Gli uccelli possono imparare le lingue di altri uccelli?

Non si sa con certezza, ma per un particolare tipo di scricciolo la risposta è sì: l'ha dimostrato un gruppo di ricercatori in Australia

Un Malurus cyaneus, un tipo di scricciolo che vive in Australia (Jessica McLachlan via AP)
Un Malurus cyaneus, un tipo di scricciolo che vive in Australia (Jessica McLachlan via AP)

Gli uccelli possono imparare a riconoscere il significato dei versi di specie di uccelli diverse dalla loro. È la conclusione di uno studio condotto in Australia e pubblicato il 2 agosto sulla rivista Current Biology. Si sapeva già che gli animali selvatici sono in grado di riconoscere i segnali di allarme di altri animali, come quelli che indicano l’arrivo di un predatore, ma non si sapeva se il riconoscimento fosse innato oppure frutto di un processo di apprendimento. Ora sappiamo che dipende dall’apprendimento, almeno per gli uccelli della specie Malurus cyaneus, un tipo di scricciolo, cioè di uccello piccolissimo simile a un passerotto, i cui maschi hanno parte del piumaggio di colore blu.

Per capire se gli scriccioli fossero capaci di imparare il significato di alcuni versi di altri uccelli, gli autori dello studio sono andati in giro per i giardini botanici di Canberra portando con sé degli amplificatori con cui riprodurre due tipi di suoni sconosciuti agli scriccioli: il verso che l’Acanthiza uropygialis, un altro tipo di passero, fa quando si accorge di un pericolo e un generico suono simile al verso di un uccello prodotto da un computer. Ogni volta che avvistavano uno scricciolo da solo, i ricercatori riproducevano uno e l’altro suono; lo facevano solo in presenza di un unico scricciolo perché dovevano essere sicuri che non si comportasse in un certo modo sotto l’influenza di altri uccelli. Al primo ascolto tutti e sedici gli uccelli coinvolti non hanno reagito ai due suoni.

Successivamente i ricercatori hanno passato tre giorni a cercare di insegnare agli scriccioli che i due suoni che gli avevano fatto sentire erano segnali di pericolo. A otto degli uccelli che avevano sottoposto al test iniziale hanno fatto ascoltare il verso dell’Acanthiza uropygialis in associazione ad altri versi che per gli scriccioli erano già avvisi di pericolo. Con gli altri otto uccelli hanno fatto la stessa cosa usando il suono prodotto dal computer.

Alla fine dei tre giorni i ricercatori hanno verificato se gli scriccioli avessero imparato o meno a riconoscere i due suoni inizialmente sconosciuti come segnali di pericolo: per farlo hanno fatto sentire loro i due nuovi suoni da soli e hanno osservato il loro comportamento. Dodici dei sedici scriccioli sottoposti al test sono fuggiti ogni volta che hanno sentito il suono che avevano ascoltato in associazione a un avviso di pericolo già noto; gli altri quattro scriccioli non sono fuggiti tutte le volte, ma almeno per i due terzi. Il gruppo a cui non era stato insegnato a riconoscere il verso dell’Acanthiza uropygialis non ha avuto alcuna reazione riascoltandolo; lo stesso è successo con il gruppo a cui non era stato insegnato a riconoscere il suono del computer: anche in questo caso non c’è stata alcuna reazione.

Per descrivere in termini umani quello che è successo, è come se un gruppo di persone italiane avesse sentito più volte la parola islandese “Hætta” pronunciata insieme all’inglese “Danger” o anche allo stesso italiano “Attenzione” e avessero così finito per imparare che “Hætta” significa che c’è un pericolo.