Il nuovo regolamento parlamentare del M5S

Lo ha raccontato Repubblica, è molto diverso da quello della scorsa legislatura e stabilisce chiaramente che comanda una persona sola

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)

La giornalista Annalisa Cuzzocrea ha trovato e pubblicato su Repubblica il nuovo regolamento interno dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle. È molto diverso dal precedente e stabilisce con chiarezza che a decidere su quasi tutto è il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio. Nel regolamento precedente, invece, si stabiliva che il massimo potere apparteneva all’assemblea dei parlamentari. Il vecchio regolamento conteneva anche alcune clausole per evitare la nascita di leadership personali, la più importante delle quali stabiliva una rotazione ogni tre mesi degli incarichi dei capigruppo; quella regola è stata significativamente modificata.

La novità principale del regolamento riguarda proprio il ruolo di capogruppo, o presidente del gruppo, un incarico molto importante per la vita parlamentare di qualsiasi partito. I capigruppo, uno per la Camera e uno per il Senato, hanno il compito di mantenere la disciplina all’interno delle rappresentanze parlamentari, di assicurarsi che tutti i parlamentari siano presenti alle votazioni e che si esprimano secondo le indicazioni ricevute. I capigruppo dei vari partiti si incontrano tra di loro in apposite riunioni – la conferenza dei capigruppo – in cui vengono decisi i calendari dei lavori parlamentari e numerose altre questioni di procedura.

Il nuovo regolamento stabilisce che queste importanti figure vengono nominate direttamente dal capo politico del Movimento. L’assemblea dei parlamentari ha il compito di “ratificare” con un voto a maggioranza la decisione del capo politico (non viene specificato però cosa accade nell’eventualità in cui il gruppo decida di non ratificare la nomina). Il regolamento specifica anche che i capigruppo possono essere rimossi su richiesta del capo politico, mentre l’assemblea non è dotata di questo potere. I capigruppo nominati a inizio legislatura rimangono in carica per 18 mesi. Quelli eletti successivamente soltanto per dodici mesi. Attualmente i capigruppo scelti da Di Maio sono Danilo Toninelli per il Senato e Giulia Grillo per la Camera.

All’articolo 17 del nuovo regolamento viene specificato che anche il responsabile della comunicazione dei gruppi parlamentari viene deciso dal capo politico del Movimento 5 Stelle, cioè sempre Di Maio. I parlamentari non hanno scelta se non affidarsi alla struttura comunicativa stabilita dal capo, il quale avrà anche il compito di coordinare la comunicazione dei gruppi parlamentari con quella del partito più in generale. Nel regolamento viene anche stabilito che le piattaforme ufficiali su cui si svolge la vita politica dei parlamentari del Movimento 5 Stelle sono il sito blogdellestelle.it e la cosiddetta “piattaforma Rousseau” (controllata dall’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio).

Uno degli elementi più curiosi del regolamento si trova all’articolo uno, dove vengono elencati i requisiti per essere ammessi al gruppo: «Eventuali richieste di adesione provenienti da senatori precedentemente iscritti ad altri Gruppi potranno essere valutate, purché siano incensurati, non siano iscritti ad altro partito, non abbiano già svolto più di un mandato elettivo oltre quello in corso, ed abbiano accettato e previamente sottoscritto il “Codice etico”». È una clausola perché il Movimento 5 Stelle si è a lungo battuto contro i cosiddetti “cambi di casacca”, cioè i passaggi dei parlamentari da un gruppo all’altro.

I leader del partito sono addirittura arrivati a chiedere di cambiare la Costituzione per eliminare l’articolo che proibisce il “vincolo di mandato”, quello che stabilisce che una volta eletto un parlamentare è libero di votare come preferisce, senza essere costretto a fare scelte sulla base di quanto deciso dai capi del suo partito. Il Movimento, inoltre, stabilisce nel regolamento che i parlamentari che abbandonano il gruppo o che ne vengono espulsi sono tenuti a pagare una penale di 100 mila euro: ma è improbabile che questa clausola sia legale, e fino a questo momento a nessuno dei numerosi espulsi dal Movimento è stato chiesto di pagare alcunché. Nonostante le sue battaglie contro i “cambi di casacca” e le forti proibizioni ai suoi componenti di lasciare il gruppo, comunque, il Movimento quindi sembra più che disponibile, a determinate condizioni, ad accogliere parlamentari provenienti da altri partiti.

Infine il regolamento stabilisce le regole che portano all’espulsione dal gruppo. Nella maggior parte dei casi, per decidere se espellere un componente o meno bisogna sottoporre la decisione al voto degli iscritti al Movimento sulla piattaforma Rousseau. Ma il regolamento stabilisce chiaramente che il capo politico può decidere in autonomia le espulsioni, senza bisogno di ricorrere a votazioni né tra gli iscritti né tra i parlamentari.

In sostanza il regolamento del Movimento è quello di un partito centralizzato e verticistico, in cui i leader hanno un controllo quasi assoluto sulla vita parlamentare degli eletti. Non è una novità nel panorama politico italiano: Forza Italia è stata a lungo un partito dove, in Parlamento, non era possibile – o era comunque molto difficile – deviare dalle indicazioni del leader. Anche la Lega ha adottato sistemi stringenti per controllare i suoi parlamentari, mentre in passato era il Partito Comunista Italiano a essere il simbolo dei partiti “militarizzati” (per questo in questi giorni il Movimento viene definito da alcuni osservatori e commentatori un partito “leninista”). La stranezza, se così si può chiamare, è che il Movimento fino a pochi anni fa sosteneva la necessità di organizzare la vita del partito in maniera diametralmente opposta: senza leader con poteri quasi assoluti e con una continua partecipazione degli iscritti, che invece, dall’attuale regolamento, è sostanzialmente sparita.