No, lo Spazio non ha “cambiato il 7 per cento del DNA” di Scott Kelly

Lo si legge da giorni, ma l’astronauta americano rimasto un anno in orbita non è diventato “diverso” dal suo gemello rimasto sulla Terra

Scott Kelly sulla Stazione Spaziale Internazionale - 12 luglio 2015 (NASA via Getty Images)
Scott Kelly sulla Stazione Spaziale Internazionale - 12 luglio 2015 (NASA via Getty Images)

La NASA ha scoperto che il DNA del suo astronauta Scott Kelly è cambiato dopo una permanenza di un anno sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Lo avrete probabilmente letto in diversi titoli e articoli di giornale negli ultimi mesi, dove si è detto anche che il 7 per cento dei geni di Kelly non è tornato alla normalità nei mesi successivi al suo rientro sulla Terra. Il problema è che tutte queste informazioni non sono vere: la permanenza nello Spazio non ha alterato in modo permanente il DNA di Scott Kelly e le cose sono più complicate di così. La responsabilità è tanto dei giornalisti quanto della NASA, che ha diffuso un comunicato stampa poco chiaro che ha indotto molti a interpretare i fatti diversamente da come sono.

Gemelli astronauti
Scott Kelly ha 54 anni e nel 2015 è stato il primo astronauta della NASA a vivere per circa un anno sulla ISS. L’obiettivo della sua missione era proprio osservare gli effetti di una permanenza così lunga nello Spazio sull’organismo umano, in vista di future missioni che richiederanno di rimanere lontani dalla Terra per anni, nel caso per esempio di esplorazioni di altri pianeti come Marte. Scott Kelly è stato scelto non solo per le sue precedenti esperienze spaziali, ma anche perché ha un gemello, Mark, con cui essere messo a confronto per valutare i cambiamenti nell’organismo dovuti all’ambiente spaziale.

Scott Kelly nella Stazione Spaziale Internazionale (NASA.gov)

Lo studio sui gemelli è nella sua fase finale e ha interessato decine di medici e ricercatori, specializzati in vari ambiti della medicina e non solo. In attesa delle ricerche definitive, che saranno pubblicate sulle riviste scientifiche, la NASA ha anticipato gli esiti di alcune analisi con comunicati stampa. Il più recente è di fine gennaio e da allora è stato ripreso da numerose testate, che a loro volta hanno spinto altri giornali ad occuparsene facendo diffondere il falso mito del 7 per cento del DNA di Scott Kelly modificato dallo Spazio “in modo permanente”.

Mutazioni
Il DNA di ciascuno di noi contiene le combinazioni e le sequenze dei geni che costituiscono le istruzioni su come è fatto e deve funzionare l’organismo. Se si modifica il DNA di un individuo, allora anche la combinazione dei geni presenti nelle cellule si può riorganizzare. Può per esempio accadere che alcuni geni siano sostituiti da altri, o che il DNA stesso si arricchisca o perda alcune sequenze. Mutazioni di questo tipo possono essere indotte da vari fattori, come l’esposizione ai raggi nocivi del Sole, o per esempio da abitudini come il fumo.

Nel suo comunicato, la NASA spiega che i ricercatori hanno in effetti rilevato mutazioni nel materiale genetico di Scott Kelly rispetto a quello del suo gemello Mark, rimasto sulla Terra. Il fatto è che cambiamenti di questo tipo avvengono di continuo anche per chi non raggiunge mai lo Spazio: si verificano per esempio in concomitanza con l’invecchiamento. La NASA stessa non esclude che, nel caso di Kelly, qualche mutazione potesse essere già in corso prima della partenza del suo astronauta per la missione di un anno sulla ISS.

Genetica spaziale
La parte dei comunicati della NASA che è stata più fraintesa è però legata a un altro aspetto ancora. I ricercatori hanno osservato un cambiamento nel modo in cui vengono espressi i geni di Scott. Semplificando moltissimo, con “espressione genica” intendiamo il processo che porta a usare le istruzioni contenute in un gene per produrre qualcosa nell’organismo: le proteine (alla base di buona parte delle funzioni). Le informazioni presenti nel DNA sono trascritte nell’RNA messaggero (mRNA) e successivamente tradotte per costruire le proteine. In un certo senso, quindi, l’espressione genica ci dice quanto mRNA viene prodotto da ogni singolo gene.

7 per cento
I ricercatori hanno notato che una parte consistente dell’espressione genica di Scott Kelly era cambiata durante la sua permanenza nello Spazio, e che il 93 per cento era poi tornato a essere normale dopo il rientro sulla Terra. Il rimanente 7 per cento è invece rimasto “starato” ed è la parte che riguarda – tra le altre cose – il sistema immunitario, i meccanismi di formazione delle ossa e la capacità stessa del DNA di ripararsi. La NASA li definisce “geni spaziali” e il risultato della ricerca è davvero notevole, perché potrà aiutarci a capire meglio gli effetti della permanenza nello Spazio sull’organismo.

L’astronauta statunitense Scott Kelly al suo ritorno sulla Terra il 2 marzo 2016, dopo avere trascorso 340 giorni in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale. (Krill Kudryavtsev/Pool Photo via AP)

La scoperta non significa che il DNA di Scott Kelly sia diventato però qualcosa di diverso dopo l’esperienza spaziale. Dire che il 7 per cento della sua espressione genica è cambiato non equivale a dire che sia cambiato il 7 per cento del suo DNA. L’espressione genica di ognuno di noi può cambiare a seconda delle circostanze. Se per esempio ci si trasferisce da una città di pianura a un paesino di alta montagna, con l’andare del tempo si produrranno differenze nell’espressione genica: la minore quantità di ossigeno indurrà l’organismo a produrre più globuli rossi, che si occupano del trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti, per compensare. Per produrne in maggiori quantità sarà necessaria una maggiore attività di trascrizione e traduzione del DNA.

Alla confusione hanno contribuito gli stessi gemelli Kelly, che su Twitter hanno fatto battute e osservazioni sul fatto che il loro DNA non fosse più uguale e quindi non fossero più gemelli identici.

La realtà è che entrambi avevano già mutazioni prima che Scott Kelly partisse per la ISS, e le modifiche che hanno riguardato l’astronauta sono state limitate all’RNA e non hanno interessato direttamente il DNA. I gemelli Scott sono quindi ancora praticamente identici e con un DNA tale e quale, sicuramente più simile rispetto a quello di chiunque altro sulla Terra.

La stessa NASA negli ultimi giorni ha cercato di chiarire la questione visto il sensazionalismo e i numerosi articoli sbagliati sul tema: “Il DNA di Scott non è fondamentalmente cambiato. Ciò che è stato osservato sono stati cambiamenti nell’espressione genica, che è il modo in cui il nostro organismo reagisce a un determinato ambiente. Questo è un cambiamento che avviene negli umani sotto particolari stress, tanto quanto può avvenire scalando una montagna o facendo immersioni”.