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  • Lunedì 20 agosto 2018

Oggi in Grecia è un giorno importante

È finito anche l'ultimo programma di aiuti internazionali: cosa succede adesso

Delle turiste accanto a una scritta di protesta contro l'austerità, Atene, 18 agosto 2018 (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)
Delle turiste accanto a una scritta di protesta contro l'austerità, Atene, 18 agosto 2018 (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Lunedì 20 agosto la Grecia è ufficialmente uscita dal piano di salvataggio deciso otto anni fa con i creditori internazionali: Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. È terminato infatti anche l’ultimo programma di aiuti, il terzo, approvato nell’agosto del 2015, che consisteva in un prestito da 86 miliardi di euro da erogare in cambio dell’approvazione di una serie di misure di austerità da parte del governo attualmente guidato da Alexis Tsipras. Dopo l’Irlanda nel 2013, la Spagna e il Portogallo nel 2014 e Cipro nel 2016, la Grecia è l’ultimo paese dell’Unione Europea a lasciare la tutela del cosiddetto “memorandum” e potrà tornare – vedremo a quali condizioni – a ottenere denaro prendendone in prestito sui mercati internazionali.

La Grecia resterà comunque soggetta a un monitoraggio trimestrale, e si è impegnata a raggiungere una serie di obiettivi di bilancio: un avanzo primario del 3,5 per cento fino al 2022 e poi del 2,2 per cento fino al 2060. L’avanzo primario è il saldo positivo tra le entrate e le uscite del governo, escluse le spese per interessi. A fine giugno, per facilitare il ritorno all’autonomia del paese e per rassicurare gli investitori internazionali, i ministri delle Finanze dei paesi che adottano l’euro avevano raggiunto un accordo per alleggerire il debito della Grecia verso di loro:un rinvio di dieci anni e un nuovo prestito da 15 miliardi di euro per garantire autosufficienza nei prossimi due anni. In quell’occasione, il primo ministro Alexis Tsipras aveva parlato di «accordo storico»: «Questa è una nuova pagina per il paese. Non significa che dobbiamo abbandonare il percorso prudente di bilanci equilibrati e riforme strutturali (…) ma che possiamo abbandonare la spinosa strada dei memorandum e dell’austerità estrema».

In un’intervista pubblicata qualche giorno fa sul quotidiano Kathimerini, il governatore della banca centrale greca, Yannis Stournaras, ha comunque messo in guardia il governo greco dal tornare indietro da qualsiasi impegno preso con i creditori: «Se torniamo indietro da ciò che abbiamo accettato, ora o in futuro, i mercati si arrenderanno e non saremo in grado di rifinanziare i prestiti in scadenza in modo sostenibile». Dopo la fine del programma, nonostante gli impegni di bilancio e il monitoraggio trimestrale, il primo ministro Alexis Tsipras ha promesso di migliorare la situazione delle persone più colpite dall’austerità con un sostegno sociale, e ha parlato di una possibile riduzione delle tasse per le imprese per facilitare le assunzioni.

Negli ultimi otto anni, per evitare il rischio di bancarotta e sotto la pressione dei creditori, in Grecia sono state approvate diverse misure molto pesanti: aumento delle imposte, riduzione della spesa, revisione del sistema pensionistico, riduzione dei salari pubblici tra il 10 e il 40 per cento, privatizzazione di alcuni settori. In alcuni momenti particolarmente critici, il governo greco ha anche fatto ricorso a misure emergenziali, come il controllo sui capitali imponendo limiti ai prelievi giornalieri dai conti correnti che avevano causato code e panico agli sportelli delle banche.

Attualmente la situazione economica e sociale della Grecia è piuttosto fragile. Dal 2010 a oggi ha perso un terzo del suo PIL e mezzo milione di persone è emigrato all’estero. Nello stesso periodo, il 20 per cento più povero della popolazione ha perso il 42 per cento del suo potere d’acquisto. Lo stato ha un debito di 320 miliardi di euro, pari al 180 per cento del PIL, il secondo rapporto più alto del mondo, e il tasso di disoccupazione – sebbene sia diminuito e sia attualmente intorno al 19 per cento – è tra i più alti d’Europa. Gli stipendi medi sono diminuiti e la riduzione dei redditi dei lavoratori e delle lavoratrici ha portato all’impoverimento delle famiglie. Sono aumentati i problemi abitativi e i bisogni legati allo stato di salute, che riguardano quasi una persona su quattro. Con la crisi, la Grecia ha perso un quarto della propria ricchezza.