“Signore di Hollywood, il vostro silenzio è assordante”

Dopo le accuse di molestie contro il produttore Harvey Weinstein, il New York Times ha notato i pochissimi commenti di un mondo di solito molto loquace sul tema

(HECTOR MATA/AFP/Getty Images)
(HECTOR MATA/AFP/Getty Images)

Harvey Weinstein è un produttore cinematografico statunitense molto famoso e influente, che è stato licenziato dalla Weinstein Company, la società che lui stesso ha contribuito a fondare e dalla quale si era sospeso alla fine della settimana scorsa, a causa di un grande scandalo per molestie sessuali. La storia era diventata pubblica la scorsa settimana, dopo che il New York Times aveva pubblicato una lunga inchiesta che dava conto delle moltissime accuse contro Weinstein, che nel tempo aveva pagato diverse donne perché rinunciassero a denunciarlo. Domenica 8 ottobre il New York Times è tornato a parlare di Weinstein chiedendosi come mai così poche persone del cosiddetto “mondo dello spettacolo” americano – progressista, liberal, femminista, etc – avessero espresso pubblicamente solidarietà alle donne che erano state molestate, come mai non avessero detto nulla in generale su questa storia e perché, dopo un’esplicita richiesta, non avessero accettato pubblicamente di parlarne. L’articolo si rivolge in particolare a tutte e a tutti coloro che in passato, di fronte ad accuse simili su altre persone, avevano invece preso posizioni molto nette.

Da giovedì a sabato, scrive nel suo articolo il giornalista Brooks Barnes, «ho chiamato più di 40 personaggi del mondo dello spettacolo e quasi tutti si sono rifiutati di parlare» della questione. Brooks Barnes ha spiegato che alcune delle persone contattate si sono giustificate spiegando che le loro case di produzione o i loro agenti pubblicitari avrebbero dovuto approvare tutte le loro dichiarazioni, mentre altri hanno presentato motivazioni che rafforzano l’idea per cui la comunità di Hollywood sia spaventata, preoccupata innanzitutto dal difendere i propri interessi e pervasa dall’ipocrisia. «Signore di Hollywood», ha scritto infatti su Twitter Rose McGowan, una delle attrici risarcite per molestie da Weinstein, «il vostro silenzio è assordante».

https://twitter.com/rosemcgowan/status/916481735835054081

Il New York Times cita nel suo articolo l’agente pubblicitario di un’attrice molto conosciuta e molto pagata (di cui non si fa il nome) che ha detto che non ci sarebbe stata alcuna convenienza per la sua cliente nel rilasciare una dichiarazione, soprattutto perché non c’era alcun film in uscita da promuovere. Un produttore ha voluto sapere chi avrebbe fatto pubblicamente altri commenti, così avrebbe potuto essere «citato in buona compagnia». Un agente ha parlato negativamente del fatto che nessuno dicesse niente, ma poi si è rifiutato a sua volta di dire qualcosa. Kevin Costner, protagonista in una serie prodotta da Weinstein, «non era disponibile a causa della sua agenda», ha spiegato il suo portavoce. Ci sono state delle eccezioni, comunque: oltre a Rose McGowan, direttamente coinvolta, hanno preso posizione alcuni personaggi famosi come Lena Dunham, Amber Tamblyn, Brie Larson, Seth Rogen e alcuni produttori. Altri hanno fatto notare alcune differenze tra il caso di Weinstein e quello di Trump: Weinstein ha ammesso tutto, una volta scoperto; ha lasciato il suo incarico, non ricopre una carica elettiva (quindi non rappresenta nessuno) e, se non è stato criticato pubblicamente da molti dei suoi ex colleghi, non è stato nemmeno difeso da qualcuno.

https://twitter.com/keithcalder/status/916011847920185346

Il New York Times spiega che gli stessi attori e attrici che sono intervenuti in altri episodi simili, non sono stati altrettanto presenti in quest’occasione perché ad essere coinvolta è una persona importante che ha direttamente a che fare con il loro mondo. Claudia Eller, co-direttrice di Variety, ha aggiunto che uno dei motivi principali di questo silenzio è dovuto al fatto che «Hollywood protegge sempre i suoi». Naturalmente, precisa il New York Times, si sta parlando appunto di Hollywood: un mondo dove l’immagine è tutto e dove la prima regola è evitare la pubblicità negativa, essere associati a controversie e avere la propria reputazione in qualche modo segnata. Matthew Belloni, giornalista di Hollywood Reporter, ha fatto un passo in più: ha sostenuto che molti dirigenti, agenti e celebrità fossero a conoscenza delle accuse rivolte a Weinstein anche prima che diventassero pubbliche, e che nonostante questo abbiano deciso di non fare e non dire niente. La stessa cosa vale per i principali partner commerciali della Weinstein Co.: o sono rimasti in silenzio o si sono rifiutati di rispondere alle domande di chiarimento e commento, come Amazon Studios.

Eppure, si dice sul New York Times, molte delle persone a cui era stato chiesto un commento si erano esposte con molta facilità contro Donald Trump quando si era vantato di «prendere le donne per la figa» (esattamente un anno fa), o contro altri personaggi accusati di molestie sessuali: Roger Ailes, co-fondatore e amministratore delegato di Fox News, morto lo scorso maggio, o Bill O’Reilly, uno dei più noti opinionisti e commentatori sempre di Fox News. Il silenzio contro Weinstein è stato notato infatti soprattutto dai conservatori o da chi è vicino a Donald Trump. Il figlio maggiore del presidente ha chiesto al conduttore e comico americano Jimmy Kimmel (che si era esposto contro Trump) se non avesse niente da dire su Weinstein (Kimmel ha solamente a quel punto risposto: «È disgustoso»).