I nuovi dati su anziani e pensionati

Li ha pubblicati l'OCSE e confermano alcune cose che già sapevamo: i pensionati sono in media più ricchi degli altri italiani e in pensione si continua ad andare molto presto (per ora)

(ANSA/ GUIDO MONTANI)
(ANSA/ GUIDO MONTANI)

Martedì l’OCSE, l’organizzazione che raggruppa i 35 paesi più industrializzati al mondo, ha pubblicato l’ultimo rapporto “Pension at glance“, uno studio in cui vengono comparati i sistemi pensionistici dei vari stati membri. Il rapporto è basato su dati del 2016 e all’Italia (insieme ad altri 12 paesi) è dedicato uno speciale approfondimento. Con numeri più aggiornati, l’OCSE conferma due cose che già si sapevano grazie ai rapporti precedenti: la prima è che in Italia, almeno per il momento, si continua ad andare in pensione prima rispetto agli altri grandi paesi industrializzati; la seconda è che i pensionati italiani hanno redditi più alti della media del resto della popolazione, una situazione in cui si trovano soltanto pochi altri paesi.

Più in generale, dal rapporto emerge che negli ultimi 15 anni la spesa per pensioni nei paesi membri ha continuato a crescere, aumentando in media dell’1,5 per del PIL. A causa delle numerose riforme pensionistiche (comprese quelle approvate in Italia) questa crescita ha rallentato in maniera sostanziale. Le riforme hanno contribuito a rendere i sistemi pensionistici più stabili, ma avranno anche l’effetto di abbassare il reddito dei futuri pensionati: la vita media sarà più lunga e quindi, per avere buone pensioni, bisognerà lavorare per più tempo, scrivono i ricercatori dell’OCSE. «C’è ancora bisogno di azioni coraggiose da parte dei governi per coniugare la sfida della sostenibilità finanziaria con quella di fornire pensioni dignitose», ha scritto nella presentazione del rapporto il segretario generale dell’OCSE Angel Gurría.

Nell’approfondimento del rapporto dedicato all’Italia, il primo dato citato riguarda il reddito disponibile dei pensionati (anche se sarebbe più corretto dire degli anziani). Gli over 66 in Italia hanno in media a disposizione un reddito pari a coloro che lavorano, mentre nel resto dei paesi OCSE il reddito dei più anziani è in media il 12 per cento più basso di quello dei lavoratori. Nella categoria più ristretta di chi ha tra i 66 e i 75 anni, il reddito medio è persino superiore a quello della popolazione in età da lavoro.

Un altro dato interessante è quello sull’età effettiva di pensione, cioè l’età in cui in media gli italiani escono dal mondo del lavoro e iniziano a percepire la pensione. Secondo gli ultimi dati, le cose non sono cambiate molto rispetto all’ultima rilevazione, che risale al 2014. I maschi italiani, in media, vanno in pensione intorno ai 62 anni. Le donne intorno ai 61. Sono età considerevolmente più basse dell’età “legale” di pensione, fissata al momento a 66 anni e 6 mesi e destinata ad alzarsi a partire dal 2019. È possibile perché la legislazione italiana prevede numerose “eccezioni” alla regola generale della pensione a 66 anni e 6 mesi (qui avevamo spiegato nel dettaglio tutta la vicenda). Come scrive Thomas Manfredi, ricercatore dell’OCSE, questa differenza tra età legale ed effettiva (4,4 anni per gli uomini, 4,2 per le donne) è la più alta di tutto l’OCSE.

Questa situazione è destinata a terminare nei prossimi decenni. I nati nel 1996, è scritto nel rapporto, andranno in pensione a 71,2 anni. Per questa coorte d’età, soltanto Danimarca e Paesi Bassi prevedono un’età di pensionamento comparabile, e cioè superiore ai 70 anni. Nel resto dei paesi OCSE i nati nel 1996 dovrebbero andare in pensione intorno ai 65 anni. Questo significa, sostiene il rapporto, che «coloro che hanno avuto carriere discontinue o che non hanno lavorato dovranno affrontare un elevato rischio di povertà» una volta raggiunta la pensione (è una situazione destinata ad accadere molto di frequente, visto che, come nota il rapporto, soltanto il 30 per cento degli italiani tra i 20 e i 24 anni al momento ha un lavoro). La sfida per il nostro paese, conclude il rapporto, «è limitare la spesa pensionistica nel breve e medio termine e trovare una soluzione all’inadeguatezza delle pensioni per coloro che in futuro usciranno dal mondo del lavoro».