Andrà di moda vestirsi come i padri?

Cioè vestirsi male, con abiti sciatti ma comodi: è il nuovo stile su cui si stanno buttando diverse importanti aziende di moda

La sfilata dadcore di Balenciaga, Parigi, 21 giugno 2017
(© PPS via ZUMA Wire)
La sfilata dadcore di Balenciaga, Parigi, 21 giugno 2017 (© PPS via ZUMA Wire)

Negli ultimi mesi la moda della “moda brutta” – promossa tra i primi da Prada e recentemente fatta propria dal direttore creativo di Balenciaga, Demna Gvasalia – si è arricchita di un nuovo stile: è stato soprannominato da Voguedadcore chic“, perché ricerca e rivaluta l’abbigliamento sfigato, brutto ma funzionale tipico dei padri degli anni Novanta e portato di solito solo da un certo tipo di uomo di mezza età. Vi verranno subito in mente pantaloni beige a vita alta, jeans sformati, sandali aperti col calzino, camicie hawaiane, marsupi, sneaker che sembrano scarpe ortopediche.

Il grafico mostra la ricerca della parola “Dadcore” su Google negli ultimi cinque anni. 
(Google Trends)

È una tendenza iniziata da qualche tempo e cresciuta negli ultimi mesi, soprattutto dopo che nel giugno 2017 Balenciaga, tra i marchi più influenti al mondo, presentò alla Settimana della moda di Parigi la collezione maschile per la primavera/estate 2018: i modelli indossavano pantaloni comodi, jeans scoloriti che cadevano dritti sulla gamba, camicie informi e indumenti tecnici. Il tutto, non fosse stato abbastanza chiaro, sfilando con bambini alla mano.

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A marzo 2018 Louis Vuitton ha scelto come direttore creativo della linea maschile Virgil Abloh, fondatore del marchio Off-White ed estimatore del genere dadcore, sia nei vestiti che indossa personalmente – jeans comodi, camicie larghissime, felpone e sneaker dalla suola alta – che nelle sue collezioni, a partire dalla Dad Space Cowboy Vest (che costa circa mille euro). Abloh è anche amico e collaboratore di Kanye West, musicista, padre e stilista che a sua volta ha infilato richiami ai capi da papà nelle sue recenti collezioni per Yeezy.

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Da allora le riviste e i blogger di moda hanno celebrato il ritorno dell’abbigliamento da papà, anche nel tentativo di ottenere molti clic attraverso i social network: per GQ«le scarpe da ginnastica del momento sono quelle che porta tuo padre»; il Wall Street Journal consiglia di cercare gli stessi jeans sbiaditi, e per la rivista Complex i padri sono «l’avanguardia della moda del momento». La loro, continua, è «una uniforme di abbigliamento basico che poggia su comodità e durata», con capi che ora in molti stanno cercando su eBay e che vengono aggiornati e riproposti dalle aziende. L’elenco comprende: pantaloni in nylon, ora rifatti da Nike e dal direttore creativo di Balmain, Olivier Rousteing; le felpe in pile di North Face; le sneaker New Balance; il cappellino da baseball; i sandali Teva abbinati a marsupio e cappello da pescatore.

Sandali Teva
(Amazon)

Max Berlinger, redattore di moda del New York Times, ha raccontato in un articolo da dove arriva il nuovo stile, corredandolo con spiritose foto di padri anni Novanta e consigli online su dove comprare quel che indossano, o una accettabile versione moderna. Berlinger spiega per prima cosa che il dadcore fa parte di una tendenza della moda più vasta, quella del fugly: fucking ugly, “il fottutamente orrendo”. Ha origini diverse, in primo luogo la voglia di scardinare le imposizioni della moda tradizionale, l’idea classica e imperante di sexy e bello. È da qui che nascono l’ugly chic di Miuccia Prada – la stilista che più di tutte ha reso desiderabile e bello il brutto – e la ricerca estetica dei più giovani Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, e Demna Gvasalia di Balenciaga. Emily Segal – fondatrice del think tank Nemesis Global ed ex membro di K-Hole, la società di previsioni che aveva identificato il fenomeno normcore (la moda di vestirsi “normali”, di cui il dadcore è considerato un’evoluzione) – ricorda per esempio che «nell’essere alla moda c’è sempre qualcosa che ha a che fare con la resistenza, non in quanto protesta politica ma verso qualcosa che è considerato sbagliato».

