Cosa cambia per le aziende europee dopo l’accordo Juncker-Trump
Trump ha promesso che non aumenterà le tasse sulle auto europee, cosa che secondo molti eviterà conseguenze disastrose
Ieri c’è stato un incontro ufficiale fra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Doveva essere una specie di visita di cortesia, e invece si è trasformata in un negoziato per cercare di superare la guerra commerciale avviata negli scorsi mesi dagli Stati Uniti. La conseguenza più rilevante dell’incontro è stata la promessa di Trump di non aumentare i dazi sulle auto europee, cosa che secondo tutti gli osservatori avrebbe portato a conseguenze disastrose per le aziende e i lavoratori dell’Unione. La minaccia era così concreta che la commissaria europea al commercio, Cecilia Malmström, aveva detto di aver pronti nuovi dazi per i prodotti americani per un valore di 20 miliardi di euro all’anno.
In campagna elettorale Trump se l’è presa spesso con gli accordi commerciali, che a suo dire – e senza grandi prove – danneggiano gli Stati Uniti: fra questi ci sono i dazi imposti alle automobili assemblate in Europa. Gli Stati Uniti da diversi anni le tassano al 2,5 per cento, mentre l’Unione Europea tassa le auto americane al 10 per cento. C’è una ragione molto semplice per questa differenza, che Trump percepisce come un’ingiustizia: mentre in Europa le auto americane hanno pochissimo mercato, le auto europee negli Stati Uniti vanno fortissimo, e le loro fabbriche danno lavoro a decine di migliaia di americani: per questo le tasse di importazione sono molto più basse.
La maggior parte delle auto europee importate negli Stati Uniti sono prodotte da marchi di lusso esclusivamente europei, come Mercedes, Audi, Porsche e Ferrari. Il volume degli affari è così elevato che gli Stati Uniti sono il primo mercato estero per le auto europee: nel 2016 il mercato delle auto europee negli Stati Uniti aveva un valore di 48 miliardi di dollari. Una macchina su quattro fra quelle prodotte in Europa e destinata all’estero, è finita negli Stati Uniti. Al contrario, le case automobilistiche americane hanno solamente una piccola fetta di mercato fra le auto importate in Europa, pari al 14 per cento.
Trump, e come lui molti altri conservatori in economia, ritiene che la situazione attuale sia figlia di una tassazione troppo morbida sulle auto europee, che costano così poco da fare concorrenza sleale a quelle americane. In un tweet del 22 giugno poi cancellato, Trump chiedeva la rimozione della tassa del 10 per cento sulle auto americane in Europa minacciando una decuplicazione della tassa sulle auto europee, fino al 20 per cento. Aumentando le tasse sulle auto europee, secondo la scuola di pensiero protezionista, il loro prezzo si gonfierebbe, inducendo i consumatori americani a preferire auto americane.
In realtà non è così semplice: sia perché agli americani le auto europee piacciono molto e forse le comprerebbero anche a prezzi maggiori, sia perché aumentare le tasse sulle auto importate dall’Europa avrebbe conseguenze negative per le fabbriche americane dei marchi europei. Secondo dati forniti dalla Commissione Europea, ogni anno le case automobilistiche europee producono negli Stati Uniti 2,9 milioni di auto, e danno lavoro a 120mila operai. «Se il prezzo di un’auto aumenta improvvisamente del 20 per cento, ci saranno ripercussioni sulle vendite», ha spiegato a CNN Money Rebecca Cox, analista per la società di consulenza Cox Automotive: «significa che saranno disponibili meno soldi da investire nelle fabbriche americane, oltre che in quelle europee».
La più grande fabbrica del mondo di BMW si trova in South Carolina e produce ogni anno 371mila auto. Trump ha invitato le case automobilistiche europee a produrre di più negli Stati Uniti, cioè in certo senso a fare come BMW, ma anche la casa automobilistica tedesca si è schierata contro la possibilità di una tassa al 20 per cento: oltre alla possibile riduzione di soldi da investire, soffrirebbe anche dei dazi per importare alcuni componenti per l’Europa, cosa che farebbe aumentare ulteriormente il prezzo delle auto, anche quelle prodotte negli Stati Uniti. A fine giugno due grosse associazioni di produttori di automobili, una delle quali rappresenta proprio BMW, aveva avvertito che un aumento delle tasse sulle auto americane fino al 25 per cento avrebbe comportato il licenziamento di centinaia di migliaia di lavoratori in tutto il mondo.