Una grande scoperta di astronomia vintage

Analizzando dati raccolti 20 anni fa sono state trovate nuove prove sull'esistenza degli enormi getti d'acqua su Europa, una delle lune di Giove: un ottimo candidato per ospitare vita extraterrestre

Europa fotografata dalla sonda Galileo (NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)
Europa fotografata dalla sonda Galileo (NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)

L’analisi di un set di dati riscoperti dopo 20 anni, e raccolti a centinaia di milioni di chilometri da noi, ha da poco fornito le prove più consistenti sull’esistenza degli enormi getti d’acqua e vapore che si producono sulla superficie di Europa, una delle lune di Giove. Questi nuovi elementi rendono ancora più interessanti e urgenti nuove missioni spaziali verso Europa, perché la presenza di acqua allo stato liquido rende più probabile l’esistenza di forme di vita (per come le conosciamo) al di fuori del nostro pianeta. Tra pochi anni, una nuova missione della NASA già in programma potrebbe offrire nuove e definitive conferme.

Mondo ghiacciato
Europa è solo una delle 67 lune di Giove, il pianeta più grande tra quelli in orbita intorno al Sole, ma è la quarta per dimensione e il sesto satellite naturale più grande di tutto il sistema solare. Fu scoperta da Galileo Galilei all’inizio del 1610, insieme alle lune Io, Ganimede e Callisto: per questo i quattro corpi celesti sono identificati spesso come “satelliti galileiani”. Europa ha un diametro di 3.122 chilometri (circa un quarto di quello della Terra) e appare come una grande palla di neve: la sua superficie, spessa e ghiacciata, ricopre un gigantesco oceano che si stima contenga il doppio di tutta l’acqua degli oceani terrestri. Lo spessore dello strato di ghiaccio non è noto, ma dalle osservazioni e i movimenti della luna si ipotizza che si spinga in profondità per diverse decine di chilometri. E proprio questa crosta ghiacciata così spessa ha finora reso impossibile uno studio più approfondito di Europa.

Europa e Galileo
Per studiare Giove e le sue lune, nel 1989 fu inviata la sonda spaziale Galileo, che raccolse e trasmise verso la Terra un sacco di informazioni tra il 1995 e il 2003, prima di terminare la sua missione con un tuffo nell’atmosfera del pianeta dove si polverizzò. Galileo effettuò 11 passaggi ravvicinati su Europa per misurarne il campo magnetico e le reazioni a livello delle particelle. All’epoca non erano state ancora formulate teorie molto estese sui presunti getti d’acqua, quindi la loro ricerca e analisi non rientrava nelle priorità.

La sonda Galileo in un’elaborazione grafica, sullo sfondo Giove (NASA)

Nei 20 anni successivi le cose cambiarono sensibilmente, con la raccolta di indizi sempre più convincenti, ma mai definitivi, sulle alte colonne di acqua e vapore che raggiungono la superficie di Europa. Le immagini scattate a distanza dal telescopio spaziale Hubble, in orbita intorno alla Terra, rivelarono la presenza di colonne di vapore acqueo compatibili con quelle ipotizzate dai ricercatori, ma le immagini erano comunque poco definite per avere qualche conferma.

I sospetti getti d’acqua e vapore osservati dal telescopio spaziale Hubble nel 2014 e nel 2016 (NASA/ESA/W. Sparks STScI/USGS Astrogeology Science Center)

Astronomia vintage
Un gruppo di ricercatori guidati da Xianzhe Jia (Università del Michigan, Stati Uniti) si è allora chiesto se nei dati raccolti 20 anni fa da Galileo potesse essere sfuggito qualcosa, visto che all’epoca gli astronomi non si erano occupati specificamente dei getti d’acqua. Insieme con i suoi colleghi, Jia ha esaminato gli 11 passaggi ravvicinati compiuti dalla sonda, scoprendo alcune anomalie nel set di dati del passaggio del 16 dicembre 1997. All’epoca Galileo aveva rilevato una diminuzione piuttosto drastica dell’intensità del campo magnetico di Europa, con alcune distorsioni inattese e un numero più alto del solito di particelle cariche intorno alla luna. L’anomalia era presente solo in riferimento a quel passaggio, quindi Jia e colleghi si sono chiesti che cosa potesse averla creata.

Per trovare una risposta, i ricercatori sono tornati alle immagini di Hubble e hanno costruito una simulazione al computer dei getti d’acqua, per vedere come questi interferiscono con il resto di Europa. Il modello ha restituito dati tali e quali a quelli raccolti 20 anni fa da Galileo, dando nuova concretezza alle ipotesi sui getti d’acqua del satellite naturale.

La ricostruzione del passaggio ravvicinato di Galileo attraverso un getto di acqua e vapore prodotto da Europa, secondo Jia e colleghi (Xianzhe Jia et al., Nature Astronomy)

Secondo Jia e colleghi, in quel dicembre del 1997, Galileo passò proprio sopra uno dei grandi getti prodotti da Europa, con un’estensione di circa 1.000 chilometri. Il punto in cui si produsse il geyser sembra essere inoltre lo stesso fotografato molti anni dopo da Hubble. La zona è nota per avere una temperatura più alta rispetto al resto di Europa. I ricercatori ipotizzano che sia questa anomalia a scaldare l’acqua, portando alla formazione di grandi crepacci nella crosta ghiacciata dai quali fuoriescono acqua e vapore. Non si può comunque escludere che avvenga il contrario e che siano cioè i getti di acqua calda, una volta che ricadono sulla superficie ghiacciata, a rendere evidente la differenza di temperatura a distanza.

Ritorno su Europa
I dati vintage di Galileo offrono prove più consistenti, ma per sapere davvero cosa succede su Europa sarà necessario tornare a far visita al suo mondo ghiacciato, ed è esattamente ciò che vuole fare la NASA. La ricerca di Jia e colleghi pubblicata su Nature Astronomy ha infatti rinfocolato l’interesse verso Europa Clipper, una missione cui la NASA sta lavorando da tempo e che prevede il lancio di una sonda verso la luna gioviana tra il 2022 e il 2025.

La sonda Europa Clipper della NASA in un’elaborazione grafica, sullo sfondo la luna Europa (NASA)

Clipper avrà il compito di effettuare una quarantina di passaggi ravvicinati su Europa, per osservarla infine da vicino e raccogliere dati sui suoi giganteschi getti d’acqua. La sonda si avvicinerà fino a 25 chilometri dalla superficie, una distanza minima che combinata agli strumenti più sensibili rispetto a Galileo dovrebbe offrirci molti più dati e informazioni sulla palla di neve spaziale più grande e osservata del Sistema solare.