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  • Sabato 16 settembre 2017

Quali sono le novità sul caso CONSIP

Una magistrata di Modena ha detto che i carabinieri che lavoravano all'indagine con il pm Woodcock volevano incastrare il padre di Matteo Renzi

(ANSA/ CESARE ABBATE)
(ANSA/ CESARE ABBATE)

Da ieri si è tornato a parlare con insistenza del caso CONSIP: o meglio di una delle tante cose che “il caso CONSIP” sembra essere diventato da quando se ne iniziò a parlare alcuni mesi fa. Si riparla di questa intricata vicenda – a cui molti giornali hanno dedicato oggi il loro titolo in prima pagina – per via di un’audizione presso il Consiglio Superiore della Magistratura della procuratrice di Modena Lucia Musti.

Le dichiarazioni di Musti fanno pensare che alcuni carabinieri che hanno avuto a che fare con l’indagine avessero l’obiettivo di trovare reati a carico di Matteo Renzi, passando attraverso suo padre Tiziano. I carabinieri in questione sono il capitano Giampaolo Scafarto del NOE (Nucleo operativo ecologico dei carabinieri) e Sergio De Caprio, noto anche come “Capitano Ultimo”, capo della squadra che catturò Totò Riina. Sia di Scafarto che di De Caprio si parlava già da mesi: Scafarto in particolare era accusato di avere manipolato un’intercettazione per mettere nei guai Tiziano Renzi. Un’altra notizia riguarda il noto magistrato Henry John Woodcock, fra i promotori dell’indagine, che è stato indagato a sua volta per falso.

Un breve riassunto 
L’indagine era nata nel dicembre 2016 e riguardava, tra i suoi vari filoni, un presunto ruolo da “facilitatore” avuto da Tiziano Renzi, che avrebbe potuto garantire ad alcuni imprenditori un trattamento di favore da CONSIP, la società che si occupa di gran parte degli acquisti della pubblica amministrazione.

Da questa indagine principale sono scaturiti vari filoni, che però non hanno a che fare con Renzi ma con i suoi investigatori: da qualche mese Scafarto è indagato con l’accusa di aver falsificato alcune intercettazioni e altri elementi dell’inchiesta CONSIP, e Woodcock è stato indagato per due motivi diversi (la prima volta a maggio, la seconda in questi giorni). De Caprio c’entra con la questione per i suoi rapporti con Woodcock e Scafarto: negli anni Duemila De Caprio si trasferì dal ROS, il raggruppamento dei carabinieri che si occupa di mafia e terrorismo, al NOE. Nel 2013 conobbe Scafarto, che all’epoca si era appena trasferito al NOE dopo aver prestato servizio nel Nucleo operativo radiomobile di Nocera Inferiore.

Le novità di cui si parla oggi
L’audizione di Musti è avvenuta il 17 luglio presso la prima commissione del CSM, presieduta da Giuseppe Fanfani e i cui relatori sono Luca Palamara e Aldo Morgigni. Dario Del Potro e Liana Milella hanno scritto su Repubblica che «è stata sbobinata dopo una settimana, è rimasta per tutto agosto nei cassetti del CSM, e solo il 14 settembre, con una posta certificata, è partita alla volta della procura di Roma».

Nella sua audizione al CSM, Musti ha parlato soprattutto dell’inchiesta sulla coop CPL Concordia (una cooperativa incaricata di costruire i metanodotti verso le isole di Procida e Ischia). L’inchiesta iniziò nel 2015, è ancora in corso ma è passata per ragioni di competenza territoriale dalla Procura di Napoli a quella di Modena. Tra i magistrati che si sono occupati di quell’inchiesta, prima che passasse a Modena, c’era stato anche Henry John Woodcock, che ha avviato l’inchiesta CONSIP e negli anni ha spesso lavorato con De Caprio e Scafarto per diverse indagini.

Parlando per più di due ore, Musti ha spiegato come, quando e perché ha incontrato, tra gli altri, De Caprio e Scafarto e, soprattutto, ha espresso opinioni molto forti su di loro e in sostanza messo in dubbio la loro professionalità. Musti ha detto di aver incontrato Scafarto nel 2015 quando lui le portò di persona due DVD che avevano a che fare con l’indagine sulla CPL Concordia, ma che secondo lei avevano qualcosa che non tornava. «Lui veniva per nome e per conto di Woodcock, che mi aveva telefonato e mi aveva detto: “Ti mando Scafarto”». Musti ha poi spiegato, sempre secondo quanto riportato da Repubblica: «Erano due Dvd e non avevano alcuna forma di particolare cautela, assolutamente no. Non c’erano dei sigilli. […] Vede consigliere, ripeto, io non ho mai visto un’informativa così, perché entra subito nel merito. Cioè comincia subito a raccontare i fatti. Quelle a cui ero abituata io, per vent’anni, avevano scritti gli indagati e i reati».

Musti ha poi detto, basandosi su altre volte in cui li ha sentiti o incontrati, che Scafarto e De Caprio erano “spregiudicati” e come “presi da un delirio di onnipotenza” e ha anche detto che le intercettazioni di cui si occupavano erano “fatte coi piedi”. Ha anche detto, secondo Repubblica: «Quei due sono veramente dei matti. Abbiamo fatto bene a liberarcene subito»

Musti ha spiegato che di recente Scafarto ha insistito più volte per incontrarla e che, in merito al loro ultimo incontro, ha detto: «Lui mi ha parlato del caso CONSIP, un modo di fare secondo me poco serio, perché un capitano, un maresciallo, un generale sono vincolati al segreto col loro pm, non devi dire a me che cosa stai facendo con un altro. Quindi, quando lui faceva lo sbruffone dicendo che sarebbe “scoppiato un casino”, io dentro di me ho detto “per l’amor di Dio”. Una persona seria non viene a dire certe cose, quell’ufficiale non è una persona seria». Sempre secondo Repubblica, nella sua testimonianza Musti attribuisce queste parole a De Caprio: «Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi».

Cosa c’entra Woodcock 
A maggio si parlò del fatto che Woodcock era stato indagato per rivelazione di segreti d’ufficio per aver fatto arrivare al Fatto Quotidiano alcuni atti coperti da segreto istruttorio in occasione del passaggio di parte dell’inchiesta CONSIP alla procura di Roma, dove era stata spostata per questioni di competenza territoriale. Ora invece sembra che Woodcock sia stato indagato dalla Procura di Roma per falso in concorso proprio con Scafarto. In base a delle dichiarazioni fatte da Scafarto, Woodcock lo ha indotto a includere nell’inchiesta CONSIP un capitolo che lasciasse intendere un coinvolgimento dei servizi segreti nella vicenda, pur sapendo che non ci fosse niente di vero.