Chi sono i cosiddetti “dublinati”?
I migranti al centro dello scontro tra Italia e Germania sono i cosiddetti “dublinati”, cioè quelle persone costrette dagli accordi di Dublino a fare richiesta di protezione internazionale nel primo paese di accesso all’Unione Europea, in questo caso l’Italia. Sempre secondo gli accordi di Dublino, questi migranti dovrebbero rimanere nel paese di primo ingresso fino a che la loro richiesta non riceva risposta definitiva dalle autorità competenti. Nella realtà, però, molti di loro considerano il paese di primo ingresso solo un territorio di transito, e dopo avere fatto domanda di protezione si spostano da altre parti, molto spesso in Germania. Anche volendo, sarebbe complicato trattenerli: una volta che fanno richiesta di protezione internazionale, i migranti non sono clandestini e non possono essere detenuti in prigione o in centri di altro tipo.

In teoria, l’Italia non potrebbe opporsi all’invio di richiedenti protezione internazionale che hanno fatto richiesta in Italia e che poi si sono spostati in altri paesi: l’Italia, così come molti altri paesi europei, è firmataria degli accordi di Dublino, cioè trattati che impongono diversi obblighi ai paesi di primo ingresso nell’Unione Europea.

Per dare concreta applicazione ai trattati e per facilitare il ritorno dei richiedenti protezione internazionale, comunque, lo scorso agosto il governo tedesco aveva firmato un accordo con la Spagna e con la Grecia, che come l’Italia sono due paesi di primo ingresso. Secondo alcuni osservatori, l’accordo era stato più che altro una concessione del governo di Angela Merkel ai suoi alleati dell’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU, il partito conservatore regionale storico alleato della CDU di Merkel) e al suo leader Horst Seehofer, attuale ministro dell’Interno tedesco. Merkel e Seehofer si erano scontrati lo scorso luglio, quando Seehofer aveva chiesto politiche più dure sull’immigrazione e si era parlato di possibili dimissioni della Cancelliera: i due alla fine avevano trovato un accordo proprio sui migranti, salvando il governo e almeno apparentemente mettendo fine alla crisi tra i due partiti.

Nelle ultime settimane la Germania ha cercato di concludere un accordo simile con l’Italia, senza però riuscirci.

Come ha funzionato finora tra Italia e Germania
Italia e Germania hanno un’intesa di massima sulla modalità dei rimpatri. Come ha scritto il Corriere, «finora tra Roma e Berlino c’è sempre stata collaborazione, anche per quanto riguarda le scadenze da rispettare. Quando il migrante viene fermato in Germania, ci sono due mesi di tempo per controllare l’identità e scoprire – attraverso la banca dati europea – da dove proviene e dunque formalizzare la richiesta di trasferimento. A quel punto lo Stato di provenienza (nel caso specifico l’Italia) ha altri due mesi per effettuare i controlli e rispondere all’istanza. Se non lo fa, scatta una sorta di silenzio assenso e viene attivata la procedura per il trasporto».

I viaggi di ritorno, realizzati per lo più usando voli di linea e treni, non sono un fenomeno nuovo: sono iniziati molti mesi fa, proprio come effetto degli accordi di Dublino. Non è chiaro invece se la modalità dei voli charter – introdotta in parte per rendere più pratico il trasferimento e le relative procedure – sia una novità oppure no. Il governo italiano sembra suggerire di sì, ma Repubblica scrive che fonti del Viminale hanno sostenuto il contrario: «i viaggi charter da Berlino, Monaco e Francoforte con destinazione Roma Fiumicino vanno avanti con la media di due al mese almeno dai tempi del ministero Minniti», cioè quando il governo era guidato dal PD.

C’è anche da considerare che finora i rimpatri hanno riguardo un numero molto esiguo di richiedenti protezione internazionale. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Interno tedesco, nei primi sei mesi del 2018 la Germania ha fatto richiesta di 10.748 espulsioni verso l’Italia, portandone a termine 1.692: solo una parte di questi erano cosiddetti “dublinati”. Al centro dell’attuale disputa tra Italia e Germania ci sarebbero poche decine di migranti.

Perché tutto questo casino?
Ci sono diverse ragioni, che riguardano più la politica interna tedesca e italiana he il tema del ritorno dei migranti in sé.

Anzitutto il governo tedesco ha smentito la notizia di avere messo in programma per i prossimi giorni voli charter per inviare migranti in Italia. Non c’è molta chiarezza però su questo punto. Alcuni giornali tedeschi sostengono infatti che i voli charter sarebbero stati preparati in autonomia dal governo dello stato tedesco della Baviera, dove governa il partito del ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer. La decisione, ipotizzano alcuni, potrebbe essere stata presa in vista delle elezioni locali che si terranno il 14 ottobre, tra meno di una settimana: la CSU potrebbe avere voluto usare la questione per mostrare ai suoi potenziali elettori di voler adottare una linea dura sull’immigrazione distanziandosi dalle politiche di Merkel, che negli ultimi anni sono state considerate da più parti troppo permissive. Non ci sono comunque certezze al riguardo e il governo tedesco non ha confermato queste ipotesi.

Motivi simili – legati quindi all’opportunità politica – sarebbero gli stessi che hanno portato Salvini a minacciare la chiusura degli aeroporti: secondo Reuters, Salvini avrebbe voluto usare il tema dei “dublinati” per ottenere concessioni su altre parti degli accordi.

Lo scorso mese il ministro dell’Interno tedesco, Seehofer, aveva detto di avere raggiunto un accordo con l’Italia sulla questione dei “dublinati” e di aspettarsi in breve tempo una firma da entrambe le parti. L’accordo era simile a quello concluso con la Grecia: per ogni richiedente asilo espulso verso l’Italia, la Germania avrebbe preso un migrante proveniente dalle missioni di salvataggio in mare. Salvini però aveva chiesto più concessioni: voleva una revisione degli accordi di Dublino, quindi sulla gestione dei richiedenti asilo che arrivano in Europa, e della missione navale europea Sophia, che prevede che tutti i migranti soccorsi nel Mediterraneo vengano portati in Italia. Seehofer aveva commentato dicendo che Salvini di fatto stava cercando di obbligare la Germania ad appoggiare le posizioni dell’Italia sull’immigrazione di fronte agli altri stati dell’Unione Europea.

È difficile dire come finirà tutta questa storia, che è molto più grossa di una semplice disputa tra Italia e Germania sui cosiddetti “dublinati”. È difficile anche perché la riforma degli accordi di Dublino è un tema su cui l’Unione Europea discute ormai da diversi mesi, senza trovare soluzione. C’è poi da considerare anche che lo scorso giugno Salvini aveva definito «una vittoria» per l’Italia la bocciatura di una proposta di riforma di Dublino, che avrebbe potuto cambiare le cose: il governo italiano Lega-M5S aveva votato insieme a Austria, Romania, Slovenia, Slovacchia e Ungheria, tutti paesi che sul tema dell’immigrazione hanno interessi opposti a quelli dell’Italia e che sarebbero favorevoli a tenersi un sistema come quello attuale, responsabile della crisi migratoria in Italia degli ultimi anni.