I graffiti sono protetti dal diritto d’autore?

Se ne è parlato nelle ultime settimane dopo una controversia tra l'azienda di moda H&M e un artista americano

Una delle immagini pubblicitarie realizzate da H&M – e ora ritirate – usando come sfondo un graffito di Jason “Revok” Williams a Brooklyn
Una delle immagini pubblicitarie realizzate da H&M – e ora ritirate – usando come sfondo un graffito di Jason “Revok” Williams a Brooklyn

Negli ultimi mesi c’è stata una controversia legale che ha coinvolto il mondo della moda e quello della street art, aprendo un dibattito sul diritto d’autore delle opere d’arte realizzate illegalmente. La controversia ha coinvolto l’azienda di abbigliamento svedese H&M e l’artista di Los Angeles Jason “Revok” Williams, un cui graffito era stato usato da H&M come sfondo per alcune fotografie di una campagna pubblicitaria.

Dopo che Williams aveva chiesto all’azienda di ritirare la campagna (visto che non gli aveva chiesto il permesso), la scorsa settimana H&M ha fatto causa all’artista sostenendo che non potesse vantare diritti di proprietà intellettuale sul graffito, poiché era stato realizzato illegalmente. Dopo le critiche ricevute, H&M ha ritirato la causa e la campagna pubblicitaria, ma si ritiene che la storia rappresenterà un precedente rilevante nelle future controversie simili.

Una delle immagini pubblicitarie in cui H&M aveva usato il graffito di Williams, diffusa su Instagram dall’avvocato dell’artista Jeff Gluck:

https://www.instagram.com/p/BgXeUz6D4Ll/?hl=it&taken-by=glucklawfirm

Tutto è cominciato quando Williams – che da un po’ di tempo ha acquisito abbastanza fama da essere rappresentato da una galleria d’arte – ha riconosciuto nelle pubblicità di H&M un graffito che aveva fatto in un campetto di pallamano di Brooklyn, a New York. A gennaio l’avvocato di Williams, Jeff Gluck, aveva mandato a H&M un ordine di cessare e desistere con cui chiedeva di ritirare la pubblicità perché violava il diritto d’autore del suo cliente.

https://www.instagram.com/p/Bao0__mntRg/?utm_source=ig_embed

Non era la prima volta che l’opera di Williams finiva al centro di una disputa con un’azienda di abbigliamento: nel 2015 l’artista, insieme ai colleghi Reyes e Steel, aveva vinto una causa contro l’azienda italiana Roberto Cavalli, che aveva copiato una loro opera che si trova nel quartiere Mission di San Francisco. Per quanto riguarda H&M, non è la prima volta che l’azienda viene accusata di aver usato senza permesso l’opera di artisti o stilisti: l’ultima volta era successa la scorsa estate, quando molte persone avevano notato la somiglianza dello stile di alcuni capi di H&M con quello di una linea dello stilista russo Gosha Rubchinskiy, direttore creativo di Vetements.

La scorsa settimana, in risposta alla richiesta di Williams, H&M aveva sporto una causa contro Williams, sostenendo che l’artista non potesse vantare diritti sul graffito di Brooklyn dato che la sua realizzazione «non era autorizzata e costituisce un atto di vandalismo». Secondo Philippa Loengard, vicedirettrice del Kernochan Center for Law, Media and the Arts della facoltà di legge della Columbia University, intervistata dal Washington Post, la tesi di H&M non reggeva. Gli unici requisiti per cui esista un diritto d’autore su un’opera, secondo Loengard, sono che l’opera sia un lavoro originale e che la sostanza di cui è fatta sia tangibile: «Ci sono molte cose illegali che possono essere sottoposte a diritto d’autore. Il diritto d’autore non prevede sanzioni legali o illegali sul modo in cui un’opera è stata realizzata. È un discorso che non c’entra».

Il dipartimento della città di New York che si occupa dei parchi e degli spazi ricreativi come il campetto da pallamano di Brooklyn aveva detto a H&M che non doveva pagare delle royalties a Williams per via della cosiddetta «dottrina delle mani sporche», secondo cui se qualcuno ha fatto qualcosa in modo illecito (cioè “ha le mani sporche”) non può vantare diritti in merito.

In ogni caso, la causa aveva attirato verso l’azienda le critiche di moltissimi altri autori di street art – tra cui KAWS, Daniel Arsham, STASH e il collettivo TATS CRU, per chi se ne intende – nonché di appassionati del genere, che sui social network avevano usato l’hashtag #BOYCOTTHM per invitare a boicottare l’azienda. C’è anche stato chi ha imbrattato le vetrine di alcuni negozi del marchio.

https://www.instagram.com/p/BgY3tmLgZNS/?taken-by=hypebeastart

La comunità della street art internazionale si era attivata sulla vicenda non solo per la sorte di Williams, ma anche per il possibile precedente che la causa di H&M contro di lui avrebbe potuto rappresentare. Se Williams fosse stato condannato, in futuro altre aziende avrebbero potuto usare le opere di altri artisti di street art senza chiedere permessi e senza compensare gli artisti. In generale, le leggi riguardo a questo tipo di opere d’arte non sono ben definite, né negli Stati Uniti né negli altri paesi.

H&M ha però ritirato la causa e le pubblicità da cui era partito tutto, diffondendo un comunicato che dice: «H&M rispetta la creatività e l’unicità degli artisti, a prescindere dal mezzo in cui si esprimono. Avremmo dovuto comportarci in modo diverso su questa questione. Non abbiamo mai avuto l’intenzione di fissare un precedente nell’ambito dell’arte pubblica o di influenzare il dibattito sulla legalità della street art».