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  • Mercoledì 3 gennaio 2018

Come funziona il “corridoio umanitario” dalla Libia

A fine dicembre ha portato in Italia 162 richiedenti asilo considerati "vulnerabili": è una novità importante, ma i numeri sono ancora molto contenuti

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Il 22 dicembre un gruppo di 162 richiedenti asilo considerati “vulnerabili” sono stati evacuati dalla Libia in Italia con un’iniziativa presa dall’agenzia ONU per i rifugiati e sostenuta dal governo italiano e dalle autorità libiche. È la prima volta che si apre un corridoio umanitario di questo genere per i richiedenti asilo che si trovano in Libia, e la notizia è stata celebrata dal governo italiano come «un gigantesco passo in avanti» per risolvere il problema del flusso irregolare di migranti dal Nord Africa. Al momento però i numeri dell’iniziativa rimangono piuttosto contenuti, e non è chiaro se qualcosa cambierà nei prossimi mesi.

I 162 richiedenti asilo erano stati radunati a Tripoli dall’UNHCR e da lì sono stati imbarcati su due aerei dell’Aeronautica Militare italiana diretti all’aeroporto militare di Pratica di Mare, vicino a Roma. Sono di origine eritrea, etiope, somala e yemenita: vengono definiti “vulnerabili” perché fanno parte di famiglie o perché sono madri sole, minori non accompagnati o persone disabili. Secondo l’UNHCR hanno tutti bisogno di cure mediche e supporto psicologico. Al loro arrivo sono stati sottoposti a controlli medici e hanno ricevuto vestiti invernali e un pasto caldo. Successivamente hanno ricevuto informazioni sulla procedura di richiesta di asilo e sono stati trasferiti in alcune strutture di accoglienza: una ventina di loro a Biella, in Piemonte, altri sparsi fra Genova, Milano, Arezzo, Bergamo, Avellino e altre città ancora.

Il trasferimento è stato possibile soprattutto grazie all’UNHCR, che ha individuato le 162 persone nei cosiddetti “centri di detenzione” per migranti presenti in molte città libiche. In questi centri, spesso gestiti da milizie armate, i diritti umani vengono violati in maniera sistematica e le condizioni igieniche e sanitarie sono spesso disumane. Le condizioni in questi centri sono diventate ancora più gravi negli ultimi mesi, cioè da quando il governo italiano è riuscito a bloccare il flusso migratorio dalla Libia grazie a un accordo con alcune milizie armate che, oltre a gestire i campi di detenzione, sono spesso in combutta con i trafficanti di persone.

L’UNHCR è riuscita a entrare in alcuni di questi centri solamente negli ultimi mesi, soprattutto grazie alle pressioni del governo italiano. Il governo italiano ha spiegato più volte che una presenza capillare nei centri libici da parte dell’UNHCR e dell’IOM, l’agenzia ONU che si occupa di immigrazione, sarebbe stata la seconda parte di un piano più ampio per ridurre gradualmente il flusso irregolare di migranti dal paese. La prima parte di questo piano prevedeva principalmente di interrompere il flusso dei barconi tramite il rafforzamento della Guardia Costiera libica – anch’essa formata soprattutto da milizie – e l’accordo con le milizie che controllano le coste da dove partivano le imbarcazioni (il governo italiano ha sempre negato di aver fatto un accordo simile).

La prima parte del piano ha funzionato: nel 2017 gli sbarchi sono diminuiti del 34 per cento rispetto al 2016, e negli ultimi mesi sono diventati molto rari. La seconda parte sarà probabilmente molto più difficile da attuare. È vero che l’UNHCR e l’OIM sono riusciti a entrare nei vari centri di detenzione, ma al momento non sono riusciti a fare molto per migliorare le condizioni delle migliaia di persone che ci vivono. Da mesi l’UNHCR sta discutendo con le autorità libiche della possibilità di costruire e gestire un centro per un migliaio di migranti a Tripoli, ma al momento non si sa ancora se e quando aprirà.

Non sappiamo neppure se i 162 arrivi di fine dicembre apriranno la strada ad altri trasferimenti. I richiedenti asilo arrivati in Italia fanno parte di un elenco stilato a dicembre di 1.300 richiedenti asilo che l’UNHCR considera “vulnerabili” e che intende evacuare dalla Libia entro marzo 2018, verso qualsiasi paese sicuro che sia disposto ad accoglierli. Il trasferimento verso l’Italia è stato per ora l’unico avvenuto nell’ambito di questa iniziativa. L’UNHCR ha annunciato che nel 2018 intende trasferire dalla Libia, con soluzioni simili, fra i 5.000 e i 10.ooo richiedenti asilo.