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  • Lunedì 25 settembre 2017

In ginocchio durante l’inno

Le foto degli atleti e degli artisti americani che hanno protestato così nel weekend: prima erano pochi, poi Trump li ha chiamati «figli di puttana», ora sono tanti

Justin Houston dei Kansas City Chiefs inginocchiato durante l'inno nazionale prima della partita contro i Los Angeles Chargers 
(Photo by Sean M. Haffey/Getty Images)
Justin Houston dei Kansas City Chiefs inginocchiato durante l'inno nazionale prima della partita contro i Los Angeles Chargers (Photo by Sean M. Haffey/Getty Images)

Durante un comizio in Alabama, venerdì scorso, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha parlato dei giocatori neri di football che si inginocchiano per protesta durante l’inno nazionale prima delle partite, attaccandoli molto duramente. Ha detto che la protesta è una mancanza di rispetto per gli Stati Uniti e che sarebbe bellissimo vedere i proprietari delle squadre dire «portate quel figlio di puttana fuori dal campo, fuori, è licenziato». Il risultato è stato che una forma di protesta ancora molto marginale è stata improvvisamente adottata da tantissimi giocatori del principale torneo di football statunitense (la NFL): prima delle partite di ieri, domenica 24 settembre, decine di loro si sono inginocchiati, hanno fatto il pugno alzato simbolo del black power o si sono stretti tra loro con le braccia incrociate.

Le proteste dei giocatori di football erano iniziate con Colin Kaepernick, allora giocatore dei San Francisco 49ers che lo scorso anno cominciò a inginocchiarsi durante l’inno per protestare contro le discriminazioni e le violenze nei confronti dei neri negli Stati Uniti. Nei mesi successivi altri giocatori avevano imitato la protesta di Kaepernick (che oggi, forse per questo motivo, è ancora senza squadra), facendo nascere molte polemiche sull’opportunità di protestare durante l’inno nazionale.

Paul Newberry-Playing PoliticsColin Kaepernick, al centro, prima di una partita, lo scorso dicembre (AP Photo/John Bazemore)

L’arrivo alla Casa bianca di Trump, molto vicino all’estrema destra e al suprematismo bianco, ha fatto crescere la tensione tra l’amministrazione statunitense e molti importanti giocatori neri, coinvolgendo negli ultimi giorni anche Stephen Curry e LeBron James: dopo che il primo aveva rifiutato un invito alla Casa Bianca insieme alla sua squadra vincitrice dello scorso campionato di basket, il secondo ha scritto un tweet durissimo contro Trump, dicendo che «Prima del tuo arrivo, andare alla Casa Bianca era considerato un grande onore!».

Il 23 settembre per la prima volta nella storia un giocatore della MLB, il più importante campionato di baseball americano, si è inginocchiato durante l’inno statunitense. Il giocatore in questione si chiama Bruce Maxwell e gioca negli Oakland Athletics.

Bruce Maxwell

Il gesto di protesta, in pratica, si è trasformato in un simbolo molto condiviso della lotta contro il razzismo e le discriminazioni verso i neri, e ancora di più in un simbolo contro Donald Trump che è uscito dagli stadi ed è stato adottato anche da altri. Negli ultimi due giorni, tra i più famosi ad essersi inginocchiati per protesta, ci sono stati i due musicisti Eddie Vedder e Stevie Wonder.

Eddie Vedder Eddie Vedder durante un concerto in Tennessee, domenica (Photo by Amy Harris/Invision/AP)

2017 Global Citizen Festival: For Freedom. For Justice. For All.Stevie Wonder con suo figlio Kwame Morris durante un concerto a New York (ANGELA WEISS/AFP/Getty Images)