Questa istanza idealistica si intreccia con quella più concreta di farsi notare e vendere: un tempo i marchi si reggevano sulla bellezza e la qualità dei capi, poi sull’onnipresenza dei loghi; ora devono inventarsi qualcosa di eccessivo che colpisca tra la marea di immagini dei social network, uno dei luoghi per eccellenza su cui si gioca la partita tra chi è l’azienda di maggior successo e influenza. Nick Sullivan, redattore moda di Esquire scrive che «I marchi sono diventati fari del fugly perché le persone non comprano più le cose ma le pubblicano sui social e  le ricondividono su Instagram. Il vecchio buongusto al momento è senza gusto» e l’eleganza tradizionale, sobria e sartoriale, è considerata poco interessante.

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Brian Trunzo si occupa di abbigliamento per uomini di mezza età nella società di previsioni di mercato WGSN ed è convinto che il dadcore sia «il passaggio logico o l’evoluzione dello stile normcore», qualcosa di adatto a un «millennial [le persone nate dai primi anni Ottanta in poi, ndr] in pensione». Secondo lui «ha qualcosa di prettamente americano, si tratta di un uomo molto concreto, molto sicuro di sé del tipo “ora mi metto una larga camicia a quadri con un comodo paio di pantaloni beige perché mi voglio rilassare e sono perfettamente a mio agio con la mia virilità”». Emily Segal è invece convinta che, nonostante il nome, il dadcore «non abbia niente a che fare con l’essere padre. Quelli che chiamiamo abiti da papà sono cose volutamente o anche inconsapevolmente non sexy. Le aziende di moda stanno cercando di produrre mistero in un’atmosfera in cui è stato già proposto di tutto. Ci provano scegliendo qualcosa completamente a caso o di completamente ovvio. L’abbigliamento da papà è entrambe le cose».

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Sam Lobban è il vice presidente di Nordstrom ma prima era il direttore dei buyer (cioè chi decide cosa acquistare alle sfilate e poi vendere nei negozi) di Mr Porter, un rivenditore online di abbigliamento maschile. Ha anticipato che Mr Porter accoglierà la nuova tendenza, proponendo i jeans dritti e scoloriti di Balenciaga (circa 500 euro), scarpe da ginnastica con suole alte (circa 300 euro), marsupi (1.000 euro) e felpe in pile (350 euro). Secondo lui va di pari passo con altre due: il ritorno dell’abbigliamento anti-moda degli anni Novanta, portato avanti da Balenciaga; e la riscoperta di marchi come Patagonia, che poggiano sulla funzionalità e non sulla creatività dello stilista.

Berlinger ricorda infine lo sfondo sociologico di questo ritorno di gusto: la crisi economica, il costo degli affitti, il ritardo di convivenze e matrimoni fanno sì che molti giovani adulti restino a vivere con i genitori fino a un’età prima impensabile e che, com’è stato spesso detto e scritto, i 30 anni siano i nuovi 20. Un tempo un trentenne era già un uomo fatto e finito, col peso della famiglia e senza il tempo per le cose frivole come vestirsi bene. Ora, dice Trunzo, non è più così, «è perfettamente accettabile presentarti come un ibrido tra un adolescente figo e un padre, anche se non lo sei. E fa figo sembrare un padre tra gli adolescenti».

È anche vero che il dadcore è soprattutto un gioco per appassionati di moda, e molti uomini si sono lamentati dell’immagine irrealistica e delle proposte poco vicine alle esigenze di un padre moderno. Il Guardian ha per esempio pubblicato un commento sulla collezione di Balenciaga scritto da Simon Hooper, manager di una società di consulenza, padre di quattro bambine e autore dell’account Instagram Father of Daughters, seguito da più di 850mila persone. Lo stilista Gvasalia non voleva rappresentare i padri reali al parco coi loro figli nel weekend, ma Hooper lo ha criticato ugualmente per aver disegnato una collezione lontana dal mondo reale: ne ha scelto qualche vestito, lo ha indossato e fatto indossare alle figlie, è andato al parco con loro e ha raccontato com’è andata.

Hooper e le figlie in Balenciaga per il Guardian

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Alla fine continuerà a vestirsi come al solito, con la divisa dei padri di oggi che, forse, sarà copiata dai loro nipoti dopodomani: jeans, maglietta bianca e scarpe Vans.

Tranne quando, nelle grandi occasioni, si veste così:

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