Il rapimento del padre del capitano della Nigeria
John Obi Mikel è stato informato del sequestro poco prima della partita decisiva contro l'Argentina, che ha giocato senza dire niente a nessuno
Martedì scorso, mentre si stava dirigendo in pullman con la sua squadra verso San Pietroburgo per giocare una partita dei Mondiali di calcio, il centrocampista e capitano della Nigeria John Obi Mikel è stato informato dalla sua famiglia che suo padre, Pa Michael Obi, era stato rapito in un tratto di strada a sud della capitale Abuja. A poche ore dalla partita contro l’Argentina, decisiva per la qualificazione agli ottavi di finale, Mikel ha quindi dovuto contattare i rapitori, i quali gli hanno chiesto un riscatto per la liberazione. Il giocatore lo ha raccontato di recente al Guardian: per alcune ore lo aveva tenuto nascosto anche alla federazione nigeriana, obbedendo alle minacce dei sequestratori.
Il padre di Mikel era già stato sequestrato nel 2011 a Jos, città in cui vive e lavora. La scorsa settimana era partito proprio da Jos per andare a un funerale nella città di Enugu, nel sud-est del paese, quando un gruppo di persone, dopo avergli bloccato la strada, lo avevano prelevato con la forza. Secondo quanto raccontato da Mikel, suo padre è stato anche torturato dai rapitori prima che lunedì scorso la polizia nigeriana trovasse il luogo in cui lo nascondevano. Dopo la liberazione è stato ricoverato in ospedale per le lesioni provocate dalle torture.
Al Guardian Mikel ha detto di aver trovato comunque la forza e la concentrazione per giocare. È infatti il capitano della nazionale, e ai Mondiali è stato peraltro uno dei migliori della squadra. La partita è stata vinta dall’Argentina e la sconfitta ha sancito l’eliminazione della Nigeria dal torneo. Mentre raggiungeva San Pietroburgo per giocare Mikel aveva parlato con i rapitori, che oltre a intimargli il pagamento di un riscatto avevano minacciato di sparare al padre se avesse parlato del rapimento con qualcuno al di fuori della sua famiglia: «Ero emotivamente sconvolto e ho dovuto decidere da solo se sarei stato in grado di giocare. Ero confuso e non sapevo cosa fare, ma poi ho capito che non potevo deludere 180 milioni di nigeriani».